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I turisti e Venezia


Di Cricio


Venezia ed i turisti: un rapporto denso di contraddizioni e di problemi, ma oggi i turisti sono la vita della città.

Come si arriva a Venezia li puoi vedere ovunque. Scendi dal treno e la stazione ne è piena. Li si riconosce a vista, dal modo di vestire, dalle grandi borse e dalle valige enormi che scorrono sulle rotelline. Poveretti non sanno cosa li aspetta a Venezia. Salire e scendere dai ponti con quegli aggeggi è una fatica enorme. Ma loro non lo sanno e sono sorridenti, felici di essere approdati finalmente nella “perla della laguna”.
Li vedi che si muovono in grandi flussi ordinati lungo i marciapiedi della stazione, negli atri, con il viso sorridente, perché hanno finalmente raggiunto la loro meta: hanno messo finalmente piede sulla città sull’acqua. Ma oltre il sorriso leggi anche qualche perplessità: dove devo andare ora? Chi ha le valige con le rotelline trova la prima avvisaglia delle difficoltà proprio nel superare la scalinata della stazione per raggiungere il piazzale e da lì capire cosa fare.

Già, chi scende da quei gradini se va a piedi verso la sua meta non ha grandi problemi, basta che consulti la sua cartina di Venezia: le vie a disposizione non sono molte, o si supera il Canal Grande attraverso il “Ponte degli Scalzi” o si prende la via verso San Marco.
L’alternativa è il vaporetto, o il motoscafo-taxi per chi è disposto a spendere di più e la gondola per i più romantici.

Se si scelgono i mezzi più costosi la soluzione è semplice, basta andare all’apposito imbarcadero, ben segnalato, e tutto è fatto.
Non è così se si opta, come fanno quasi tutti, per il mezzo più popolare: il vaporetto. Questo non è particolarmente economico per i turisti, ma è pur sempre quello meno costoso.
Una scelta opportuna è acquistare un abbonamento, il costo diventa accettabile ed è una gran comodità perché permette di andare dove si vuole quando si vuole. È una specie di polizza contro la stanchezza, che per chi gira per Venezia è molto facile. Quando si è stanchi si prende il vaporetto, ci si siede su una panca e ci si lascia cullare dal suo movimento; dopo un certo tempo, riposati, si può così ritornare a terra in un altro posto, da dove riprendere l’esplorazione della città.

Ma c’è un problema da superare la prima volta, quando hai una meta precisa da raggiungere dove lasciare i tuoi ingombranti bagagli: quale è l’imbarcadero giusto, quale è la linea utile?
La cosa non è così semplice da capire, vi sono più imbarcaderi e i numeri delle linea ben visibili sono ripetuti su diversi imbarcaderi, perché attraccano in posti diversi a secondo delle direzioni. Per leggere il dettaglio del percorso e capire se quella è la direzione giusta, ci si deve mettere in fila e aspettare che il cartello sia leggibile, per poi scoprire ovviamente di aver scelto l’imbarcadero sbagliato.

Se le indicazioni fossero più chiare non ci si perderebbe certo in qualità, ma si sa che in Italia i cartelli indicatori sono un sottoprodotto degli ingegneri del traffico, che ovviamente non ammettono l’ignoranza; almeno, sul manuale dell’ingegnere, il loro vangelo, “l’ignoranza” non c’è, quindi per loro non esiste.

Quasi, quasi i cartelli indicatori potrebbero non essere fatti perché se non c’è l’ignoranza che bisogno c’è di cartelli?
Ecco che così, giusto per sottolineare che l’ignoranza non c’è, in campo San Bartolomeo troviamo due cartelli indicatori che mostrano due itinerari opposti per aggiungere apparentemente lo stesso punto: “Piazza Roma”, sembrano due mete diverse.

A Venezia esistono dei percorsi che sono invasi dai turisti che vi si accalcano. Il punto cruciale è sicuramente piazza San Marco. Lì puoi trovare tutti i tipi di turisti, possibili e impossibili.





Stanno seduti sui gradini delle procuratie o affollano la piazza in varie occupazioni: guardano i monumenti e leggono le guide turistiche, si divertono da dare il cibo agli invadenti piccioni, ammirano i prodotti artistici dozzinali delle bancarelle, o semplicemente seduti esausti lasciano fuggire la loro mente in pensieri che nessuno potrà mai conoscere.



Si raggruppano, pazientemente incolonnati in lunghissime file per accedere alla visita ai monumenti, la Basilica di San Marco, il Palazzo Ducale, il Campanile, oppure attenti alle spiegazione fantasmagoriche della guida.
Li ritrovi che si accalcano sulla “riva degli schiavoni” e che si soffermano a guardare il “Ponte dei Sospiri”, confondendo i sospiri d’amore della tradizione romantica di una coppia in gondola nella notte con il gondoliere che canta “la biondina i gondoleta” o, peggio, “sul mare luccica” (che di veneziano non ha nulla), con i sospiri di dolore che hanno dato il nome al ponte; sospiri storicamente reali, dei detenuti del carcere collegati da quel ponte alla sala del tribunale che avrebbe deciso forse della loro morte e della reclusione negli impossibili “piombi”.

Poi ancora frotte di turisti nelle calli vicine, intenti a cercare qualcosa da portare a casa come trofeo. Per questo vi sono innumerevoli negozi di oggetti vari, tra cui moltissimi che vendono maschere e costumi settecenteschi. Botteghe che fanno sognare gli spiriti romantici, ma se in quelle provi ad acquistare qualcosa, poi ti senti molto più leggero nel portafogli; soddisfatto però di poter portare a casa tua un pezzo “autentico” della antica e fantastica Venezia.

Mentre stai osservando le vetrine, ti può capitare di sentire in lontananza canti che si avvicinano velocemente. Non sono di persone a piedi, ma in gondola; cantano e si godono quel meraviglioso momento di ritorno ad essere fanciulli, cullati dalla gondola che scorre veloce e sicura sulle acque del canale, che passa sotto i ponti e sfiora le “fondamenta” piene di turisti appiedati.

Una delle cose che, da turista, non mi hanno mai lascito godere è proprio un romantico viaggio in gondola, nei rii più reconditi, nel silenzio, alla luce della luna piena abbracciato dolcemente alla mia donna. Il movimento della gondola ti culla e da un ritmo particolare nel contatto con la persona amata, che con lo stesso ritmo dell’onda si strige a te.

Anche attorno a Piazza San marco è un calca di turisti, si passa a fatica in fila nelle stette calli, ma girando un angolo, passando un sottoportego, ti ritrovi improvvisamente nella Venezia vera, silenziosa e solitaria di campielli illuminati da una luce abbagliante e di calli buie e silenziose. Questa è Venezia.



Vedi anche:
anno II numero 16 / del 21/09/2006

Per conoscere Venezia bisogna perdersi nelle calli
di Cricio

anno II numero 18 / NOVEMBRE 2006
I ferri di Venezia
di Cricio
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