La Sicilia non si smentisce. E anche tra le innumerevoli anomalie di queste anomale elezioni politiche la Sicilia si dimostra l’anomalia per eccellenza. Di fronte ad uno stivale spaccato letteralmente a metà infatti, la Sicilia si erge a guardare, dall’altra parte dello Stretto, con in mano il suo inequivocabile verdetto.
Qui, la Casa delle Libertà ha vinto di nuovo. E il popolo non si è affatto spaccato.
Unica in Italia a registrare una media di voto che lascia spazio a così pochi dubbi, la Sicilia avrebbe voluto riconfermare la fiducia alla coalizione berlusconiana.
Diamo un’occhiata ai numeri.
Al Senato la Casa delle Libertà ottiene il 57,767% dei consensi, a fronte del 40,458% della coalizione di Prodi. Non molto diversa la situazione nelle due circoscrizioni di voto per la Camera dei Deputati, laddove si sono toccate punte del 60% di croci che sono andate a finire nelle liste di Berlusconi. Nel dettaglio è proprio Forza Italia ad essersi attestata come primo partito in assoluto, toccando da sola punte oltre il 29% dei voti a fronte di un 24% conferito all’intero Ulivo. Bene anche An e Udc che si sono mossi tra il 10% e il 12% dei consensi.
Vittoria schiacciante insomma per i partiti della Casa delle Libertà: niente di nuovo sotto il sole. Dopo l’oramai proverbiale 61 a 0 registrato in Sicilia nel 2001, nessuno, ma proprio nessuno sperava che la situazione potesse davvero ribaltarsi.
Ma cosa vuol dire questo voto in una terra dalle mille contraddizioni? Cosa determina in sostanza un tale viscerale e pressoché immodificabile attaccamento alla coalizione di centrodestra, tale da non lasciare realistici margini di movimento alle opposte forze politiche?
Andare a ricercare queste motivazioni nei meandri di cause storico-ideologiche è un’avventura romantica ma fallimentare. Nè tantomeno è credibile che la Sicilia abbia solo il barlume di qualche motivo per ringraziare il governo Berlusconi dei suoi ultimi cinque anni di governo: com’è noto infatti, com’è stato da noi stessi più volte scritto in queste pagine, le politiche per il Meridione hanno rasentato il ridicolo, restando ben cristallizzate sulle pagine di pomposi impegni elettorali o sul filo retorico dei paroloni vuoti. Pensiamo ad esempio al programma delle infrastrutture, laddove è mancato ogni incentivo alla modernizzazione e si è parlato soltanto di grandi opere irrealizzabili o realizzabili soltanto per pagare il proprio tributo a interessi in sede di appalto. Corsi e ricorsi storici, verrebbe da dire: il Ministro della Malavita insomma non è stato solo Giovanni Gentile. Ma pensiamo anche al programma delle politiche economiche guidate dal ministro Tremonti che si è meritatamente guadagnato la fama di Ministro contro il Sud.
Contrariamente alle previsioni, alla Casa delle Libertà in Sicilia non è servito nemmeno che il neonato –ma già minaccioso- Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo abbia scelto di schierarsi al fianco della coalizione Berlusconiana, sancendo un infausto e contestatissimo patto d’acciaio con la Lega Nord. Il suo Mpa infatti non è andato oltre il 4% dei consensi, con qualche punta oltre il 6% nella circoscrizione Sicilia Orientale e dunque nell’area catanese laddove Lombardo è già stato eletto presidente della provincia ed europarlamentare. Si tratta di una percentuale importante per un così giovane partito, ma sicuramente ben lontana dal potersi attribuire il merito di quel 17%, in alcuni casi addirittura 19% di consensi che separano con distanze invalicabili il centrosinistra dalla Casa delle Libertà.
La responsabilità del voto va dunque ben oltre le ragioni della politica: coinvolge i tanti, troppi interessi dei privati, coinvolge gli interessi di bottega della gente stessa, coinvolge persino il potere clericale ma coinvolge innanzitutto le scelte della mafia. E tutto questo è talmente radicato nel territorio siciliano da muoversi in una dimensione che va al di là delle logiche di coalizione.
Ora si sono già aperte le danze per le elezioni regionali. Totò Cuffaro contro Rita Borsellino. Simboli contrapposti,ma è davvero così semplice la scelta per il popolo siciliano? Chi non vive in Sicilia, chi in questa terra non c’è nato, cresciuto, vissuto, non potrà mai credere che se anche questa scelta davvero fosse così semplice molti metterebbero la propria croce sul nome di Totò Cuffaro. Non è questa la sede in cui è possibile sviluppare le logiche di questa analisi, ne verrebbe fuori un’immagine forse sin troppo impietosa di questa terra. E’ sufficiente forse ricordare ai lettori che Totò Cuffaro, uomo dell’Udc, ha sul capo un’inchiesta più che fondata di collusione mafiosa, ma è bene anche informarli che non esiste forse nella storia di questa regione un solo governatore che non sia stato processato e condannato per simili reati, condanne nella maggior parte dei casi rinviate a gradi superiori di giudizio o congelate perché gli stessi personaggi ricoprono oggi incarichi parlamentari o di governo.
Le vicende imputabili a Totò Cuffaro sono, questo è noto, direttamente riconducibili al signor Bernardo Provenzano, noto come il “capo dei capi” di Cosa Nostra, superlatitante per 43 anni e recentemente “assicurato alla giustizia da una brillante indagine della Polizia di Palermo” che lo ha arrestato nel suo covo –guarda caso- il giorno dopo le elezioni politiche. E –guarda caso- nel covo sono stati ritrovati (circostanza a dire il vero tutta da verificare) i volantini elettorali di Totò Cuffaro che, lo ricordiamo, è stato anche scelto come capolista dell’Udc al Senato per la regione Sicilia.
Di queste cose in Sicilia si deve parlare a voce bassa, molto bassa. E si deve scrivere poco, molto poco, quello che basta per far capire al lettore chi ha fatto stravincere fino allo scorso 10 Aprile la Casa delle Libertà in questa circoscrizione.
Non sappiamo perché Bernardo Provenzano abbia deciso di farsi arrestare, né perché con il suo sguardo beffardo abbia avvertito i poliziotti con quel monito, tutt’altro che da sottovalutare: “Non sapete quello che state facendo!”, pressappoco come disse ai suoi aguzzini Gesù dalla croce. Non sappiamo nemmeno se questo muterà -e come lo muterà- il panorama mafioso, ma soprattutto non sappiamo come poi il panorama mafioso deciderà di mutare a sua volta quello politico. Non sappiamo insomma se alla mafia converrà ancora appoggiare Totò Cuffaro o se con questo arresto gli ha già dato il ben servito, non sappiamo se addirittura potrebbe tornare utile in questo momento un governo regionale affidato alle materne cure della signora Borsellino.
Queste sono cose che potremo forse tentare di intuire vagamente soltanto tra molti mesi o addirittura molti anni.
Sappiamo solo che dalle scelte, dalle parole di un boss non c’è mai niente di buono da sperare. E Bernardo Provenzano è... “il boss dei boss”.
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