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 Anno I n° 5 del 01/09/2005    -   LENTE DI INGRADIMENTO


Considerazioni sulla storia ebraica
Le ragioni d’una speranza
Il ricordo dell’”olocausto” e la storia più recente dello stato di Israele
Di Giacomo Nigro


“…la religione di Mosè abita il nostro pianeta, facendo valere diritti che spesso sono metastorici più che storici, connessi a testi sacri più che al divenire ordinario dei popoli e del tempo. E' come se a un unico popolo fosse dato, per volontà divina, di vivere una condizione di libertà assoluta, mentre il resto dei mortali perdurerebbe nel duro regno della necessità.” (La strana guerra. Barbara Spinelli: Ebraismo senza "mea culpa" La Stampa 28 ottobre 2001).

Non si può condividere in toto questa affermazione ma a seguire alcune vicende della storia israeliana si è spesso tentati di pensarla esattamente così. In effetti, per chi come me è osservatore non coinvolto, è difficile restare freddo di fronte alle strumentalizzazioni di cui i fatti mediorientali sono oggetto. Ultimamente, una volta all’anno, vengono celebrate rievocazioni dell’Olocausto il cui vero scopo, sembra quello di tramandare il ricordo della ferocia umana ai più giovani, per evitarne il ripetersi. Certamente tutto può essere vanificato dall'ipocrisia che spesso, in queste occasioni di ricordo, traspare chiaramente ma eliminare anche queste rimembranze formali migliora la situazione? Esiste anche la buonafede di chi per quanto possibile vuole ricordare per tramandare la conoscenza dell'orrore e contribuire che la storia non si ripeta. Per quanto utopica la speranza che l'uomo si ravveda non ci deve abbandonare. So cosa accade nel mondo ogni giorno, spesso gli stessi orrori di ieri si ripetono e spesso ci vengono tenuti nascosti. Ma sperare che, conoscendo quanto avvenuto ieri, si riesca ad acquisire qualche anticorpo per contrastare quello che avviene oggi mi pare il minimo.

D’altro canto si avverte la mancanza, nell'ebraismo di un’assunzione di colpa nei confronti di popolazioni e individui che hanno dovuto pagare il prezzo del sangue o dell'esilio per permettere a Israele di esistere. E mi pare di poter dire che di pari gradazione sia il dolore a cui sono stati sottoposti, dal governo di uno Stato che nel 1967 li spinse nella direzione opposta, i coloni di Gaza. Dopo trentacinque anni sono stati costretti ad abbandonare le terre che hanno duramente dissodato e le case in cui sono nati i loro figli. Ci troviamo di fronte ad un groviglio di interessi, sentimenti e passioni inestricabile.

“Oggi lo stato d'Israele ha compiuto 57 anni”, scriveva il 13 maggio di quest’anno un’amica blogger (zampadura il suo nickname). “Le feste ebraiche si contraddistinguono dal fatto che sono sempre anticipate da qualche cosa di triste. Il giorno che precede questa festa nazionale è il giorno della commemorazione di quelli che sono morti combattendo per lo stato d'Israele. Giorno di lutto molto sentito. Poi, la sera, si conclude il giorno del lutto e immediatamente si inizia il giorno di festa. Si direbbe quasi che il popolo ebraico sia nato con un senso di colpa o che sia un po' masochista e non voglia mai gioire pienamente... chissà, forse per scaramanzia. Le risate che ci facciamo guardando Woodie Allen tormentarsi e contorcersi moralmente per qualsiasi cosa, è il normale comportamento di ogni buon ebreo che si rispetti. Comunque, siccome noi ebrei viviamo nell'anno 5765, e continuiamo ad esistere imperterriti, non c'è ragione di cambiare, continuiamo, quindi, a tormentarci e a contorcerci.”. Ma in fondo “...siamo sopravvissuti al faraone, sopravviveremo anche a quello che succede ora”.

Ecco la speranza che si possa andare verso un avvenire di pace traspare in queste autoironiche parole. Parliamo, evitiamo che accada nuovamente: “Lo strazio più grande, in questi …anni è stato quello di dover subire l'indifferenza e la vigliaccheria di coloro che, ancora adesso, negano l'evidenza dello sterminio. Come tanti altri sopravvissuti mi ero imposta di non parlare, di soffocare le mie lacrime nello spazio più profondo e nascosto della mia anima, per essere io sola, testimone del mio silenzio; così e stato fino a oggi! " (Elisa SPRINGER - Il silenzio dei vivi). Nascondere o mistificare non fa che aumentare le distanze; ricordare il passato senza che il ricordo diventi occasione di vendetta: forse è qui la soluzione per sanare una situazione disperata.



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