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 Anno II n° 14 del 20/07/2006    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi



La pallastrada: quando inseguire un pallone torna ad essere puro divertimento

Di Sara Giostra


L’idea nasce da un romanzo di Stefano Benni e tra i ragazzi di tutto il mondo diventa realtà Inseguire per la strada un pallone rattoppato, sporco e sgonfio che vola impazzito da tutte le parti, buttare quel pallone dentro una porta delimitata ai lati da barattoli, o sassi o indumenti. E in alto? Nessuna traversa che si possa vedere, perchè la traversa si deve costruire con l’immaginazione.

Semplicità, creatività, divertimento, libertà e sregolatezza: sono le parole chiave per partecipare a questo gioco, che apparentemente potrebbe assomigliare a quello del calcio e invece no, è il gioco della pallastrada, che proprio dal calcio prende le distanze e si differenzia per la pura semplicità e il semplice divertimento.

L’idea della pallastrada nasce da un romanzo letterario dello scrittore italiano Stefano Benni. Il titolo del libro, cui la prima pubblicazione risale al 1992, è “La Compagnia dei celestini”: un romanzo che ha riscosso un grande successo, narra l’avventura di tre trovatelli, Memorino, Lucifero e Ali, che fuggono dalla triste e monotona vita dell’orfanotrofio dei padri Zopiloti per andare a giocare il campionato segreto di pallastrada, inventato dal Grande Bastardo protettore degli orfani di tutto il mondo. Ma come suggerisce Luca Tozzi in un atricolo pubblicato su “WDEB Repubblica.it”, a Benni è toccata la sorte - che tocca veramente a pochi scrittori - di vedere la propria fantasia diventare realtà, sfuggirgli di mano, prendere corpo. Naturalmente è contento come una pasqua. E non abiura al suo ruolo di Sommo sacerdote della pallastrada. "Madame Bovary c'est moi", diceva Gustave Flaubert. "Il Grande Bastardo sono io", ride Benni.

Nelle strade delle città, nelle campagne e nei quartieri di periferia impazza la pallastrada: i ragazzi si riuniscono per la strada, si dividono in squadre, non importa delimitare gli spazi anzi è fondamentale la regola ”non avere regole”, liberi di giocare, liberi di correre, liberi di urlare. Ridere e divertirsi.

Ma la pallastrada è anche un modo per riscoprirsi bambini e per evadere dalla realtà difficile dell’emarginazione e delle problematiche che colpiscono molti ragazzi delle periferie delle grandi metropoli. Così ad Aubervilliers nelle banlieus parigine la pallastrada è diventata realtà, una bella realtà. Ha conquistato tutti: maschi e femmine, bambini, adolescenti ed adulti. Ci dice Luca Tozzi: «in un articolo affisso nella sede dell'Omja di Aubervilliers, un centro giovanile gestito dalla municipalità, questa filosofia è riassunta così: "Giochi con chi vuoi, quando vuoi e dove vuoi". Non ci sono campionati né federazioni. Ci sono solo squadre che nascono e muoiono, che si mischiano e si riformano» (repubblica.it). Un bell’esempio di come lo sport, quello vero e non inquinato dai miliardi, possa guarire, anche solo per un attimo, i mali di una società attraversata dalla xenofobia, dall’emarginazione, dalla protesta violenta o dalla ribellione inascoltata. Con la , qui la pallastrada si chiama così, si impara a vincere, perché con il divertimento e la spensieratezza si vince sempre.

Ma anche in Italia la pallastrada ha avuto un grande seguito; lo afferma Stefano Benni nel suo sito stefano benni.it: «diciamo subito che pionieri della pallastrada sono stati la cooperativa Aurora di Prato, la Pallavicini di Bologna, e gruppi di pazzi specialmente a Napoli, Bologna e Firenze. Ma almeno cento manifestazioni hanno portato il suo glorioso nome. La pallastrada è stata giocata al festival di Caterpillar, ai festival di Liberazione, sul mare di Su Pallosu, in cima al rifugio Vajolet, e in molti altri luoghi. È stata giocata da persone su sedie a rotelle e cosiddetti handicappati, e questa è una delle facce più simpatiche della pallastrada».

Incredibile è stato anche il successo ottenuto dal cartone animato liberamente tratto dal libro di Stefano Benni in onda su RaiDue durante i mondiali di calcio (foto in cima alla pagina); prodotto dal regista Pierluigi de Mas, racconta di un gruppo di ragazzini che decidono di organizzare un campionato mondiale di Pallastrada (che deve restare segreto per non essere sospeso dalle autorità) nei quartieri delle città di tutto il mondo. Segretezza, Onestà e Semplicità costituiscono l’unico diktat da rispettare.

E se infatti leggiamo “Il regolamento unico e segreto del campionato mondiale di pallastrada” ci accorgiamo come questo sport rifiuti l’idea stessa di avere regole, e invece esalti la non ufficialità del gioco, la libertà e la clandestinità, tutto questo anche per renderlo intoccabile dall’influenze malvagie che caratterizzano il calcio moderno.

Già, tasto dolente quest’ultimo: lo scandalo Calciopoli ha reso visibile agli occhi di tutti, appassionati e non, lo sporco del nostro amato sport, sempre più spesso infettato dalla ricerca sfrenata e illegale del profitto,dall’ acquisto di diritti televisivi a suon di miliardi, insomma un calcio di solo business e affari. La pallastrada dice no agli sponsor, dice no ai completi di calcio, dice no agli stadi veri. Ecco alcuni dettagli del regolamento:

le squadre sono di cinque giocatori senza limiti di età, sesso, razza e specie animale; ogni squadra dovrà indossare un oggetto o un indumento dello stesso colore (sciarpa, elmo, berretto, calzerotto, stella da sceriffo) mentre è proibito avere maglia e pantaloncini uguali, no a parastinchi o altre protezioni per le gambe; è permessa la sostituzione di un giocatore solo quando i lividi e le croste occupino più del sessanta per cento delle gambe, tuttavia i nuovi giocatori dovranno però essere elementi notoriamente degni dello spirito della pallastrada.; la palla deve essere stata rattoppata almeno tre volte, deve essere o molto più gonfia o molto meno gonfia del normale, e possedere un adeguato numero di protuberanze che rendano il rimbalzo infido.

E il campo di gioco? Il campo può essere di qualsiasi fondo e materiale ad eccezione dell’erba morbida; deve avere almeno una parte in ghiaia, almeno un ostacolo quale un albero o un macigno, una pendenza fino al venti per cento, almeno una pozzanghera fangosa e non deve essere recintato, ma possibilmente situato in zona dove il pallone, uscendo, abbia a rotolare per diversi chilometri.

Ai nostri nonni o ai nostri padri la pallastrada ricorderà il calcio dei vecchi tempi: quello che si giocava nei campetti dell’oratorio o per la strada con un pallone fatto di stracci e fango. In fondo Stefano Benni ha avuto la genialità di risvegliare quel sentimento di divertirsi a calciare un pallone per strada, e lui stesso ammette di non aver inventato niente che c’era già. E allora palla al centro e si riparte: inizia il gioco, inizia il divertimento.



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