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 Anno II n° 14 del 20/07/2006    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi


Lo sport italiano è da ricostruire
Te la do io l’America!

Di Silvano Filippini


Nel basket nazionale continua il battibecco tra lega e Federazione e, al momento attuale, non si intravedono sbocchi. Il pericolo di uno “scisma” si fa sempre più probabile, ma potrebbe anche essere utile al movimento. Sempre che si stabiliscano regole certe! Se si realizzasse una separazione sul tipo di quella che avvenne quattro anni or sono in Europa (tra FIBA e ULEB) che ha sviluppato ancor più il movimento europeo, la separazione in casa tra i “coniugi” potrebbe anche essere auspicabile. Anche perché la federazione potrebbe dedicarsi al potenziamento del basket dilettantistico, trascurando completamente quello di vertice. Per il momento appare assai probabile soltanto l’obbligo di inserire quattro italiani nel roster delle squadre di serie A. Ciò vorrebbe dire avere formazioni con otto stranieri di cui quattro comunitari. Se fosse così si tratterebbe di un passo indietro rispetto alla proposta iniziale (6+6). Neppure il nodo della tassa di iscrizione è stato risolto. Tra i 250 mila euro proposti dalla FIP e il milione e mezzo chiesti dalla lega la differenza è abissale. Staremo a vedere!

Proprio in questo momento in cui si sta riversando tutto il fango di “moggiopoli” sullo sport più amato dagli italiani (fino a quando?), desta ancora più fiducia l’organizzazione dello sport targato USA rispetto alla confusione e all’improvvisazione classica di noi italiani. E’ vero che la nostra mentalità tende ad inseguire più la furbizia che la lealtà, applicando un antico detto latino (mors tua, vita mea) riveduto e corretto a nostro uso e consumo: “sarà meglio che lo faccia io, prima che ci pensino gli altri… e mi freghino”!
Deve essere quello che ha pensato Moggi sin dai tempi del Napoli, quando ebbe carta bianca per favorire la società partenopea. E non mi si venga a dire che i massimi dirigenti napoletani, prima, del Torino e della Juve, in seguito, non sospettassero quello che ha tramato il mister in tutti questi anni, tanto da riuscire a coinvolgere, controllare e condizionare decine di giocatori, procuratori, allenatori, arbitri, designatori, magistrati, dirigenti, giornalisti, politici, ecc. Lo stesso compianto “avvocato”, tempo addietro, sollecitato in un’intervista, aveva spiazzato tutti con la sua proverbiale ironia: “Moggi è un male necessario!” Evidentemente neppure lui era completamente a conoscenza delle “capacità” del suo d.s.

Tornando al mondo dello sport professionistico made in USA, un simile scandalo e tutti quelli che lo hanno preceduto (passaporti, doping, scommesse, illeciti amministrativi, fidejussioni false, ecc.) al di là dell’oceano non avrebbe potuto verificarsi. Semplicemente perché le leghe professionistiche sono rette da una commissione con pieni poteri e completamente estranea alle società che compongono le leghe; non c’é conflitto di interessi neppure tra la federazione e la lega, semplicemente perché non esiste una federazione se non al momento di formare la rappresentativa che partecipa alle olimpiadi e ai mondiali; ogni società deve versare milioni di dollari per riuscire ad entrare nella lega, per cui si garantisce, grazie anche al tetto dei salari, la sopravvivenza della squadra e la certezza del rispetto dei contratti, tutti depositati senza alcuna possibilità di “nero” perché il fisco statunitense è sempre all’erta nello sport professionistico; il contratto con le TV e gli sponsor è collettivo e porta nelle casse della lega la maggior parte degli introiti, consentendo un’ottima organizzazione e distribuzione delle ricchezze; le regole sono chiare e non aggirabili; gli arbitri sono indipendenti e professionisti (e lavorano anche oltre i sessant’anni); le squadre ultime classificate NON retrocedono, ma, anzi, hanno la possibilità di scegliere per prime (in ordine inverso rispetto alla classifica) i giovani emergenti di tutto il mondo; il contratto dei nuovi giocatori è stabilito a priori dalla NBA in base alle scelte (prima, seconda, terza ecc.).

In oltre la presenza dei playoff diminuisce nettamente la possibilità di “combine” tra le società e le eventuali influenze delle scommesse dei giocatori. Oltre tutto si deve anche far presente che la mentalità del mondo sportivo nord americano è nettamente più “pura” della nostra, anche perché inculcata sin dalla tenera età attraverso la scuola, l’unico ambiente dove è possibile svolgere attività sportiva organizzata.

Perché non tentiamo di copiare da chi, meglio di noi e prima di noi, è riuscito ad organizzare lo sport professionistico, trasformandolo in autentico spettacolo dove il risultato ha una minor incidenza psicologica su giocatori e spettatori?

Cito due esempi, sui tanti che si potrebbero riportare, relativi alla mentalità più corretta di quel mondo: - Negli stadi è quasi impossibile assistere al “tifo contro” gli avversari e neppure contro gli arbitri, anche perché se dovessero verificarsi intemperanze sopra le righe, i direttori di gara hanno l’obbligo di sospendere il gioco e far allontanare dall’impianto i facinorosi, tramite la polizia privata appositamente predisposta, e non dalle forze dell’ordine dello Stato (come si verifica da noi) che, invece, potrebbero dedicarsi al controllo del territorio, anziché sprecare tempo (e il denaro dei cittadini) per lo sport. – Gli osservatori dell’NBA hanno seguito ripetutamente quest’anno le gesta dell’osservato speciale Andrea Bargnani (ventenne del Treviso) per inserirlo nel draft delle scelte del 28 giugno dove è stato scelto da Toronto (prima società avente diritto in quanto piazzatasi all’ultimo posto nella classifica del campionato appena concluso) come prima scelta mondiale dei giovani da inserire nell’NBA. In pratica si tratta di un evento di portata mondiale che non ha alcun precedente, neppure in Europa. Se pensate che il mitico Michael Jordan fu soltanto una terza scelta…

Ebbene nessuno degli osservatori giunti in Italia a più riprese ha mai tentato di avvicinare o di contattare il giocatore per convincerlo; semplicemente perché le regole lo vietano.
Sarebbe possibile una cosa del genere in Italia dove migliaia di procuratori, incuranti delle norme, si gettano sulla preda (anche i minorenni) nel tentativo di anticipare gli altri?
Sarebbe mai possibile in Italia che la squadra ultima classificata (e non retrocessa) possa scegliere per prima in modo da rinforzarsi per la stagione successiva?
Sarebbe sicuramente più logico perché livellerebbe verso l’alto il valore delle squadre e, invece, si verifica esattamente il contrario: le squadre ricche hanno il monopolio del mercato e il gap con quelle povere si allarga sempre di più. E’ vero che nello sport i soldi non sono sufficienti a garantire lo scudetto (vedi Inter!), ma chi ne possiede pochi non potrà neppure sperare di ottenerlo.
Data l’attuale situazione che favorisce nettamente i ricchi, appare del tutto assurda questa ricerca di ulteriore potere attraverso l’inquinamento del campionato a proprio vantaggio. E’ proprio vero che, parafrasando una famosa canzone, la “belva umana” non è mai contenta del potere che già possiede!

Occorre una sentenza esemplare Ce ne vorrebbe una sul tipo di quelle applicate dalla FIP in questi anni nei confronti delle società che non hanno rispettato le norme amministrative. Infatti le società che hanno raggirato le regole del campionato professionistico di serie A-1 sono finite due serie più sotto, cioè tra i dilettanti, anche se si trattava di sodalizi plurititolati che rispondono al nome di Virtus Bologna e Scavolini Pesaro. Tra l’altro non si è verificato alcun dramma: nel giro di due anni la Virtus é di nuovo in serie A-1 e Pesaro, dopo un solo anno, é uscita dal limbo della B.

Soltanto una sentenza esemplare, senza se e senza ma, potrebbe ridare credibilità al mondo del calcio. Una credibilità persa da antica data (anni ottanta) e che quest’ultimo scandalo ha definitivamente azzerato. In nome dell’interesse dei giovani (e soprattutto dei giovanissimi) che dovrebbero divenire i futuri cittadini onesti e rispettosi delle leggi, è indispensabile riformare tutto il sistema, evitando di riversare le disponibilità economiche unicamente nel mondo dei professionisti.
Quello è ormai un’industria e, come tale, deve essere capace di trovare le risorse al proprio interno. Oltre tutto non è in grado di aggiungere nulla alla costruzione del futuro “capitale umano” dell’Italia. Quando, addirittura, non alimenta la corruzione e la ricerca del successo ad ogni costo, inseguito sempre più spesso da genitori ormai annichiliti dal miraggio dei soldi che, il più delle volte, non arrivano neppure: soltanto un bambino, su oltre ventimila che iniziano a giocare a calcio, riesce ad arrivare in serie A.
Tornando a Moggiopoli, a questo punto delle indagini appare sin troppo chiaro che se l’intrigante era Moggi, i mandanti, più o meno consci, erano altri. Probabilmente il sistema avrebbe mietuto ancora chissà quante vittime se l’ingordigia dell’ex d.s. della Juve non lo avesse portato ad esagerare. Infatti con l’avvento della GEA del figlio Alessandro e dei vari “figli di papà” che vi operavano, il sistema ha iniziato a pestare i piedi a troppe persone che non rientravano fra i “controllati” e, prima o poi, qualcuno si sarebbe ribellato.
Tra l’altro più di una procura si era già attivata sin dal 2004, iniziando ad indagare sul calcio-scommesse e ben presto le intercettazioni telefoniche hanno mostrato qualcosa di losco che andava ben al di là delle scommesse.
Che il sistema fosse “marcio” sino ai vertici lo dimostra il fatto che il presidente della Federazione era stato messo al corrente delle intercettazioni sospette sin dal mese di settembre, ma aveva preferito mettere tutto a tacere. Tra l’altro, più il potere di Moggi aumentava e più si allungavano le file dei “questuanti” ansiosi di ottenere qualche briciola delle sue capacità di controllo.
A tal punto che le telefonate giornaliere non si contavano più (oltre 400). A tal proposito mi viene il sospetto che quanto scritto per anni dagli scienziati sulla pericolosità delle onde elettromagnetiche sprigionate dai telefonini non sia poi così attendibile. Con quei ritmi il “poveretto” dovrebbe ormai avere il cervello devastato dalle onde, con conseguenze letali.
A questo punto la battuta sorge spontanea: se il cellulare lo ha graziato nel senso della salute, un altro cellulare (ben più grosso), rischia di portarlo al fresco! Sempre che anche in Italia si applichi la giustizia ordinaria come è già avvenuto per casi simili in Germania e Inghilterra: più di un anno di reclusione (trascorsi in carcere) ad arbitri corrotti.

Illecito ambientale

Ma ciò che inquieta maggiormente è la diffusione di quella furbizia che, purtroppo, fa parte del DNA degli italiani. Infatti a far da contraltare al gruppo di Moggi c’era il gruppo del Milan che contava sul potere delle TV di Berlusconi e sulla carica di presidente della Lega assegnata a Galliani. Se non è conflitto di interessi questo! A dimostrare la distorsione dello sport italiano è sufficiente osservare il doping sempre più diffuso tra ciclisti e frequentatori di palestre per la muscolazione, indagare sull’operato degli istruttori delle giovanili (e non solo nel calcio) che insegnano ai ragazzini i “trucchi del mestiere” per ingannare l’arbitro e ottenere vantaggi illeciti ancor prima che apprendano la tecnica individuale e collettiva.
Altrimenti non si spiegherebbero i riprovevoli e diffusi comportamenti dei giocatori (sul tipo della gomitata inferta da De Rossi e che, questa volta, ne ha comportato l’espulsione) sin dalle giovanili, tanto da determinare un vero e proprio “illecito ambientale”, dove il fine giustifica quasi sempre i mezzi e chi non ne approfitta è considerato un fesso (vedi anche il capitolo delle simulazioni).
Del resto anche nella vita quotidiana assistiamo quotidianamente alla diffusa evasione fiscale e quei pochi che non la praticano lo fanno semplicemente perché non è possibile sfuggire al fisco (lavoratori dipendenti). Se non fosse così diffusa questa mentalità, il neo Commissario Straordinario degli arbitri, Agnolin, non avrebbe proposto (in tempi non sospetti) l’istituzione della figura dell’educatore sportivo.
Questa la sua proposta avanzata due anni or sono: “C’è urgenza di dare ai giovani gli strumenti per apprendere quali valori e quali regole può insegnare il calcio e come affrontare l’impegno sportivo in qualsiasi disciplina”.
Del resto non scopro di certo io le qualità di Agnolin: diplomato all’ISEF (dove ha appreso i valori dello sport), ha giocato anche a Basket nel Bassano ed è stato istruttore di nuoto, per cui ha avuto il vantaggio di conoscere discipline diverse e mondi completamente differenti da quello “chiuso” del calcio. Diventato arbitro di calcio, ha diretto 226 partite in serie A e un centinaio all’estero, oltre a “fischiare” in due campionati mondiali.
Uomo tutto di un pezzo, proprio per le sue convinzioni inderogabili ha litigato prima con Blatter (chiudendo così la propria carriera internazionale) e poi con Matarrese (allora a capo della FIGC), accusato di gestire il suo ruolo per scopi personali (che novità!), il quale gli ha tolto l’incarico di designatore. Passato alla Roma per svolgere le funzioni di direttore generale, si è scontrato con la famiglia Ciarrapico nel tentativo di ripulire la società da intrusi e maneggioni e, dopo la litigata con Sensi, ha salutato indesiderato ospite.
Dopo alcuni anni è rientrato nel calcio come presidente del settore giovanile della FIGC. La sua onestà e la sua avversione per i compromessi non può che far del bene al mondo del calcio dove, sino ad oggi, hanno spesso tentato di aggirare le regole (tra l’altro poco chiare) per tentare di ottenere vantaggi illegali.
Persino lo Stato ci si è mezzo di mezzo, emanando un decreto antipopolare che, se da un lato salvaguarda le entrate per il fisco (seppur diluite in 25 anni), dall’altro crea una profonda ingiustizia nei confronti delle società virtuose che hanno rispettato i regolamenti e, per farlo, non hanno potuto rinforzarsi come quelle che hanno barato. In pratica si trattava di un esplicito invito a non versare i contributi, tanto poi sarebbe arrivato un “condono”!

Ora spero proprio che tutta la faccenda non rischi di risultare annacquata dalle mancate ammissioni degli indagati e i giudici risultino imparziali, senza tener conto di figli e figliastri, di ricchi e poveri. Spero che si applichino con rigore le sanzioni previste per l’illecito sportivo, a costo di far retrocedere le società colpevoli, nelle serie dei dilettanti.
Del resto vi sono già numerosi esempi del recente passato in cui sono state penalizzate in classifica anche le squadre per le quali l’illecito non era stato dimostrato, ma semplicemente teorizzato in base agli S.M.S o alle intercettazioni telefoniche. Per le altre c’è stata la retrocessione. Ha ragione l’onorevole Di Pietro quando invoca “nessuna clemenza per chi ha sbagliato” e invita i “colleghi” a star lontani dalla vicenda, lasciando così il calcio libero di epurare secondo le sue leggi e in tempi utili per la ripresa dei campionati. E pensare che lui tifa per la Juve!

Ci penserà poi la magistratura ordinaria a chiudere la vicenda e, considerando la lentezza di quella italiana (più volte oggetto di sanzioni da parte dell’Europa Unita), le sentenze giungeranno quando il prossimo campionato sarà già agli sgoccioli. A questo punto sarò proprio curioso di sapere come potranno ripristinare in serie A le eventuali squadre che i tribunali avranno giudicato con maggior clemenza!

Spero proprio che a settembre, quando ci ritroveremo per la prossima stagione sportiva, non sia costretto a trattare ancora questo scabroso argomento!



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