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 Anno II n° 9 del 11/05/2006    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi


Accade in Sardegna
Aree industriali, militari e urbane: i danni alla salute sono ormai documentati
Presentato a Cagliari il Rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti nelle aree a rischio della Sardegna
Di Anna Cosseddu


Alcuni Sardi si ammalano di più, purtroppo oggi è un dato certo.

Il 21 aprile a Cagliari è stato presentato al pubblico il «Rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti nelle aree interessate da poli industriali, minerari e militari della Regione Sardegna». Questo rapporto denuncia che, nelle 18 aree a rischio analizzate (aree industriali, minerarie, militari e urbane), rispetto alla media nazionale si è molto più colpiti da malattie respiratorie e dell'apparato digerente. In particolare, gli uomini sono più colpiti da tumori del polmone, del fegato e del sangue.

Nerina Dirindin, Assessore alla sanità della Regione Sardegna, ha dichiarato che «gli eccessi di malattie rilevati in questo studio sono il frutto della disattenzione verso le conseguenze sulla salute degli interventi sul territorio». Era stata proprio lei ad affidare, il 12 dicembre dell'anno scorso, lo studio approfondito di una situazione che già pareva grave ad un gruppo di medici, statistici ed epidemiologi delle Università di Udine, Torino e Firenze, coordinati da Annibale Biggeri, epidemiologo e statistico medico dell'Università di Firenze.

«Per oltre un anno il nostro lavoro è consistito nel radunare e confrontare dati già esistenti, ma che non erano mai stati messi l'uno di fianco all'altro» dice l'epidemiologo dell'Università di Torino Benedetto Terracini, uno degli autori dello studio. «I dati Istat relativi al ventennio 1981-2001 ci hanno dato le informazioni sulla mortalità nell'intera regione e nelle aree considerate, mentre dalle schede di dimissioni ospedaliere del periodo 2001-2003 abbiamo ricavato i dati sui ricoveri. Da questi dati grezzi siamo partiti per arrivare a costruire una fotografia della realtà di salute delle 18 aree considerate».

«Confrontando i dati della Sardegna con quelli italiani è emersa una maggiore presenza di malattie infettive (+23% negli uomini; +12% nelle donne), respiratorie (+22%; +15%) e dell'apparato digerente (+26%; +9%). Resta ancora un residuo vantaggio per quanto riguarda le malattie circolatorie ed alcuni tumori» spiega Annibale Biggeri.

I colpevoli sono principalmente l'inquinamento e l'ambiente di lavoro: si sono riscontrati eccessi di mortalità e ricoveri in percentuali simili tra uomini e donne nelle popolazioni residenti nelle aree ad alto inquinamento, il che suggerisce il ruolo di fattori ambientali nei danni subiti, e si sono invece registrati eccessi di malattia nei soli uomini nelle aree industriali e minerarie, mostrando così una relazione con la presenza di lavorazioni che possono comportare il contatto con sostanze nocive o il lavoro nelle miniere.

Eccessi significativi di morti e ricoveri ospedalieri per linfoma non Hodgkin sono stati osservati inoltre nelle aree militari della Sardegna, in particolare a La Maddalena (mortalità 1981-2001, negli uomini, 17 osservati contro 6,3 attesi, nelle donne 8/5,6), e nell'area di Salto di Quirra (nel 1997-2001 le morti per mieloma e per leucemie sono aumentate nei due sessi, complessivamente osservati/attesi 20/13,3, statisticamente non significativo).

«Uno studio di epidemiologia descrittiva come questo si propone di fotografare lo stato di salute della popolazione e non affronta, se non indirettamente, il problema di stabilire se esista una relazione di causalità tra fattori ambientali e rischio di malattia» puntualizza Biggeri. «Esso fornisce piuttosto una base per la definizione di priorità e informazioni essenziali per una pianificazione e una programmazione sanitaria adeguate».

Parlando del futuro, Felice Casson, il magistrato che ha sostenuto l'accusa al processo del Petrolchimico di Porto Marghera e che ha partecipato a questo studio in qualità di consulente osserva: «Questo studio è un buon punto di partenza: da qui si può procedere sia per via amministrativa sia per via giudiziaria, ma la mia esperienza sconsiglia di affidare tutte le speranze alla magistratura. Serve la concertazione tra istituzioni, imprese e, soprattutto, serve una stagione di verità che ci liberi dalle bugie o dai silenzi del passato. Non è facile, ma ora la Sardegna ha gli strumenti per farlo».



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