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 Anno II n° 10 del 25/05/2006    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi



Cos'è l’Europa oggi?
Il problema della politica estera e la posizione italiana
Di Giovanni Gelmini


Cosa è l’Europa oggi? La prima risposta che mi viene in mente è: un gran casino. Si perché a un elemento portante qual è l’Euro, che ha mostrato di essere di tutto rispetto nel panorama mondiale, e al trattato di Maastricht, che ha eliminato le frontiere, non sembrano seguire altri passi che possano far pensare all’Europa come punto di riferimento. Eppure i potenziali e le necessità ci sono.
I potenziali sono dati da economie avanzate con strutture solide e ampio mercato, le necessità sono di svecchiare strutture managementali che non hanno più la dinamica dell’inventività, ma si concentrano essenzialmente sul gioco finanziario (o del lotto? tanto è lo stesso).

Ma per procedere occorre che per molte competenze ora detenute dai singoli stati si passi a competenze europee.

La prima fra tutte queste sarebbe quella della Politica Estera. Si è visto che anche in questo caso l’unione fa la forza. Nei Balcani l’Europa si è presentata unita e, al di la di critiche possibili che sempre esistono negli avvenimenti complessi, i risultati ci sono stati. I paesi nati dallo smembramento non pacifico della Yugoslavia sono entrati nella sfera di influenza dell’Europa. La Slovenia è stata accettata nell’area Euro e dal gennaio 2007 userà anche lei la moneta unica europea. L’ultimo dei paesi nati da questa scomposizione, la Macedonia, ha chiesto immediatamente di essere ammessa all’Europa Unita.

Così non è stato in quasi tutti gli altri casi; il massimo dell’incapacità di svolgere una politica europea che tenesse conto degli interessi di tutta l’area l’abbiamo certamente visto nel caso dell’invasione dell’Iraq.

Tra i problemi che oggi sono sul tappeto vi è il rapporto con Cina, India e Russia. Ma è difficile pensare a un’Europa che si muova con un atteggiamento comune.

Il primo motivo è che l’Europa Unita è un trattato tra Governi e le decisioni non vengono prese dal Consiglio, ma attraverso trattative tra Governi, i quali, con difficoltà, cedono proprie prerogative. Per farlo occorrono situazioni straordinare.

La possibilità di avere una politica estera comunitaria, che sarebbe il massimo per avere vantaggi per tutti, è molto lontana dall’essere una possibilità anche remota. Vi è stato un periodo che questo poteva essere ipotizzato; è stato quando vi era una asse portante tra la Francia e la Gemania di “Bonn”. La caduta del muro di Berlino e la disgregazione dell’impero sovietico, con la successiva riunificazione della Germania, hanno modificato profondamente la realtà geopolitica dell’Europa.

Se oggi per la Francia sembra si possa immaginare ancora un'avanguardia a sei (Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna e Polonia), sostenuta in particolare da Nicolas Sarkozy, autorevole aspirante all'Eliseo, non è così per gli altri paesi.

Come dicevo l’Asse Parigi–Bonn, non si è trasformato in un asse Parigi–Berlino, oggi Berlino ha un occhio attento ai paesi usciti dall’orbita russa, compresi i balcani.

La Spagna con Zapatero ha trovato una vocazione verso i paesi dell’america del sud, specialmente di lingua spagnola e si affianca a questi nelle loro virate anti USA. La vocazione atlantica della Gran Bretagna resta invece settentrionale e si esprimere l'alleanza prioritaria con gli Stati Uniti.

Ma l’Italia in che posizione è? Ecco in effetti non si capisce dove si sia diretta la politica estera dei cinque anni di governo Berlusconi. La cosiddetta politica delle “pacche sulle spalle” non ha portato vantaggi né dagli Stati Uniti, né dall’amico Putin, ma ha messo in difficoltà i nostri rapporti nel Mediterraneo.

Il Mediterraneo e alcuni dei paesi balcanici sono lo spazio geopolitico di influenza naturale dell’Italia; lì l’italiano è una lingua comune e spesso compresa da tutti. L’Italia è un punto di riferimento anche per la “spesa importate” delle famiglie, che vengono in Italia a comprare certi prodotti. Ma i rapporti invece di migliorare sono peggiorati, come hanno mostrato gli ultimi fatti di intolleranza in Libia, incitati anche dall’assurdo comportamento di un Ministro, evidentemente non preparato a svolgere un ruolo di statista.

In questi ultimi fatti comunque si mostra come per dialogare con i paesi del Mediterraneo è necessario avere una cultura mediterranea che noi abbiamo, che forse qualcuno ad Arcore o a San Vigilio di Bergamo non sa cosa sia. È veramente assurdo pensare di rinunciare al nostro spazio geopolitico naturale, lasciarlo completamente alla Francia e relegarci solo a essere autostrada per il traffico di merci e di immigrati clandestini.

Se l’Italia ritrova la giusta linea politica, si può pensare che L’Europa Unita possa riprendere più facilmente un discorso di comune politica estera per alcuni spazi geopolitici “lontani”, come la Cina, l’India e la Russia dove sicuramente l’Unione farebbe la forza di trattare da pari, ma l’ipotesi di una vera unità di politica estera resta solo un’utopia.



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