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 Anno I n° 3 del 07/07/2005    -   LENTE DI INGRADIMENTO


Sempre più difficile la difesa dei diritti intellettuali
Internet minaccia il mondo del copyright
La facilità di copiare tutto via internet crea un danno forse mortale al mondo dei software, dei video giochi, del cinema, della musica e più in generale della cultura
Di Concetta Bonini


Il copyright, che come abbiamo visto è sempre più minacciato dai più disparati fenomeni di contraffazione, vede oggi senza dubbio in internet il terreno più prolifico per l’illegalità.
La copiatura dei testi e delle immagini ad esempio è il più grave pericolo per la difesa dei diritti d’autore. E’ vero che la legge è molto vaga per quanto riguarda la protezione dei testi su internet. Ma tra internet e la realtà, che spazia dall’editoria alla discografia e quant’altro, non c’è alcuna differenza.
Tutto ciò che viene creato rientra automaticamente nella proprietà intellettuale di chi lo produce ed è pertanto coperto da copyright. Se questo è di facile ed immediata comprensione nella nostra realtà quotidiana –dove pure prolificano i bancarellieri del tarocco- è molto meno comprensibile in internet. Qui infatti il furto del copyright non deve essere determinato necessariamente da una consapevole scelta di trafugare la proprietà altrui: questo limite è sempre molto labile e muore facilmente di fronte all’estrema semplicità di un “copia-incolla” o di un “salva immagine con nome”.
Purtroppo le possibilità illimitate che la rete offre di comunicare e diffondere informazioni e file con un semplice click, ha creato a livello psicologico la convinzione collettiva che qui tutto sia possibile e che ciò che si trova in rete è, in fondo, un po’ di tutti. Ma internet non è un eldorado dove è possibile fare qualunque cosa indiscriminatamente. E, sebbene sia un universo meraviglioso che offre impressionanti occasioni di comunicazione e scambio, ha tanti pregi quanto risvolti della medaglia e tra questi, senza dubbio, compare questa praticamente inesistente protezione del copyright. Il senso di libertà che si ha nel navigare senza confini e nel conoscere praticamente tutto ciò che si ha voglia di sapere, produce inevitabilmente la convinzione che si possa mettere le mani su tutto ciò che c’è, che lo si possa condividere non solo a livello conoscitivo ma anche a livello possessivo. E’ ovvio che nella maggior parte dei casi, escludendo cioè quelli dei truffatori di mestiere, questo meccanismo si innesca a livello inconscio ed innocente nelle intenzioni. Ma resta un reato grave, un attentato alla proprietà intellettuale che vige su tutto ciò che viene prodotto, e costituisce un freno alla produzione nel momento in cui su queste produzioni si ricercano inoltre i proventi del diritto d’autore.
Questo avviene soprattutto per la discografia, per la cinematografia, per i software, i giochi ecc.. In questi casi internet si trasforma in una giungla senza alcuna protezione per gli artisti e le case produttrici. E quel che è peggio è che i sistemi di “furto” sfuggono nella stragrande maggioranza dei casi a qualsiasi forma di controllo.
Il fenomeno più diffuso infatti è quello del cosiddetto P2P ovvero “peer to peer”, uno scambio da pari a pari che avviene direttamente tra gli utenti della rete senza il controllo moderatore di alcun gestore che possa registrare i dati e identificare i fuorilegge. Questo crea un flusso di byte assolutamente sotterraneo, praticamente invisibile ed incontrollato, ma di dimensioni incalcolabili. Esistono decine di software progettati per il P2P, a cominciare dai più diffusi Kazaa, Winmx ed Emule che permettono lo scambio dei file nei formati classici, per finire nei programmi (BitTorrent, Torrentopia, Azureus, ecc.), ancora non molto conosciuti soprattutto in Italia, che trasferiscono file nell’esclusivo formato .torrent che consente un download molto più veloce, senza code e senza interruzioni.
Ogni giorno milioni e milioni di utenti in tutto il mondo scaricano interi gigabyte di dati senza che nessuno se ne accorga: si possono scaricare liberamente cd musicali, film in formato divx o simili, tutti i software creati per Windows e Macintosh con relativi crack o generatori di chiavi per utilizzare il programma come se fosse stato appena acquistato, e allo stesso modo tutti i giochi che il mondo dell’informatica produce. Questi almeno sono i file più ricercati, ma è ovvio che vi si ritrovano anche testi, libri, immagini e tutto ciò che si può desiderare.
Il Paese delle Meraviglie è insomma un mare magnum di illegalità a cui tutti attingono indiscriminatamente e, in molti casi, incoscientemente. A poco serve scoraggiare gli utenti più esperti con la diffusione massiccia di file danneggiati nei canali download, e sembrano servire ancor meno le minacce legali. Le pene in cui si incorre sono naturalmente gravi e perfettamente identiche a quelle che pendono sulle frodi materiali. I pirati della musica, della cinematografia e dell’informatica in fondo non fanno altro che uccidere la musica, la cinematografia e l’informatica perché sottraggono una fetta impressionante di denaro sul copyright, denaro che andrebbe reinvestito negli stessi settori o destinato alla ricerca, allo sviluppo e dunque alla produzione indirizzata ad un utilizzo razionale e legale. Ad esempio in Italia si è calcolato che per quanto riguarda i software, quelli illegali sono circa il 50% del totale. Ma, come già detto, purtroppo è difficilissimo attuare controlli sugli scambi in rete. Sarebbe almeno possibile ed auspicabile adottare una campagna di sensibilizzazione che vada ad educare i moltissimi che si accostano alla rete e al mondo dei download -anche solo per uso personale- senza essere consapevoli di commettere un reato gravissimo.
Per quanto riguarda invece l’utenza esperta, che a dire il vero costituisce con ogni probabilità la massa dei downloader, l’avvertimento di un’imputazione penale e qualche retata esemplare da parte delle forze dell’ordine possono suscitare poco più che una risata. Chi scarica senza identificazione (i programmi di p2p naturalmente non richiedono informazioni personali), possibilmente utilizzando un sistema operativo crackato e una connessione sicura, è praticamente introvabile. E questo gli utenti lo sanno bene.
Sono soprattutto i giovani che amano eludere i confini della legalità. E non è nemmeno troppo difficile comprenderne il motivo. Ad essere sinceri la colpa non è solo loro, non si tratta esclusivamente del piacere di seguire la cresta dell’onda di sfrenata libertà della rete, e questo è un problema che è più volte emerso senza che nessuno si sia mosso per risolverlo. La verità è che i prezzi di mercato, quelli legalmente comprensivi di copyright, sono esorbitanti. Se è illegale scaricare un cd musicale da internet, un ragazzo può considerare altrettanto inaccettabile acquistarlo con un prezzo sui 20€ quando può trovarlo in rete pagando qualche spicciolo di connessione per poi masterizzarlo su un cd vergine da 50 cent di euro. Lo stesso vale a maggior ragione per i film: non solo acquistarli ma persino noleggiarli impone una spesa superiore rispetto a quella di scaricarli da internet.
Questa mentalità si afferma ancora più facilmente con i software e i giochi che si trovano nei negozi a prezzi inaccessibili, mentre in rete è facile non solo trovare le loro versioni trial ma più semplicemente le chiavi per attivarli. E’ chiaro che il mercato della musica e dell’informatica soprattutto trova il suo sviluppo su un target essenzialmente giovane ed è il target che va cercato, corteggiato, assecondato. Non si possono allontanare così tanti potenziali acquirenti con prezzi inarrivabili, soprattutto se si comprendono le loro esigenze e il processo psicologico che li spinge a preferire il terreno dell’illegalità. E’ dunque un fenomeno che va affrontato non tanto attivando un sistema di repressione inefficace e pressoché inutile, ma piuttosto risolvendo il problema alla radice, tagliando i presupposti che inducono al suo sviluppo e cercando una soluzione che eviti il manicheismo, che non demonizzi l’utenza ma piuttosto la studi e la comprenda verso un compromesso che avvicini piuttosto che allontanare i produttori ed i consumatori.



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