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 Anno III n° 2 FEBBRAIO 2007    -   LENTE DI INGRADIMENTO



Ecco la Guerra
Quali sono le guerre in corso? Chi fornisce le armi? Quale è il ruolo di URSS, USA e Cina? Quanto costa la Guerra?
Di Giovanni Gelmini


Sul sito di Pacereporter troviamo:

Conflitti in corso
Oggi si spara, e si muore, in Palestina, Iraq, Afghanistan, Kurdistan, Cecenia, Georgia, Algeria, Ciad, Darfur, Costa d’Avorio, Nigeria, Somalia, Uganda, Burundi, Congo (R.D.), Angola, Pakistan, Kashmir, India, Sri Lanka, Nepal, Birmania, Indonesia, Filippine, Colombia. E non solo. Questi conflitti sono costati la vita, finora, a più di cinque milioni e mezzo di persone.
Se si aggiungono le guerre conclusesi negli ultimi cinque anni (Sierra Leone, Liberia, Sud Sudan, Congo Brazzaville, Eritrea-Etiopia, Casamance) il bilancio delle vittime sale a sette milioni e settecentomila morti.


Questa è la guerra oggi. Una piaga che la politica statunitense guidata da Bush ha reso più ampia e più difficile da arginare.

Dopo l’intervento armato in Iraq si ha assistito ad un allargamento della situazione di conflitto passando da uno scontro tra “patrioti islamici” e “l’infedele invasore” identificato essenzialmente nello stato di Israele e gli USA, ad una estensione della qualifica di “infedeli invasori” a tutti i paesi occidentali. Ma la cosa più grave è l’esplosione della guerra “santa” tra sciiti e sunniti, che destabilizza tutto il Medio oriente e l’Asia Occidentale.
È recente la analisi che identifica in Iraq quattro guerre in contemporanea.
L’impressione che si sia entrati nella “terza guerra mondiale” si va facendo sempre più sentita, ma non quella invocata da Bush contro il terrorismo, ma una vera, che pervade tutta la terra tra integralisti e il resto del mondo.

Cosa siano le guerre tutti lo sanno, ma sfogliando le schede presenti sul sito di Pacereporter possiamo tentare una sintesi dei caratteri comuni a quelle di oggi: in quasi tutte sembra esserci alla base la ribellione di un gruppo verso il potere che opprime. Raro è il contenzioso territoriale tra due Stati come è stato per la guerra Etiopia – Eritrea, ma in effetti in tutte ritroviamo l’esistenza, dove avviene il conflitto, di risorse o di passaggi strategici da controllare, petrolio o droghe. Si tratta quindi quasi sempre di una lotta di potere.

Ma per fare la guerra occorrono le armi. Chi sono i fornitori di armi?
Vi sono due tipi di fornitori, gli Stati e i commercianti più o meno occulti. È ovvio che si conoscono in modo preciso gli Stati che appoggiano le guerre, mentre gli appoggi occulti sono… occulti, appunto.
Gli Stati che vendono armi non sono moltissimi: una cinquantina in tutto. E qui incominciano le sorprese. Il paese più coinvolto nelle guerre è L’Unione Sovietica, che appoggia 14 guerre, seguita molto vicino da USA e Gran Bretagna (12), quindi Cina (8), Francia e Israele (6).
Da un punto di vista territoriale la Cina appoggia solo conflitti vicino ai suoi confini e in Africa, mentre tutti gli altri principali fornitori di appoggio alle guerre operano su tutto il globo.

La logica dei blocchi contrapposto farebbe pensare che gli USA si trovino in contrapposizione a URSS e Cina, ed invece no. In genere tutti i paesi appoggiano il Governo legittimo, mentre i “ribelli” spesso non si sa da dove prendono le armi, in molti casi sembra che usino le rami razziate all’esercito regolare, ma è evidente che questo non basta per tenere aperti conflitti sanguinosi.
Sicuramente il primo fornitore di armi ai ribelli è Al Queda, ma anche paesi africani come lo Zimbawe, Liberia, Burkina Fasu, Sierra Leone, Sudan, Uganda ed in Asia il Pakistan e la Cambogia. Altri, come l’Iran appoggiano fornendo soldi e non armi.

Quanto vale questo flusso di armi?

Difficile avere cifre sicure, anche perché troppi sono i traffici occulti ed illeciti. Da una valutazione fatta dall’IISS (International Institute for Strategic Studies) la spesa militare mondiale nel 1999 è stata di 809 miliardi di dollari e nel 2000 si dovrebbe essere attestata sulla stessa cifra, ma la guerra costa molto di più. E nel 2000 non era ancora scoppiata la guerra in Iraq

Se è difficile sapere quanto vale il commercio di armi è ancora più difficile sapere quanto costa la guerra. Anche perché vi sono due costi: quello degli eserciti, quello della distruzione del territorio e del mancato reddito.

Sulla guerra un Iraq sono state fatte analisi e ci permettono di avere una idea di questo costo.

Gli Stati Uniti dal 23 marzo 2003 hanno speso 364 miliardi di dollari. A questi si devono aggiungere le spese sostenute dagli alleati e dagli altri stati che hanno inviato missioni.
Poi i costi sostenuti dalle milizie oppositrici.

Ma non è tutto qui. Vi è un paese distrutto.

Un economista, Colin Rowat, uno specialista di economia irachena all’Università di Birmingham in Gran Bretagna, ha provato a fare dei calcoli basandosi sui dati del Fondo Monetario Internazionale (Fmi). I suoi calcoli hanno portato a valutare un costo almeno pari a 24 miliardi di dollari di minor reddito.

A cui si devono aggiungere i costi della futura ricostruzione.

Ma non possiamo non pensare al costo umano. Secondo l´Università americana John Hopkins, sarebbero 655 mila i civili, iracheni e non, che hanno perso la vita dall´inizio della guerra. Una cifra enorme che inibisce qualsiasi commento. Inoltre ci sarebbero 754 mila iracheni sfollati. Giusto per la cronaca le cifre ufficiali sono nettamente inferiori, secondo gli Stati Uniti la stima è di dieci volte inferiore, ma restano comunque cifre strabilianti che innalzano il costo della guerra a cifre stratosferiche. Ai morti civili si devono aggiungere i militari morti, che sono molti meno, ma che rappresentano comunque alcune migliaia di vite umane.

A questo punto è difficilissimo fare una valutazione dei costi di questa guerra, ma essi nei tre anni sono sicuramente di gran lunga superiori ai 1.000 miliardi di dollari. Una cifra raccapricciante se pensiamo che sono soldi per la morte.

Se raffrontiamo il costo militare a quello totale vediamo che il costo totale è almeno tre volte il costo militare, ma il costo militare è inferiore a quello del traffico di armamenti indotto perché la maggior parte delle armi è di produzione diretta americana o proviene dai depositi del vecchio regime iracheno.
Se questi sono i numeri e il traffico di armi mondiale nel 2000 era di 800 milioni di dollari l’ipotesi che le guerre nel mondo provochino una consumo di capitali abbondantemente superiore ai 3.000 milioni di dollari annuo è sicuramente una ipotesi realistica.

Ma la guerra non si ferma, sembra che il conflitto mediorientale sia pronto ad allargarsi fino all’Iran e che gli Stati Uniti siano pronti a far ripartire la rincorsa delle armi nucleari.



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