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Cosa sono le Corti Islamiche?


Di Marina Minasola

Qualcuno di voi, cari lettori, è riuscito a capire veramente cosa sono queste Corti islamiche di cui, da giugno ad ora, abbiamo tanto spesso sentito parlare? Intorno a questo argomento, come troppo spesso accade a causa delle semplificazioni fatte dai media, regna sovrana un'enorme confusione: si tratta di gruppi terroristici? Sono un governo ufficiale? Sono pericolose per l’occidente? C’è un capo? Sono qualcosa di unitario, un gruppo organizzato? E’ un fenomeno circoscritto alla sola Somalia? Odiano l’Italia ed ed è per questo che sono collegate all’omicidio di Suor Leonella e alla profanazione del nostro cimitero a Mogadiscio? Bene, nei limiti di quanto mi è possibile, la mia speranza è quella di riuscire a fornire con questo approfondimento i mezzi per rispondere a tali interrogativi.

Come è buona norma per capire le radici di un problema, è opportuno fare riferimento ad un breve quadro storico del Paese dove si è sviluppato il fenomeno delle Corti: la Somalia. Per questo motivo suggerisco al lettore di dare una scorsa ai numerosi articoli sull'argomento pubblicati in questo numero. Io ricorderò solamente che i rapporti tra Somalia e Arabi si possono fare risalire a prima del '900 e che la situazione attuale è frutto di 15 anni di guerra civile ... e di forti tensioni tra un Governo Federale di Transizione dei cosiddetti “signori della guerra” riconosciuto dalla comunità internazionale e del Governo di fatto del Paese, quello delle Corti Islamiche, al potere dal 5 giugno di quest’anno.

La situazione di Mogadiscio è particolarmente pericolosa per diversi ordini di motivi: Innanzitutto attrae l’interesse della comunità internazionale soprattutto per ragioni riguardanti la sfera economica, la città infatti attualmente non è regolata da tasse a causa dell'effettiva assenza di un governo, quindi è centro di interesse mondiale per la possibilità di un business particolarmente vantaggioso. Mogadiscio è considerata un esempio di anarco-capitalismo, è leader indiscussa nell’Africa Orientale nelle telecomunicazioni e in internet. E se quindi tutte le ipotesi degli americani su un paese talebanizzato, un nuovo Afghanistan, un complice di Al Quaeda, fossero solo stratagemmi per impossessarsi di un ennesimo colosso economico? Non possiamo saperlo, il dubbio è legittimo, ma c’è da dire però che la situazione rimane in ogni caso insidiosa dato che i disordini all’interno del territorio somalo non possono per forza di cose rimanere circoscritti a questo solo Stato, esistono infatti collegamenti stradali tra varie località somale, keniote e etiopi.

Per essere onesti intellettualmente non va fatto poi il solito errore di noi occidentali di fare per tutto ciò che è islamico di ogni erba un fascio: le stesse Corti islamiche, infatti, va ricordato che ora sono divise in almeno 12 correnti e il loro numero non fa che aumentare. Va detto quindi che i moderati sembrano essere la maggioranza. Gli oltranzisti tuttavia cercano di far saltare tutti gli accordi tra le diverse fazioni, specialmente quelli tra i nuovi padroni di Mogadiscio e il Governo Federale di Transizione di Yussuf. Il gruppo più oltranzista, quello che sembra avere organizzato sia la devastazione del Cimitero sia l’assassinio di Suor Leonella, è il gruppo shabah che adesso pare volersi impadronire della struttura di Sos Children, l’ospedale pediatrico, la maternità e il «Villaggio del fanciullo» con l’unica scuola non coranica del Paese.

La paura degli Stati Uniti è che “i jiahadisti recluteranno sempre più tra la popolazione disperata e malcontenta e l’attuazione di un attentato spettacolare contro gli interessi stranieri in Somalia non sarà che questione di tempo”, “La minaccia di un terrorismo jihadista in Somalia è reale”, scrive l’agenzia Fides. "Dal 2003 la Somalia ha conosciuto una forte crescita di gruppi jihadisti legati ad Al Qaeda", sostiene l'International Crisis Group (Icg).

La speranza è che queste paure siano infondate e che all’interno delle Corti riesca a prendere il sopravvento la fazione moderata, che, come la maggior parte della popolazione somala e islamica, condivide valori quali la solidarietà, la tolleranza, il rispetto del diverso e la non violenza.
Questo si può leggere anche nelle parole di alcuni importanti esponenti delle Corti: il loro leader, Hassan Dahir Aweys, ha infatti dichiarato che “le agenzie e le associazioni umanitarie sono benevenute”, e tocca proprio a loro aiutare questo paese che è stato travagliato da 15 anni di guerra civile. "Il fondamentalismo non appartiene alla tradizione somala", hanno fatto scrivere le Corti su un sito internet prendendo anche le distanze da Al Quaeda. Crederci? Nuovo Afghanistan o nuovo Iraq? Intervenire? Dubitare più delle Corti o degli Americani? Questi sono gli interrogativi di sempre, ad ognuno spetta dare risposte individuali.

Argomenti:   #africa ,        #eritrea ,        #geopolitica ,        #islam ,        #somalia



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