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![]() REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno VII n° 6 GIUGNO 2011 - TERZA PAGINA Considerazioni sui documenti Censis |
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Il rapporto che il Censis sta presentando nel ciclo “Fenomenologia di una crisi antropologica” ci fornisce un'immagine inquietante dell'evoluzione della nostra società.
Il rattrappimento nel presente ha radici profonde: la crisi della relazione con l’altro (e l’Altro), il disfacimento della cultura del dono e del sacrificio in vista del bene comune, la crisi del sacro e la labilità dei suoi surrogati (l’esoterismo o la new age), la rimozione del senso del peccato (individuale o sociale), il primato dell’Io. ![]() Fino al '68 valeva il detto “prima il dovere poi il piacere” che assegnava agli obblighi verso i conviventi, verso i vicini, verso i più deboli, verso la società in generale una priorità assoluta sulle proprie aspettative e sui propri desideri. Il consenso sociale era legato alla “rispettabilità” cioè al fatto che una persona fosse ligia alle regole, rispettosa dei doveri. La rivoluzione della fine degli anni '60, sull'onda del benessere diffusosi, ha spostato l'attenzione sui diritti. Ricordo un breve sambio di opinioni che ho avuto con Gerardo Colombo su questo punto. Secondo lui l'attenzione sui diritti era sufficiente a garantire il rispetto dei doveri, in quanto questi corrispondono al riconoscimento dei diritti altrui. In effetti, tutto funzionerebbe così se vi fosse un forte senso di rispetto degli altri uomini, ma non è così: il rispetto dell'altro, il rispetto delle regole, tra cui le leggi, si è attenuato e l'egocentrismo è diventato dominante, ma l'egocentrismo, nella sua esasperazione, corrisponde alla negazione dei diritti altrui. I giovani di oggi sono figli o nipoti dei “figli del '68”, cresciuti nella convinzione di avere solo diritti: diritto al diploma senza il dovere di studiare, diritto al lavoro senza il dovere di saper fare, diritto a divertirsi spendendo i soldi, anche quando non ci sono. ![]() L'apparenza porta alla “moda firmata”, al far vedere di possedere e a tante azioni inutili e costose, ma che si giustificano nel tentativo di essere omologati. Gli sport estremi vengono ad avere un senso come espressione di capacità di sopportare l'eccesso, ma per praticarli occorre una grande capacità di auto-valutarsi e di una preparazione meticolosa, cosa che la cultura attuale riduce fortemente. Ecco così che la via comune per essere “in gamba” diventa lo sballo: l'ubriacarsi, la droga, il sesso esagerato. La ricerca dell'omologazione attraverso l'apparenza ha sostituito la “rispettabilità” che aveva regole ben precise e chiare. L'apparenza è effimera e fragile, il rincorrerla diventa sempre più difficile, fonte di insicurezza e di stress. E cosa resta a vivere così? Alla fine la solitudine e l'insicurezza. Così il Censis mi dà ragione e scrive: La diffusione a macchia d’olio delle grandi patologie individuali, sia quelle di evidente rinserramento interno (depressione, anoressia, dipendenza da droghe, fino al suicidio), sia quelle di crescente indifferenza alla vita collettiva (stanchezza di vivere, rimozione delle responsabilità, crisi della empatia nelle relazioni interpersonali), è il sintomo della crisi antropologica che sta attraversando la società italiana.
Vuol dire che abbiamo sbagliato strada.
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