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 Anno II n° 11 del 08/06/2006    -   TERZA PAGINA


Visto per Voi
Inside man

Di Daniela Losini


Una mattina newyorchese come un’altra. Persone in fila allo sportello di una banca, chiacchiericcio e facce da ogni continente. In pochi minuti la normalità è sconvolta dall’arrivo di quattro rapinatori e tutto cambia.
Lasciato il progetto da Ron Howard, (chiamato ad occuparsi de “Il Codice da Vinci” di prossima uscita) Spike Lee eredita la regia e il copione ad orologeria scritto dall’esordiente Russell Gewirtz, riadattandolo col suo inconfondibile tocco personale e infondendo nuova grazia e statura al genere, ma senza stravolgere i meccanismi tipici delle trame da “rapina in banca”. Piazza i volti giusti: l’eccellente Clive Owen per quasi tutto il tempo mascherato, traspira autorevolezza e graffi morali da ogni battuta/azione, basti come esempio la frase affilata con la quale sistema la filosofia dei rapper-gangster. Denzel Washington è il negoziatore dai lati oscuri che coltiva la sottile linea tra ambizione, arroganza e sopravvivenza, il poliziotto disilluso ma intelligente ha i connotati mobili di Willem Dafoe e la figura dell’avvocatessa gelida e senza remore è impersonata dalla sempre perfetta Jodie Foster. Infine Christopher Plummer, grande e nobile vecchio banchiere dal passato oscuro che sconta peccati e disonore nel silenzio del proprio lussuoso studio.

Colpi di scena e flashback sono messi a segno in un continuo altalenarsi di giochi ad incastro che lasciano allo spettatore la possibilità di completare il puzzle e di godere del ritmo serrato degli eventi, illuminati di metallico blu.

Non ci sono sparatorie spettacolari né corpi crivellati inutilmente: solo il sottile/pesante gioco delle parti che ognuno sostiene egregiamente, facendo la cosa opportuna. E rieccolo, ce ne fosse ancora bisogno di ricordarlo, il metro per capire la differenza tra un ottimo film e la mediocrità: cinque minuti cinque e sei dentro la storia. Se questo non è fare la cosa giusta...



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