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 Anno III n° 2 FEBBRAIO 2007    -   LENTE DI INGRADIMENTO



Le energie alternative: tra realtà e leggenda
I cambiamenti sono difficili, tutto ha effetti positivi e negativi, ma gli interessi tendono ad amplificare quelli positivi e nascondono quelli negativi
Di Cricio


Da moltissimo ormai si parla di energie alternative al petrolio. La prima energia di cui si discute è quella nucleare. L’argomento è già stato affrontato più volte e il dibattito è ampio tra il fronte del “Si” e quello del “No”: mostra come per qualunque scelta che siamo chiamati a fare vi sono elementi favorevoli e elementi negativi. Chi è favorevole troppo spesso sminuisce i fattori negativi, dicendo che i vantaggi sono comunque notevoli, ma quando si tratta di sicurezza e di problemi di smaltimento dei rifiuti, questi non possono essere compensati dai vantaggi, perché sono problemi che perdurano nel tempo e, come per il petrolio, rimandano i rischi a dopo, magari con scarse possibilità di intervenire. Quando ci si accorge del danno è tardi ed è difficile porre riparo. In questo caso io credo sia meglio non utilizzare quel tipo di fonte energetica.

La prima forma di “energia alternativa” da usare è il risparmio energetico, questo non è dannoso, non rilascia scorie, non rimanda al futuro la soluzione dei problemi. Le dimensioni energetiche del risparmio sono notevolissime possono raggiungere anche il 50% dei consumi attuali se pensiamo ad eliminare anche i sistemi eccessivamente costosi, come il motore a scoppio, il trasporto individuale, da ridurre drasticamente per passare al collettivo, l’esigenza di mobilità attraverso l’uso delle comunicazioni più moderne, la produzione di energia per il riscaldamento tramite combustione (per essere chiari: le caldaie degli impianti di riscaldamento).

Poi vengono tutte le energia prodotte da fonti che in ogni caso ne producono, che le si utilizzi o no, chiamate anche rinnovabili. Alcune sono già utilizzate, ma porrebbero trovare un ulteriore sviluppo. Tra le più antiche abbiamo i salti d’acqua, il vento, l’energia geotermica e il sole nelle sua forma “termica”; è invece recente il fotovoltaico.

Come detto tutte hanno pregi e difetti, quindi l’ideale non è puntare su una sola energia, ma usare un mix che ottimizzi i pregi e riduca i difetti a livelli sopportabili. Una cosa che dobbiamo dire è che tutte le forme di energia citate hanno degli “sponsor”, che non sono semplicemente persone convinte che queste siano il meglio, ma sono persone che hanno interessi economici specifici nelle tecnologie a loro legate.
Dietro alle tecnologie ci sono brevetti ed investimenti fatti nel know-how. È più che logico che chi ha investito faccia di tutto per far rendere il suo investimento. Quando sentiamo chi parla a favore dobbiamo capire quanto è influenzato da queste propagande interessate. Anche i movimenti ambientalisti hanno legami con chi possiede tecnologie e quindi spesso sostengono un solo ventaglio mostrando solo le parti più vantaggiose e mettendo nell’ombra i difetti. Due casi sono emblematici di questo comportamento: quello dell’idrogeno e dei bio-carburanti.

Per l’idrogeno c’è da dire innanzitutto che non è una fonte energetica primaria, ma che è un carrier energetico, permette cioè di “inglobare” energia per poi rilasciarla quando serve. Già questo ci dice che, come avviene per tutte le trasformazioni, nell’uso dell’idrogeno si ha una perdita di energia per produrlo e quindi non è certo la soluzione per tutti gli utilizzi.

Per produrlo ci vuole una grande quantità di energia e dove la prendiamo?

Quindi il problema si ripropone e non è certo l’idrogeno a risolverlo. Oggi l’idrogeno è prodotto quasi esclusivamente da petrolio nel cracker.
Chi sostiene l’idrogeno? In primis i produttori di autoveicoli che intendono così prolungare la vita dei loro prodotti, poi i nuclearisti, infatti l’energia nucleare è in grado di produrre le quantità necessarie per alimentare le celle elettrolitiche per la produzione di idrogeno da acqua, ma se invece ragionassimo nel senso di ridurre l’esigenza del trasporto su gomma, specialmente per le lunghe percorrenze, non avremmo bisogno di idrogeno e di convivere con la sua pericolosità e la possibile riduzione dell’ozono nella stratosfera causato delle inevitabili perdite di questo gas leggerissimo.

Riguardo ai bio-carburanti, abbiamo che sono interessati a questa alterativa ancora i produttori di automezzi, per gli stessi motivi sopra detti, ed i petrolieri: infatti già i governi pensano di aggiungere prodotti combustibili provenienti dall’agricoltura non per ridurre le emissioni di CO2 globale, ma per ridurne la quota proveniente da combustibili fossili. Vorrei ricordare anche che i bio-carburanti non hanno nessuna influenza sulle emissioni di polveri sottili.

Il ragionamento fatto può essere sicuramente una via di transizione, ma non può essere l’alternativa di lungo periodo. La via è sicuramente ridurre drasticamente il sistema attuale del trasporto introducendo tecnologie diverse dal motore a scoppio.

Il prodotti bio-energetici hanno poi altri problemi. Di per se stessi vanno benissimo se si utilizzano prodotti di scarto dell’agricoltura, delle lavorazioni alimentari o se si utilizzano terreni non adatti per altre coltivazioni, ma non sono certo la via giusta se si pensa di disboscare, come invece sta avvenendo in Cina ed in Sud America, o di sottrarre terreno o acqua alle coltivazioni alimentari, specialmente dove c’è la necessità di produrre per l’alimentazione umana.

È un fatto accertato già oggi che una delle limitazioni di prodotti alimentari per l’uomo, soprattutto nel Terzo Mondo, è la destinazione di enormi estensioni di terreno arabile per le coltivazione di cereali ad uso zootecnico... Così, per produrre carne bovina e suina, pollame e altri di tipi di bestiame, la popolazione povera locale muore di fame.
È sicuramente un'utopia, ma è opportuno per mettere in rilievo le contraddizioni di questo modo di concepire la società, sottolineare che se i cereali destinati all'alimentazione del bestiame venissero impiegati direttamente nell'alimentazione umana, potrebbero nutrire oltre 2 miliardi e mezzo di persone, cioè circa la metà della popolazione del mondo. Ecco che anche in questo caso la proprietà delle tecnologie di produzione distorce le necessità. Infatti le grandi multinazionali che producono semi e prodotti chimici per l'agricoltura, allevano bestiame e controllano i mattatoi non possono non nutrire interesse nei confronti del bestiame allevato a cereali. Ma la carne è così necessaria?

Queste sono le domande che dobbiamo porci, noi siamo abituati, per l’interesse pure legittimo dei produttori, a ragionare di ampliare sempre l’uso delle cose che usiamo, cercando di migliorarne casomai l’efficienza, invece troppe volte le soluzione vere sono drastiche e impongono di cambiare completamente la tecnologia o addirittura il modo di soddisfare la nostra necessità.

Per concludere una curiosità: la maggior parte dei brevetti sul fotovoltaico sono in mano dei petrolieri, questo induce una domanda retorica, perché?



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