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 Anno II n° 17 OTTOBRE 2006    -   TERZA PAGINA


A Firenze in mostra fino al 30 gennaio 2007
Apoxyòmenos: Un atleta cristallizzato sott’acqua

Di Serena Bertogliatti



Adriatico, al largo dell’isola croata di Lussino.
45 metri di profondità.

Renè Wouters, sommozzatore, durante un’immersione vede qualcosa sul fondale. Sagoma umana, gigante – almeno due metri d’altezza, tinta di verde dall’erosione marina. Verde rame. No, meglio: verde bronzo.
E’ il 1997, e Renè Wouters sta guardando un apoxyòmenos – statua umana atta a detergersi il corpo.
Passeranno due anni prima che l’opera venga recuperata, e sottoposta alle amorevoli cure di Miljenko Domijan, capo conservatore dei beni culturali della Croazia.
Per altri due anni l’apoxyòmenos romano rimarrà sul fondale marino, preoccupato della propria pulizia – di certo, dopo sedici secoli, qualche mese in più o in meno non farà la differenza.

Oggi, 2006, è Firenze, città d’arte, a ospitare il bagnante, dovutamente ripulito e riportato all’originale stasi di toeletta.
Apoxyòmenos significa infatti: “[colui che] si sta detergendo”.
Pare che gli atleti, sex-symbol dell’epoca, lo facessero strigliandosi come cavalli con un raschietto di metallo (chiamato strigilis in latino, da cui strigliare) per eliminare l’eccesso di sudore, polvere e olio – quello che si spalmavano, da bravi sex-symbol, prima della competizione.

Sono stati l’istituto Croato del Restauro di Zagabria e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze a ripulirgli la criniera dalle incrostazioni del tempo.

Un lavoro durato quattro anni.

Tolta da quello che era ormai il suo ambiente naturale, la statua ha ceduto. L’acqua salina che la stava distruggendo era divenuta il collante e, mancando questo, l’apoxyòmenos si è trovato decapitato.
Ben venga, hanno constatato Giuliano Tordi, Ferdinand Meder e Maurizio Michelacci; restauratore esperto di reperti marini, direttore dell’Istituto Croato e Direttore della sezione archeologica dell’Opificio di Firenze.
Ben venga, approfittiamone.
Il bronzo è stato così svuotato per sezioni e strati procedendo alle opportune campionature di quanto conteneva all’interno – il tutto accompagnato da continui lavaggi in acqua non demonizzata. La gamba d’appoggio si è rivelata, una volta posizionato l’atleta nell’originaria posizione verticale, troppo debole, ed è stata rinforzata con una sofisticata struttura interna di acciaio e bronzo, con tensori regolabili a sorreggere tutta la figura – questa, per sicurezza, ancorata a un basamento antisismico.

Abbiamo detto quattro anni, dopotutto. Forse più di quanto ci sia voluto per realizzarla.

Un lavoro imponente, sicuramente giustificato dal valore del reperto.
E’ un bronzo, e ciò già la colloca nella vetrina delle rarità.
E’ antecedente all’apoxyòmenos di Lisippo, famoso, noto per aver giunto le vette della perfezione formale ellenistica – e il nostro apoxyòmenos croato non è da meno, e per ciò rischia di mettere in dubbio l’unicità lisippiana.

Dello stile ellenico ha il movimento, il rapporto di pieni e vuoti con lo spazio – caratteristiche rese possibili grazie alla “fusione a cera persa con metodo indiretto” e alla tecnica della saldatura, che permettono di fondere singolarmente i pezzi e poi unirli.
Anche per i più piccoli particolari.
Il restauro ha difatti messo in luce accortezze quali l’applicazione di inserti in rame per i capezzoli e le labbra, e la presenza, in origine, di avorio e pasta vitrea per dare forma agli occhi.

Ma chi è?

Per ora gli esperti dell’Opificio delle Pietre dure hanno ipotizzato la nascita attorno al I secolo a.C., epoca in cui sarebbe stato posto in un magazzino. O, comunque, in un luogo poco visitato in cui un topolino ebbe tutto il tempo di traslocare all’interno della statua, eleggendola a propria tana.
Il carbonio 14 ci dice che avvenne verso il 20 a.C.
Poi, nella prima metà del II secolo d.C. fu sottoposto a un restauro, e trasportato per l’adriatico.
Era divenuto un regalo per qualche ricca villa romana?
Un prezioso da regalare alla futura sposa?

Sia quel che sia, dev’essere stato durante quel viaggio che l’apoxyòmenos è finito sott’acqua. Forse si era rivelato un carico troppo pesante durante una fuga, e per quanto bello non valeva la vita di un equipaggio.
Forse era troppo bello, e il mare l’ha rapito. Forse.


Oggi, 2006, l’atleta croato bronzeo continua a detergersi, senza più il pudore dei fondali, a Firenze.
Città d’arte, città sempre da visitare che ci siano o meno mostre.
La mostra, “l’Atleta della Croazia”, è un itinerario approfondito del viaggio che l’apoxyòmenos ha compiuto, dalla creazione ad oggi.
L’ignoto autore avrebbe di che gioire, dato il lustro che Firenze ha dato a questo pezzo d’antichità: con la formula promozionale Firenze4you, infatti, è possibile pernottare per quattro notti al posto di tre – bambini inferiori ai dodici anni d’età sono accolti gratuitamente.


Apoxyòmenos L'Atleta della Croazia
Palazzo Medici Riccardi, Firenze - 30 settembre 2006 – 30 gennaio 2007
Provincia di Firenze - Istituto Croato per il Restauro – Zagabria Opificio delle Pietre Dure

La mostra sarà aperta tutti i giorni dalle ore 09.00 alle 19.00 escluso il mercoledì. Il prezzo del biglietto è di 5 euro intero e 3,5 euro ridotto.

Per informazioni biglietteria Palazzo Medici Riccardi tel. 055.2760340 o Ufficio Informazioni Turistiche 055 290832/3.

Sotto gli auspici del Ministro della Cultura della Repubblica di Croazia, S. E. Božo Biškupic e del Presidente della Provincia di Firenze, Matteo Renzi

Organizzazione della Mostra: Assessorato alla Cultura e al Turismo della Provincia di Firenze.
Direzione scientifica: Cristina Acidini, Maurizio Michelucci.

Comitato tecnico-scientifico:
Cristina Acidini - Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure.
Alessandro Belisario -Dirigente dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo della Provincia di Firenze.
Miljenko Domijan - Capo Conservatore del Ministero della Cultura della Croazia.
Iskra Karniš - Capo del Dipartimento Didattica, Formazione Tecnica e rapporti internazionali dell’Istituto Croato per il Restauro.
Ferdinand Meder- Direttore dell’Istituto Croato per il Restauro.
Maurizio Michelucci - Docente di storia e tecnica del restauro nell’Università di Pisa; già direttore del Settore archeologico dell’Opificio delle Pietre Dure.
Daniela Pinna - Direttore del laboratorio scientifico dell’Opificio delle Pietre Dure.
Piero Pruneti - Direttore della rivista “Archeologia Viva”.
Vincenzo Saladino- Docente di archeologia greca nella Università di Firenze



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