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 Anno II n° 3 del 16/02/2006    -   TERZA PAGINA



Il matrimonio in Egitto

Di Nicoletta Consumi


"Carezza la tua donna, soddisfa ogni suo desiderio per tutta la vita. Apri le tue braccia così che lei possa trovarvi rifugio. Dille che l'ami e ancora di più dimostraglielo..."

Queste parole furono scritte ben 4500 anni fa in terra D'Egitto da una grandissima civiltà che ci ha tramandato la sua visione assolutamente moderna e paritaria del rapporto tra l'uomo e la donna. Non solo l'amore ed il sesso, ma soprattutto il marimonio era per gli antichi Egizi uno dei più alti obiettivi della vita, che veniva perseguito con dedizione fin dall'adolescenza.
L'unione dei due coniugi era ritenuta una condizione naturale e non solo sociale. Sposarsi era il principale consiglio da parte dei genitori ai propri figli in quanto rappresentava il modo corretto per ottenere l'appagamento fisico, sociale e nel contempo economico. Il vincolo tra i due partner era così forte che la prostituzione, per esempio, era considerata un peccato grave e punita severamente. Dettagli più ricchi sul matrimonio si ritrovano nei comandamenti di Ptahhotep registrati sulle pareti della sua tomba a Saqqara. Egli visse durante la quinta dinastia, 2550 anni prima di Cristo e ci ha lasciato numerosissime massime di vita. Una di queste recita: "Per raggiungere la saggezza devi crearti una famiglia appena possibile". La pubertà iniziava molto presto, l'età media del matrimonio era tra i 13 e i 16 anni. Si trattava in massima parte di matrimoni d'amore: tutto lascia supporre che i giovani fossero assolutamente liberi di scegliere la persona con cui sposarsi. Rari i casi in cui il faraone sposava una donna del popolo. Che la donna fosse considerata non una schiava, ma la regina della famiglia lo conferma un altro dei saggi ammonimenti di Ptahhotep: "Devi amare tua moglie, devi nutrirla, devi coprire il suo corpo con begli abiti, devi renderla sempre contenta." E difatti i rapporti erano sempre improntati al rispetto reciproco. Il matrimonio tra fratello e sorella poteva essere contratto nella famiglia reale al solo scopo di conservare il trono all'interno della dinastia, come fece la regina Hatshepsut con suo fratello Tuthmosi II.
Sono rari i contratti matrimoniali giunti fino a noi, ma i pochi rinvenuti hanno un punto in comune circa la dote che il marito doveva pagare alla futura moglie. La dote consisteva in: animali, campi coltivati o argento, metallo considerato assai più prezioso dell'oro, in quanto più raro.
Il matrimonio era occasione per sfarzosi festeggiamenti con l'ausilio di piatti tipici, bevande, danze e accompagnamenti musicali che il folclore egiziano mantiene ancora oggi.



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