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 Anno I n° 9 del 27/10/2005    -   LENTE DI INGRADIMENTO


Racconto sulla vita di scuola e sulla scuola di vita
I Disillusi
E’ proprio vero: la scuola fa diventare adulti ma non credo che sia un bene
Di Marina Minasola


Il mondo dovrebbe essere guidato dai bambini, è colpa della scuola se i bambini diventano con gli anni adulti corrotti e disillusi. Il lento declino verso la vita adulta comincia quando il primo compagno cattivo ti fa qualche torto e tu sei costretto a reagire per non soccombere. Il resto viene da sé, cominci a non fidarti di tutti incondizionatamente, cominci ad avere pregiudizi e ti adegui al mondo perdendo parzialmente, se non completamente, la tua identità: vuoi far parte del branco. Ora vi dimostro perché sostengo che tutto questo, sia “colpa” anche della scuola.

Qualche giorno fa sono arrivata al mio Liceo e all’ingresso principale c’erano i soliti noti che costituiscono il “ceto dirigenziale” degli studenti: quelli che contano. Ci hanno distribuito volantini per la campagna elettorale dei rappresentanti d’istituto e ci hanno detto: “Ragazzi, domani non si entra perché c’è Manifestazione”. Oggi è arrivato “domani” e io e la mia classe siamo entrati a fare lezione. Qualche anno fa ciò non sarebbe mai potuto avvenire… con la mente ho rivisto i momenti salienti della mia vita scolastica per capire come potessimo essere cambiati tanto.

Terza elementare: Una mia compagnetta, che ora non vedo più dalla fine del ciclo elementare ma che allora credevo essere la mia unica vera amica, è a casa mia. Stiamo facendo la storia dei Sumeri, finiamo prestissimo e andiamo a giocare con i peluches. Mia madre ci dice di abbassare la voce, deve seguire quell’odioso telegiornale. “Come fanno gli adulti a vedere queste cose tristi dette da questi signori strani che parlano come robot?”, ci chiediamo io e la mia amichetta mentre vestiamo le Barbie. Noi non saremo mai così. Lei deve andare, ci siamo divertite e non vediamo l’ora di rivederci l’indomani in quel luogo spensierato e allegro che è la scuola.

Terza media: Sto ascoltando i Lunapop, è sabato e sto per andare al cinema con i miei amici. Andiamo a vedere il nuovo film di Julia Roberts e Hugh Grant: Notting Hill. Abbiamo avuto una settimana pesante tra studio e sport, si avvicinano gli esami e siamo tristi perché sappiamo che ci perderemo, una volta al liceo.

V ginnasio: Non sono più una “quartina”, come vengono chiamate dispregiativamente le matricole del Classico. L’anno scorso ambientarsi non è stato facile, nuovi compagni, nuovi professori, nuove materie, compagni di scuola giganteschi e un po’ snob con noi piccoli. Non ho più rivisto i miei “grandi amici” delle medie, tranne quei pochi che hanno scelto la mia stessa scuola. L’anno scorso hanno occupato… era una cosa bella, importante, carica di significato. Quest’anno si deve rifare: la Moratti sta rovinando la scuola (anche se non capisco bene perché ma così dicono tutti, quindi sarà vero) e noi dobbiamo fare qualcosa.

I liceo: L’occupazione dell’anno passato è stata un fallimento, la scuola è stata distrutta, i viaggi d’istruzione sono saltati per punizione e la legge Moratti continua ad avvicinarsi minacciosa… per combattere la privatizzazione, i finanziamenti statali alle scuole private, la riforma dei cicli e tutte le altre cose che non ci piacciono, non serve occupare, basta far sentire la nostra voce alle Manifestazioni (anche perché altrimenti i viaggi salterebbero di nuovo…). Non capisco i miei compagni, non hanno ideali? Perché non vanno alla manifestazione ma non entrano a scuola? Preferiscono stare a casa, non ci credono quanto me. Mio padre mi dice sempre che nel ’68 era diverso.

II liceo: Ormai siamo quasi i più grandi della scuola e prendiamo in giro i “quartini” ma io stessa comincio ad essere disillusa… quest’anno la scuola è nelle nostre mani: partecipiamo alle Assemblee in maniera attiva (non tutti, solo quelli che si interessano di politica), facciamo corsi di informatica, teatro, cineforum, chimica, biblioteca, partecipiamo al giornalino d’Istituto. Pensiamo di far cambiare le cose. Alla fine dell’anno ci accorgiamo che non ci siamo riusciti.

III liceo: Ultimo anno di scuola, siamo di maturità, mille impegni. Ci perderemo anche noi? Che faremo all’Università? Resteremo a Palermo? Siamo stressati, compiti e interrogazioni a mai finire, i professori ci ricordano ogni santo giorno gli esami. La legge Moratti sta entrando in pieno vigore ma non ci interessa più, lo sentiamo al telegiornale. Oggi il “ceto dirigenziale” ci diceva di non entrare: siamo entrati.

Con l’aggiunta di piccoli amori, viaggi d’istruzione in cui tutto poteva accadere ma in cui spesso non accadeva nulla, professori che stimi, professori che odi, mitiche ricreazioni, litigi, preoccupazioni scolastiche e private, questa fino ad oggi è stata la mia vita di scuola, o meglio, la mia vita: un lento ma inesorabile processo che mi sta facendo diventare troppo simile agli adulti senza più speranze che un tempo non capivo.
Tutto questo mi spaventa oggi più che mai, io e la mia amichetta delle elementari ci eravamo promesse di non diventare mai come quegli adulti strani, tristi e che criticano il mondo senza provare più neanche il desiderio di cambiarlo. Eppure ho meno fiducia nei miei sogni, sto pensando persino seriamente di fare una facoltà universitaria che non è quella che amo solo per trovare lavoro più facilmente e guadagnare di più e più rapidamente: la società corrompe e la scuola è il luogo di formazione della società. Ancora continuo a credere che le cose, se vogliamo, possono diventare diverse ma comincia a insinuarsi in me il dubbio che forse non ci riusciremo mai. Spesso quello che facciamo è inutile per colpa di altri, non ho più tanta fiducia nelle persone. È stata la scuola, mettendomi a contatto per la prima volta con persone molto diverse da me, probabilmente meno bambine e meno innocenti, a rendermi disillusa, a farmi credere meno nella frase di W. Disney che da piccola era il mio motto: “se puoi sognarlo puoi farlo”.



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