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 Anno I n° 10 del 10/11/2005    -   PRIMA PAGINA


Lo sbuffo
Dopo Dini anche Silvio vuole fregarmi!
Il problema dell'età per la pensione di vecchiaia; un problema mal posto
Di Giovanni Gelmini


Ma cosa sta passando nella testa di Berlusconi? Già Dini mi ha fregato, allungandomi la “vita” di 5 anni (di vita lavorativa parlo) e adesso che mi mancano solo 960 giorni ad andare in pensione, quel bellimbusto mi esce dicendo che posso andare avanti ancora altri tre anni, perché lui non sente stanchezza a lavorare.

Bella idea, ma io non voglio mettermi in panciolle su una sdraio a fare parole crociate, ma non voglio neanche avere l’affanno di guadagnarmi il mese. D’altra parte anche lui non ha bisogno di guadagnare ora, ci pensano gli altri per lui.

Credo che non si possa pretendere che uno sia obbligato a lavorare per 48 anni prima di andare in pensione. Non è giusto. Poi perché? Perché i signori che hanno gestito l’INPS non hanno saputo fare i conti giusti? Perché lo stato spreca inutilmente i soldi in cose assurde come il Ponte di Messina e non versa all’INPS la quota sociale, cioè quella base minima di sopravvivenza che tutti arrivati ad una certa età hanno diritto di avere: la cosiddetta “pensione sociale” che, come prevedeva lo schema previdenziale originario, doveva far parte della fiscalità e non essere pagata con i soldi versati dai lavoratori.

La sensazione di essere presi in giro dalla previdenza imposta dallo Stato è molto diffusa se una recente indagine ha rilevato che oltre il 60 % dei lavoratori non ha intenzione di ‘investire’ il TFR nei fondi pensione. Ci sarà il motivo per questo, nessuno se lo chiede?

Arrivati a una certa età, se si fanno lavori intellettuali, specialmente di alto livello, si lavora ancora volentieri, ma è l’obbligo di guadagnare la pagnotta che non si vuole più avere, l’essere liberi di fare quello che gratifica lo spirito e non andare in pensione quando ormai si è rimbecilliti.

Per i lavoratori a cui invece si richiede anche uno sforzo fisico direi che già i 65 anni sono eccessivi ed è improponibile allungare ulteriormente la vita lavorativa. Nel complesso, anche la possibilità recentemente introdotta di restare al lavoro incassando quello che prima veniva versato all’INPS (cioè il 33% dello stipendio) lo avrei visto meglio come una riduzione dell’orario di lavoro in ore al giorno o più giorni di ferie con il vantaggio evidente di permettere una maggiore occupazione giovanile.

Ma forse il nostro Grande Silvio si dimentica che lui non vive di uno stipendio e che può permettersi tutte le “terapie di mantenimento” in forma che quasi nessuno degli italiani può permettersi.
Allora sorge spontaneo l’invito: Silviooooo............. parla per te!


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