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 Anno I n° 6 del 15/09/2005    -   LENTE DI INGRADIMENTO


La dipendenza da petrolio è stata voluta?
Il petrolio è diventato negli ultimi decenni l’unica fonte energetica dell’Italia, anche se si sapeva che doveva essere abbandonato.
Il petrolio è diventato negli ultimi decenni l’unica fonte energetica dell’Italia, anche se si sapeva che doveva essere abbandonato.
Di Giovanni Gelmini



Il problema della dipendenza dal petrolio dell’Italia è un problema reale, ma reso difficile da risolvere a causa di una serie di scelte fatte nel passato che oggi ci condizionano pesantemente e rendono difficile il cambiamento.

Nei primi decenni del dopo guerra, l’epoca del grande boom economico, la nostra dipendenza dal petrolio era bassa. Allora le fonti alternative (energia idroelettrica e geotermica) avevano ancora un peso significativo (circa il 14% del fabbisogno energetico), il carbone aveva ancor un certo peso e il trasporto pubblico (che consuma meno energia) era importante.

La decisione di eliminare il carbone fu certo una buona decisione. Le tecnologie di allora erano molto inquinanti e quindi la decisione fu ovvia e sono convinto che ancora oggi il ritorno al carbone non può essere una soluzione generale, ma solo di alcuni casi e per evitare una troppo rigida dipendenza dal petrolio. Ma due furono le decisioni che hanno fortemente condizionato la pessima situazione attuale. La prima è quella di ammazzare il trasporto pubblico per dare spazio al trasporto privato. Oggi risulta difficile tornare indietro ed allinearci agli altri paesi su questo punto. La seconda ancor più grave fu la scelta sconsiderata dell’Enel di puntare sul nucleare, senza tenere conto della realtà idrogeologica dell’Italia, della densità abitativa e della difficoltà a smaltire le scorie.

Quando avvenne il disastro del Vajont (1968), lo sviluppo degli impianti idroelettrici si bloccò; questo giocò evidentemente a favore dei nuclearisti. Da allora la produzione di elettricità da fonti rinnovabili tradizionali (idrica e geotermica) è rimasta praticamente costante. Nel frattempo l’energia elettrica ha sempre di più assunto importanza come carrier energetico ed è passata dal 22-24% del totale fabbisogno energetico negli anni ’60 al 36% attuale.

Quando il disastro di Chernobyl ha messo sotto gli occhi di tutti il rischio della scelta del nucleare, i vertici Enel hanno accettato formalmente la decisione, ma non appare dalle strategie, forse sperando sempre nella possibilità di ritornare su una decisione che invece la maggioranza degli italiani ritiene ancora oggi corretta. Questo è facilmente intuibile con le scelte del passato di inerzia di fronte all’innovazione e quelle recenti di acquisire partecipazioni estere in aziende dell’ex impero sovietico, pur di essere presenti in queste tecnologie. Nulla è stato fatto per incentivare le tecnologie rinnovabili, nuove e tradizionali, con il risultato che queste oggi si sono ridotte a poca cosa (meno del 6,5% del fabbisogno energetico e di queste il fotovoltaico e l’eolico rappresentano una minuscola briciola, al contrario degli altri paesi europei che hanno presenze importanti di fonti rinnovabili al di là di quella del nucleare).

Non chiedetemi il perché, vi darei risposte dettate dalla mia fantasia, ma è inequivocabile che gli esperti energetici italiani hanno fatto di tutto per metterci in braghe di tela, legandoci a doppio filo al petrolio, ben sapendo che, come aveva previsto il Rapporto di Roma fatto dall’MIT (1973), questo sarebbe stato di difficile reperimento nel futuro. Quel rapporto ha solo sbagliato i tempi, non tenendo conto che l’innovazione tecnologica li avrebbe allungati, ma la sostanza era ben leggibile da tutti, il petrolio sarebbe diventato prezioso in poco tempo.

Il grafico mostra la produzione di energia elettrica per fonte produttiva. Sul basso la quota da idroelet- trica a geotermica, in rosso la quota termo-elettrica (pe- trolio, carbone ed altri combustibili), in blu il nucleare e, quasi invisibile, dal 1992 (3 Gwh ) l’eolico e fotovoltaico.
Quest’ultima fonte nel 2003 ha prodotto solo 1463 Gwh, sul totale di 293.865 GwH

Oggi la dipendenza da petrolio della nostra economia è praticamente totale. Cosa si può fare per ovviare?

Difficile modificare la struttura dei trasporti per almeno due ordini di motivi: la mancanza di fondi pubblici da investire, la cultura non efficiente delle imprese e dei sindacati del trasporto pubblico. Sul trasporto su gomma poi risulta difficile cambiare qualche cosa, i motori potranno consumare meno, ma il petrolio resterà ancora per molto il carrier energetico principe. L’idrogeno è una bufala colossale perché deriva da petrolio con una resa energetica minore delle benzine e con problemi di inquinamento e pericolosità superiori. L’unica via che si apre su questo fronte sono le biomasse, che possono produrre benzine dalla fermentazione di scarti vegetali, ma attenzione che anche qui sono state diffuse notizie tendenziose: il costo non è così basso come si è voluto far credere, perché oggi il costo della benzina resta essenzialmente dovuto alle accise, che sarebbero comunque presenti su qualunque tipo di carburante si volesse utilizzare.

Solo tre risultano i campi entro cui si può incidere con una certa facilità: il risparmio dei consumi, la maggior efficienza energetica degli impianti di produzione di elettricità ed una forte spinta verso le fonti alternative di cui sicuramente il fotovoltaico è il più interessante.

Se andiamo a leggere l’andamento dei consumi elettrici, ci accorgiamo che dopo la guerra del Kippur (1974) l’Industria ha subito provveduto a ottimizzare i suoi processi ed ha introdotto, e continua ancora a farlo, migliorie al fine di ridurre il contenuto energetico delle proprie produzioni, non così è stato per i consumi domestici, nel grafico possiamo leggere solo quelli elettrici, ma la stessa cosa è per il riscaldamento.

Nel grafico si individuano gli andamenti dei consumi attraverso l’indicizzazione; il peso dei singoli settori di consumo è però diverso. Nel 2003 l’industria rappresenta, il 50,9% del totale, il terziario il 25,6% , i consumi privati il 25,6% e l’agricoltura, malgrado la grande crescita dovuta alla automazione, solo l'1,7%



Si continua ad utilizzare apparecchiature vecchie ed ad alto consumo, non rendendoci conto che un prodotto di classe A è in grado di fornire un risparmio energetico che ne ripaga in un paio d’anni l’acquisto; se si pensa al condizionatore d’aria, anziché all’isolamento termico, che rende molto spesso inutile il condizionatore e sufficiente un deumidificatore con la circolazione d’aria, non si risolvono i problemi. Così i consumi privati aumentano a dismisura e gonfiano inutilmente la bolletta petrolifera. Eppure la propaganda in tal senso è ampia, ma evidentemente poco convincente, anche se dopo la Guerra del Golfo qualche cosa sembra essere cambiato e la crescita sembra rallentare.

Ma cosa si fa per accelerare i tempi di sganciamento dal petrolio? Praticamente nulla



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