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 Anno II n° 12 del 22/06/2006    -   TERZA PAGINA


Diario della missione speciale a Bologna
Tra colonne d’auto e 'pietre parlanti'

Di Testa Rossa


Dopo tre ore di macchina, una coda di un’ora nel traffico bolognese, il caldo, l’afa e il fiato corto per aver corso, è forse ovvio che una villa luminosa e quieta e un giardino profumato ti facciano stare bene.
Non per altro, tiri un sospiro di sollievo.
Cartelletta in mano – dire che sei accaldata è un eufemismo – ti siedi e ascolti le parole introduttive alla conferenza stampa.
L’artista non c’è ancora, in ritardo pure lui, arriverà dopo.
Intanto prendi fiato, e te lo rovini accendendoti una sigaretta.
Chiacchieri con Cricio del più e del meno, del giornalismo e delle università; sorridi alla cortese signorina che ti chiede di apporre una firma nel libro addetto alla memoria dei visitatori. Ti piace la signorina, è sorridente e solare. Qui tutto è sorridente, solare (fin troppo) e quieto.
Anche un po’ afoso, ma non si può chiedere tutto.


    Ti sei svegliata alle 5:30 del mattino.
    5:35, dai.
    Treno alle 6:35, per arrivare alle 7-e-qualcosa dalle parti di Bergamo, dove Cricio ti attendeva automunito.
    La conferenza stampa sarebbe iniziata alle 12:30, avete preventivato due ore e mezza di viaggio, ma a Cricio piace stare largo. Anche a te.
    Avete esagerato entrambi.
    Alle 9:30 del mattino vi trovate dalle parti di Modena, in vergognoso anticipo.
    -Andiamo a trovare una mia amica?- chiedi, nonchalance da fare schifo. In realtà hai pensato che a Modena c’è la piccola Ashu, e la piccola Ashu sarebbe felicissima di vederti. Ti piacerebbe moltissimo vederla così felice.
    E – dai, sincerità – ti farebbe proprio piacere vederla.
    -Si può fare- ti risponde Cricio.

    Tipi all’avventura, voi.
    Mai stati a Modena, non sapete neanche com’è.
    (E gli autoctoni locali sembrano aver risparmiato sulla segnaletica, dato che trovate un cartello ogni 5 km) Ma siete TestaRossa e Cricio, non due persone qualunque. Giusto?
    Bene. Chiami la piccola Ashu e vi mettete d’accordo.




Mentre chiacchieri con la cortese signorina e Cricio delle possibilità dei quotidiani on-line, Sciola arriva. Assetto giornalistico attivato (insomma, fingi di essere seria), assumi tono e posizione e tornate tutti dentro per la conferenza stampa.
Parlano, parlano, parlano.
Poi tocca a Sciola parlare, e ti domandi che tipologia d’artista sarà.
Uno di quelli seri e seriosi, socialmente impegnati che parlano come se il futuro del mondo fosse nelle loro mani? Oppure la tipologia distaccata e snob, che finge di non essere interessata alla stampa ma anzi di esserne infastidita, e parla solo per parole-chiave sconosciute ai più? Oppure, ancora, l’artista-volutamente-socialmente-scomodo che parla apposta come se fosse in un pub con quattro boccali di birra (vuoti) davanti?
Sciola parla.
Prima cosa: ringrazia.
Seconda cosa: ringrazia.
Terza cosa: cita una persona che parlerà per lui e, con naturalezza, si toglie dalla scena. Quasi timido. Ma di quella timidezza che conosce bene sé stessa, non imbarazzata. Diciamo una scelta strategica: è un artista, non un relatore.




    Non avevi mai incontrato Ashu di persona, ma è tale e quale che su Internet.
    Ashu è una creatura pericolosamente sveglia e intelligente per la sua età, ma che sprizza un’energia irresistibile. E saltella emozionata.
    Suo padre, il santo che in tutta fretta ha tirato su la moto e l’ha portata in centro, ci parla degli intrattenimenti locali.
    Domanda standard:
    -Cosa c’è a Modena?-
    Risposta:
    -Niente.-
    Viva la sincerità, soprattutto se espressa con totale naturalezza.

    Niente.
    Beh, buono a sapersi.
    Il santo padre va a fare la spesa e voi tre andate a bervi qualcosa.
    Chiacchierata che puoi fare quando hai mezz’ora di tempo e hai davanti una persona con cui ne verresti passare un po’ di più (eufemismo). Si parla di giornalismo, scrittura, prostitute (i tre argomenti non sono necessariamente collegati), e alla fine tu e Cricio dovete andare.
    Saltate in macchina per tornare a Bologna, e pensi che sia una bella giornata.
    Proprio una bella giornata.
    Perché pensi che ti piace da morire vedere una (bella) persona felice perché ti sta davanti.
    Ti fa un piacere indecente.




Post-conferenza stampa in cui sono stati i citati tutti i nomi che per pro-forma vanno citati (quest’evento è organizzato da, con la collaborazione di, e l’ausilio di, i ringraziamenti a), siete nel parco.
Giornalisti sparsi che sono qui per lavoro, modalità ricettiva in funzione per cogliere tutte le informazioni utili da mettere nell’articolo, giri e ascolti.
Ci sono menhir moderni in miniatura made-in-Sardegna sparsi nell’erba, intagliati per linee verticali e orizzontali, e un dispositivo elettronico (alta tecnologia, eh) che diffonde il suono a cui queste sculture danno corpo.
Il vento passa per le scanalature e ne escono sinfonie. Ecco tutto.
… Ecco tutto...
… Dio se si sta bene qui.
Ti segni mentalmente che dovrai ringraziare l’artista, e rifletti sui suoni. Cerchi parole chiave. Cerchi concetti. Cerchi di rendere in parola quello che stai vivendo.
Scrivi:
Riverbero.
Eco.
Sinfonia.
Sinfonia dell’eco e del riverbero.

Passeggi, e scrivi:
Suoni che puoi sentire in una grotta.
E’ l’eco rimbalzante di gocce che cadono dalla stalagmiti.

Passeggi, guardi i giornalisti fare domande a Sciola, guardi Cricio fare foto, e ti trovi davanti all’ennesima installazione.
Hai una rivelazione, e scrivi:
SIRENE!
E se la leggenda delle sirene fosse nata da questi suoni?

Metti, ti dici, di essere un tizio che finisce non si sa come in una grotta. Un bel naufragio, ecco. Sei un tizio che si è appena salvato la pelle per abilità o fortuna, e finisci in questa grotta con il cuore che pompa adrenalina e quell’estasi folle tipica di chi ha appena sfiorato la morte.
Sei lì, fradicio e annaspante, e senti questi suoni.
Sembrano lamenti passati rimasti intrappolati. Non c’è più l’abitante della grotta, è rimasto il lamento.

Si, devi ringraziare Sciola.
Sciola è lì con Cricio, che tempesta l’artista di domande.
(Si potrebbe inventare il detto: “curioso come Cricio”)
Ti accodi, ascolti, rifletti, pensi.
Sciola ha due occhi che sono cristalli. O le gocce di cui parlavamo prima, limpide, che vibrano delle stesse vibrazioni che le sue mani creano.
Sciola ascolta i suoi che le pietre creano ed è felice. E’ l’artista che ha creato tutto questo, si, ma è secondario.
A lui, glielo si legge in faccia, interessa il suono. E’ quella la priorità. Il suono regna, e quanta più gente deve ascoltarlo e capire. Vedere quello che lui ha visto.
Sciola ha avuto una visione e la vuole condividere.
E, non da ultimo, Sciola è una di quelle persone che si portano appresso un frammento di Conoscenza. C maiuscola, si. La Conoscenza come materia a sé, archetipo, Eros creatore dell’universo. Sciola ha rubato un pezzo d’Illuminazione e se la tiene nel taschino.

Segni tutto ciò che devi segnare, fai mente locale per chiederti se ti sei dimenticata qualcosa, soddisfatta e con i germi dell’articolo in testa metti via cartelletta e penna. Poi, glielo devi, vai da Sciola per ringraziarlo.
-Scusi, volevo…-
-Mi chiedevo. Prima ti guardavo e mi chiedevo perché avevi quell’espressione triste…- Ti verrebbe da grattarti la testa.
(Come ami le persone che con tale nonchalance arrivano al punto)
Modalità giornalista ancora attiva, parti incespicante cercando di spiegargli che non eri triste, anzi. Formuli:
-No, non era triste. Era... No, non malinconia, piuttosto…-
E lui comincia a parlare.
Ti racconta (raccontare, non relazionare; ha tutto un altro peso) di quelle pietre. Del suono. Del suono che è armonia che condiziona il corpo. Delle relazioni tra essere umano e cosmo. Ti parla di un detto, la pietra è la spina dorsale del mondo; ti parla di bambini che propongono di piantare semi di roccia in Olanda, perché lì non ci sono montagne; ti parla del suo amore per ciò a cui lavora.
Ti fa appoggiare l’orecchio a una delle piccole sculture, e la suona.
Senti...?
E, si, tu senti.
E non te la senti di tirare fuori la cartelletta e segnare tutto ciò che ti sta dicendo. I concetti ti arrivano puri, non sono le parole a portarseli appresso; le parole sono suoni-convenzioni che ti pescano da dentro le idee.
Vorresti rapire quest’uomo e metterlo nell’accorta e personalissima tua selezione di persone speciali. Ma no, quest’uomo deve girare per il mondo e diffondere le sue melodie, la vibrazione. La gente deve sentire.

Ah, quasi ti dimenticavi.
Devi far sapere a Sciola che il tuo sguardo non era triste – né malinconico né altri sinonimi con piccole variazioni – era nostalgico.

Ti sembrava di appoggiare l’orecchio sul polmone della terra, e ascoltare l’origine del soffio vitale che ci anima, il ritmo sempre uguale a se stesso che poi è quello che ti pompa vita nel cuore. Una nostalgia strana, nostalgia di cosa tuttora presente.
Nostalgia felice: è stato come ricordarsi improvvisamente di una cosa dimenticata, e improvvisamente ritrovarsela in mano.


Il pomeriggio continua, con rammarico per non poter miniaturizzare Sciola e mettertelo sul comodino a suonarti la ninna-nanna e a farti da sveglia, in quel di Bologna.
Tu e Cricio vi destreggiate per parcheggi (anche qui la segnaletica si fa cercare come un’amante pudica), andate a mangiare qualcosa, e poi una bella passeggiata da turisti nel centro. Monumenti e chiese, viette e autoctoni: classica visita turistica, nulla di più nulla di meno, non fosse che Cricio s’invaghisce. Si sa, gli italiani sono esterofili; si sa, in Italia ogni regione è uno stato a sé.
Si sa, gli italiani hanno sempre avuto desiderio di colonizzare e, non potendo, si sono accontentati d’averne l’atteggiamento.
Risultato: Cricio fa una compravendita e compra il tanto desiderato tesoro locale, e insieme ce lo godiamo nel viaggio di ritorno.
Dopo tanta fatica, caldo e corse, un po’ di sollazzo ci vuole...



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