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 Anno I n° 5 del 01/09/2005    -   PRIMA PAGINA


Calcio Italiano
I Tifosi? Figli di nessuno!
Il mondo del calcio è scosso da molteplici scandali e problemi, ma chi pensa ai tifosi? Il caso del Torino è un caso emblematico.
Di Walter Dall'Olio


Che il calcio italiano stia passando uno dei suoi periodi più oscuri credo che sia risaputo anche dai convinti sostenitori di questo sport.
Abbiamo infatti trascorso un’estate costellata di scandali, fallimenti, ricorsi e contro-ricorsi, durante la quale le parole si sono sicuramente sprecate. Il vento soffiava in una direzione e chiunque vi si è adeguato.
E allora tutti a parlare male delle società e degli stipendi troppo alti dei giocatori, dei diritti televisivi e della violenza degli stadi, dei bilanci edulcorati e delle partite vendute e poco importava se queste parole provenivano dalle stesse persone che erano state le cause di questo scempio. L’importante era trovare qualcuno a cui far espiare le colpe ma, soprattutto, l’importante era non essere parte di quella ristretta cerchia di presunti furfanti.
Ristretta sì, ma non troppo, per evitare che la punizione non sembrasse abbastanza credibile.

Sono quindi fioccate retrocessioni e penalizzazioni, in modo che l’opinione pubblica potesse sentirsi la coscienza a posto e in modo che fossero esclusivamente le società “cattive” a pagare lo scotto attraverso una diminuzione certa degli introiti. Ma qualcuno si è preoccupato dei tifosi?
Il loro nome è stato tirato in ballo solo per problemi di ordine pubblico e le parole hanno continuato a soffiare sempre dalla stessa parte, dando ad ogni dibattito un aspetto tristemente monocromatico. Mai una voce fuori dal coro, mai un accenno ragionato e sensato alla profonda delusione che prova una persona che vede la propria squadra retrocedere dalla serie A alla C.
Ad essi, a questa presunta congrega di teppisti, ci si agganciava solo per utilizzarli come causa dei disordini pubblici, e comunque la conclusione restava sempre che la decisione giusta era stata presa e che ai tifosi non restava altro che accettarlo. Ai fiorentini e ai napoletani, dicevano, in tempi recenti è successa la stessa cosa ed è anche grazie al loro sostegno che le due squadre hanno potuto risorgere e tornare quasi ai vecchi fasti.

E’ vero. E dunque è giusto che i genoani, i perugini i salernitani e tutti gli altri tifosi colpiti da questo strale se ne facciano una ragione, e continuino la loro vita normalmente. Ma cosa dire ai tifosi del Torino che stanno rischiando di non veder più giocare la loro squadra?
Tralasciando volutamente gli aspetti tecnico-legali della questione, di dominio pubblico e di facile reperibilità, provo a parlare col cuore ferito, come solo un tifoso granata potrebbe fare in questo momento.
La retrocessione della propria squadra, per quanto dolorosa, è una situazione che si può accettare senza troppe tragedie, ma la sparizione di essa è un evento che annichilisce. Ognuno di noi sa che presto o tardi perderà nella vita i propri cari. E’ una cosa seria e dolorosissima, che conosciamo sin da piccoli e con la quale conviviamo, e al cui confronto una questione simile perde sicuramente d’importanza. Ma proprio per il rispetto che bisogna portare nei confronti delle questioni serie, non bisogna dimenticarsi delle passioni e dei sentimenti.

Ogni vero tifoso, colui che prova un forte attaccamento per una squadra, impossibile da spiegare razionalmente, sa che è nato con quella fede e con quegli stessi colori nel cuore morirà. Ma se ad un certo punto questi colori scomparissero, egli si troverebbe senza una parte di sé, subendo un trauma al quale nessuno lo aveva mai preparato.
E così ci sentiamo adesso noi, tifosi granata: come se fossimo figli di nessuno.



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