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Anche senza reciprocità

Il cardinale Martino annuncia il placet del Vaticano sull’introduzione dell’ora di religione islamica nelle scuole italiane

Di Fr. Mirko Sellitto (mushino)

«Non aspettavamo altro!» - è l’esultanza di Mahamed Nour Dachan, presidente dell’Ucoii, alla notizia che il Vaticano si è mostrato favorevole all’inserimento dell’ora di Corano nelle scuole italiane, in alternativa all’ora di religione cattolica.
Un po’ di storia: qualche giorno fa la Consulta islamica aveva avanzato al Governo italiano alcune proposte al fine di assicurare determinati diritti ai cittadini provenienti dai Paesi musulmani; tra queste l’introduzione dell’insegnamento del Corano per gli studenti islamici. Ma quest’ultima richiesta era stata bocciata. Tutto finito? Niente affatto! Giovedì 9 marzo il cardinale Martino, prefetto della Congregazione Giustizia e Pace, ha dichiarato che non c’è nulla di male in quella proposta e che, anzi, sarebbe auspicabile la sua attuazione, laddove vi sia un numero di bambini musulmani rilevante e personale qualificato.
Purtroppo la notizia, che può rappresentare una svolta epocale sul piano culturale italiano ed europeo, non sta avendo molto spazio sugli organi di comunicazione, troppo impegnati a seguire la vicenda Berlusconi-Prodi. Ma noi possiamo concederci un momento per rifletterci su: le considerazioni seguenti intrecciano il mio essere italiano e cattolico.

Certamente non c’è che essere contenti di questa “nuova ingerenza” della Chiesa nelle questioni italiane (chissà perché questa sì e altre no!... ma non è questo l’articolo per fare polemica).
Penso che in un momento così drammatico nei rapporti tra occidente e mondo islamico un’apertura di questo genere sia segno di grande umanità e voglia di far capire che la Chiesa e lo Stato italiano non ce l’hanno con nessuno. In un tempo in cui l’occidente delle vignette si è ricordato di essere cattolico(!) e di conseguenza il Papa è stato definito dai fomentatori della rivolta libica “il capo degli eretici”, questo passo è eloquente. Ma ciò che rende più prezioso il tutto è l’affermazione del cardinale Martino a commento della posizione della Santa Sede: «Se attendiamo la reciprocità nei Paesi rispettivi dove ci sono cristiani, allora ci dovremmo mettere sullo stesso piano di quelli che negano questa possibilità». «L’Europa, l’Italia [non dice la Chiesa, ndr] – ricorda il Prelato – è arrivata a dei punti di democrazia e di rispetto dell’altro che non può fare marcia indietro».

Quindi, permettere agli studenti di religione islamica di studiare il Corano a scuola è una delle naturali manifestazioni di quella democrazia e rispetto della persona che il nostro Paese ha maturato. Una democrazia “gratuita”, che non chiede niente in cambio, nemmeno che non vengano assassinati i cristiani (o almeno i cristiani italiani) presenti nei paesi islamici. Questo è proprio lo spirito del Vangelo: amare senza pretendere nulla in cambio, rispettare l’altro e porgere l’altra guancia se non si viene rispettati. E così in Italia almeno eviteremo inutili stragi o vendette da parte di fondamentalisti che non hanno nulla a che vedere con la religione, ma che potrebbero trovare nella negazione di questo sacrosanto diritto un pretesto per farci del male. Un po’ di magone mi viene pensando che però non potremo evitare che altri “padre Andrea” vengano quotidianamente osteggiati nel loro servizio alle minoranze cristiane e che forse perderanno la vita (ma Gesù dice: chi perde la propria vita per me la salverà); e in molti casi sono le leggi stesse del tal Paese ad ostacolare le altre religioni, non solo i fondamentalisti-terroristi.

È significativo che proprio questa “rinuncia” alla reciproca accoglienza abbia fatto storcere il naso a qualcuno. Ma è proprio di una coscienza umana matura il saper offrire all’altro delle opportunità senza fare troppi calcoli. L’unica aspettativa, non velata, è che ciò renda migliori i rapporti di convivenza tra italiani e stranieri. Meglio, lo studio del Corano dovrebbe formare persone ispirate all’Islam moderato, capaci di tenersi lontano dalle espressioni estreme e violente e, di conseguenza, abili a vivere in una cultura diversa senza frizioni o desideri di conquista.
Sono soddisfatto che questa decisione mostri pienamente lo spirito del Vangelo e attui in una situazione storica attuale quell’agape di cui Benedetto XVI parla nella sua prima Enciclica. Inoltre essa rende concreti ancora una volta le due Dichiarazioni del Concilio Vaticano II in cui si parla della “libertà religiosa” (Dignitatis humanae) e delle “relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane” (Nostra aetate), nei quali ampio spazio è dedicato proprio all’Islam.
Spero anche che questo apprezzamento italiano crei un circolo virtuoso e in altri Paesi sia concesso lo stesso diritto; spero che un apprezzamento più ampio tolga ogni pretesto a chi voglia aprire ancora una guerra di religione e mostri più palesemente che quelle guerre sono mosse da altre “fedi”.

Ci credo. L’accoglienza dell’altro, il rispetto, l’attenzione mostrata alla sua cultura non può che portare a rapporti più fraterni, più fiduciosi che possono spingersi fino alla collaborazione per la costruzione di un mondo più giusto.
Noi Frati minori fin dal 1219 siamo presenti nei Paesi musulmani; fu san Francesco in persona ad inaugurare questa amicizia quando si presentò al saladino Melek El-Kamel senza armi e pieno di ammirazione per alcuni segni della sua religione (in particolare del muezin che richiamava tutti alla preghiera) e ottenne da lui segni di sincera stima e affetto (ancora oggi visibili nella Basilica di Assisi), oltre al permesso di visitare i luoghi santi occupati dai musulmani. Ancora oggi tanti miei confratelli vivono tra i musulmani e, senza volerli fare cristiani, testimoniano la loro fede amandoli con semplicità e servendoli nelle loro necessità. Certo, non è mai stato facile, ma l’esperienza di otto secoli dice che l’accoglienza e il dialogo sono possibili e fruttuosi. Anch’io l’ho provato sulla mia pelle.
E allora? Adesso tocca all’Italia, quella della politica delle pari opportunità, decidere se inserire l’ora di Corano nelle scuole, stabilire con la Comunità islamica i requisiti e le modalità per l’assunzione dei professori.

Eppure una provocazione mi rimane… non resisto! Vorrei far notare che l’art. 9 par. 2a del Nuovo accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana (18/02/1984) recita: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado». Cioè, l’insegnamento della religione cattolica è motivato dal fatto che i suoi principi fanno parte del patrimonio culturale italiano da 2000 anni, prima di Dante, Boccaccio, Manzoni e quindi, già la possibilità di rinunciarvi (par. 2b) è una “strana” concessione (pensiamo se qualcuno, cattolico o musulmano, decidesse di saltare le ore su D’Annunzio perché urta la sua sensibilità politica e morale). Forse dovremo interrogarci se la cultura islamica non stia diventando parte del patrimonio storico italiano e allora dovremo studiare tutti entrambe e non creare nuove separazioni, particolarmente pericolose tra bambini e adolescenti… pensiamoci!

Argomenti:   #islam ,        #religione ,        #scuola ,        #vaticano



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