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 Anno III n° 2 FEBBRAIO 2007    -   LENTE DI INGRADIMENTO



Ridurre i consumi energetici è possibile
Chi dice che le energie alternative sono troppo costose non sa...
Di Lucio Susmel


Quando, in ambienti economici o finanziari, si sollevano gli inquietanti problemi ambientali che sono connessi con il nostro modello di vita e di sviluppo economico, possono succedere due cose: o si è compatiti per aver prestato ascolto alle profezie dei verdi - sotto i quali, com’è noto, si nascondono i rossi - o ci si trova di fronte ad un atteggiamento, talvolta convinto, talvolta ipocrita e ci si sente appellare più o meno così:
“Lei può dire tutto quello che vuole, ma se vogliamo mantenere il nostro stile di vita e la competitività dei nostri prodotti non possiamo che utilizzare la fonte energetica meno costosa che ci sia, e cioè la combustione di petrolio e metano.”
“Lei ha un bel parlare di energie alternative, rinnovabili, pulite: non sono economiche e quindi allontanano dalla competitività chi le usa. Abbiamo avuto una opportunità, noi italiani, con il nucleare. Non l’abbiamo voluto e quindi siamo stati proprio noi a condannarci all’utilizzo di combustibili di origine fossile. Ma non preoccupiamoci più di tanto: la tecnologia ci salverà, controllando ed eliminando le emissioni nocive per il clima e la salute.”

Un discorso assennato, apparentemente. È vero che vi è una stretta correlazione tra il consumo energetico di un Paese ed il reddito prodotto; è vero che il sistema di produzione e distribuzione di energia nei Paesi economicamente più evoluti si basa su petrolio, metano od energia nucleare. È vero però che tali risorse sono in mano a molti governi poco affidabili, politicamente fragili o, nei casi peggiori, destabilizzatori.

Ma non è su questo versante che vorremmo analizzarlo. Vorremmo cercare di capire se proprio sotto il profilo economico possiamo concordare con il sostanziale mantenimento delle strutture di produzione ed utilizzo di energia esistente, magari abbellito da qualche operazione cosmetica. Siamo proprio certi che il modo in cui classifichiamo i costi sia corretto e che si esaurisca nella contabilità industriale del produttore di beni e servizi?

Si sta sempre più affermando il concetto di “contabilità energetica” di un prodotto, che non comprende più solo il costo di energia incorporata nel processo di produzione ma, qualora il prodotto a sua volta assorba energia per il suo funzionamento, anche questo valore. Si ottiene in tal modo il cost of life, il costo della vita, del prodotto scomposto nei suoi vari fattori. E ne escono dei dati interessanti.

Prendiamo non a caso l’indagine dello Stato del Colorado sul ciclo di vita dell’abitazione, valutato in quaranta anni.
Non a caso, perché quasi il 50% dei consumi energetici vengono assorbiti dalle abitazioni, il resto quasi equamente diviso tra industria e trasporti. Ebbene, a conti fatti, il costo per l’energia supera di gran lunga quello della costruzione e i maggiori costi per interventi di progettazione e di impiantistica atti a ridurre drasticamente i consumi energetici si ripagano ampiamente nel tempo, riducendo sensibilmente il costo dell’abitazione nel suo ciclo di utilizzo.

Allora: dal punto di vista strettamente economico conviene di più costruire come adesso, con poca o nulla attenzione ai consumi energetici oppure ridurli con una progettazione attenta al loro massimo contenimento?

Si dice, il costo per un impianto fotovoltaico è alto. Così anche per ognuno degli interventi che puntano o al risparmio energetico o a produzione alternative vi sono obiezioni per il costo dell’investimento, il cui ritorno è posto in un futuro di medio o lungo periodo.
In parte a queste obiezioni si è già risposto prima, in parte c’è da considerare che un aumento di richieste da parte del mercato, aumentando i volumi, abbatterebbe il costo unitario degli interventi e che i costi delle tecnologie diminuiscono nel tempo per i miglioramenti apportati dalla ricerca e la velocità di introduzione di questi miglioramenti aumenta se aumenta l’utilizzo delle tecnologie. In questi casi una domanda pubblica mirata o una politica di incentivi è in grado di indirizzare le imprese.

La Commissione Europea sta già realizzando qualcosa del genere. Infatti è stata avviata e si sta concretando giorno per giorno, seppure nella scarsa comprensione da parte dell’opinione pubblica italiana e temo anche dei politici nostrani, una politica che coniuga sviluppo ed ambiente in termini molto stringenti, tali da determinare vincoli molto forti, ma anche nuove opportunità altrettanto affascinanti.
È già operante la direttiva sul contenimento energetico degli edifici, che – con un mix di incentivi e di penalizzazioni – spinge a costruire edifici a minor consumo di energia; è alle viste una direttiva che si pone l’obiettivo di un contenimento del consumo di energia da parte di tutti i motori elettrici, dal phon alla turbina della nave. Il concetto base è che l’oggetto può anche avere un costo d’acquisto più alto, ma che deve garantire nella sua vita un minor consumo che non solo assorba questo maggior costo, ma determini un minor costo globale tra prezzo di acquisto e costo di esercizio.

In conclusione, industriali e finanzieri debbono mettere in conto che da Bruxelles arrivano e continuano ad arrivare direttive che portano un nuovo modo di considerare il rapporto prodotto–energia, cui sarà necessario (faticosamente) adeguarsi.

Il modello europeo tende da un lato a ridurre i consumi di energia e, dall’altro, a diminuire la dipendenza da petrolio e metano. A giudizio di chi scrive, l’UE potrebbe e dovrebbe maggiormente orientare gli Stati membri ad adottare politiche di sfruttamento delle risorse rinnovabili, promuovendo ricerche e diffondendo la conoscenza delle buone pratiche nella gestione delle diverse tecnologie. Speriamo lo faccia.
Una nota finale sul grande assente, il consumatore e le sue espressioni associate. Troppo impegnate alla lettura corretta delle bollette, all’arrotondamento del centesimo, alla contestazione spicciola stile sindacato anni ottanta, le associazioni dei consumatori sono estranee da un dibattito di cui dovrebbero essere prime protagoniste. Anche qui, speriamo che scendano in campo.



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