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 Anno III n° 2 FEBBRAIO 2007    -   LENTE DI INGRADIMENTO


Il primo cavaliere
La ‘Peste’ cavalca veloce nella globalizzazione
Interessi economici, fattori ambientali e demografici: le epidemie nel mondo avanzano sempre più incalzanti
Di Anna Cosseddu


Malaria, AIDS, tubercolosi, malattie diarroiche. Nonostante i progressi della medicina siano costanti, nonostante esistano vaccini, farmaci, si conoscano test per le diagnosi e terapie, su 56 milioni di morti che si verificano ogni anno, 15 milioni sono ancora provocate da malattie infettive.

Soprattutto per i popoli più svantaggiati del pianeta questa è forse la barriera più imponente che li allontana dal raggiungimento di livelli di salute basilari e ad alla conseguente qualità di vita; l'impatto di queste malattie sui paesi a basso reddito è infatti molto maggiore che nelle nazioni industrializzate: se in Europa e negli Stati Uniti i morti di malattie infettive sono solo il 10% del totale, in Asia e in America Latina sono circa il 40% e in Africa sono il 70%.

«Li definiamo "problemi senza passaporto – dichiara la Sezione Informazione del Fondo Globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria dell’Unicef - perché continuano a diffondersi senza alcun tipo di controllo, minacciando intere economie e minano potenzialmente il benessere del mondo intero». Disgregazione sociale, infatti, instabilità politica e ostacoli quasi insormontabili alla stabilità economica e allo sviluppo sostenibile sono i maggiori problemi che le epidemie portano con sé. Le popolazioni con minori prospettive per il futuro esitano ad investire in istruzione e vengono influenzate in tutte le decisioni economiche, sia nel breve che nel lungo periodo. Le epidemie inoltre peggiorano drammaticamente la qualità della vita delle persone colpite e fanno si che la fascia di popolazione attiva si contragga, portando alla diminuzione del rendimento sul lavoro ed al deterioramento degli equilibri sociali della comunità.

Ma quali sono le cause? «C'e' innanzitutto il fattore economico, - secondo Mario Raviglione, dell'Organizzazione Mondiale della Sanita' (Oms), intervenuto al Convegno internazionale sugli aspetti pastorali della cura delle malattie infettive tenutosi in vaticano lo scorso novembre - e gli investimenti nella ricerca di nuovi strumenti terapeutici che non sono ancora sufficienti o non ancora indirizzati sulle emergenze dei paesi in via di sviluppo, oltre all'esportazione in tutto il mondo di diversi alimenti, che fungono da veicolo per molte malattie».

Le multinazionali farmaceutiche dell’Europa e del Nordamerica, che gestiscono un terzo del mercato mondiale dell'industria farmaceutica, non investono infatti nella ricerca e sviluppo di quelle malattie che non sono endemiche nei loro territori. Le terapie per la cura dell’ AIDS ne sono un esempio: le maggiori industrie biotecnologiche indirizzano le loro ricerche sul ceppo B dell' HIV, quello più diffuso in Europa e negli Stati Uniti, nonostante più del 50% della popolazione mondiale affetta da Hiv sia affetta dal sottotipo C; oltre a questo, l’associazione Medici Senza Frontiere denuncia che uno dei motivi per cui la metà dei bambini malati di HIV/AIDS muoiono prima dei due anni è il fatto che le case farmaceutiche non producono versioni pediatriche dei loro farmaci contro l’AIDS: «Nove bambini su dieci che nascono con l’ HIV vivono in Africa. Poiché le possibilità di profitto da test e farmaci per i bambini nei paesi poveri sono limitate, poche case farmaceutiche investono nella ricerca e sviluppo in questo settore».

«Accanto a questo – continua Raviglione - vi sono anche fattori ambientali, come l'effetto serra, la deforestazione e una cattiva gestione delle acque, fattori demografici, quali le migrazioni, un sempre maggiore turismo e la maggiore urbanizzazione».

La globalizzazione insomma è la maggiore causa della così alta diffusione di epidemie nel mondo.

Nel gennaio 2002 esperti di sviluppo, economia, salute pubblica, organizzazioni non governative, rappresentanti della comunità dei sieropositivi, OMS, Banca Mondiale, UNAIDS e donatori bilaterali hanno istituito un Fondo Globale con l'obiettivo di aumentare la spesa complessiva per la salute pubblica. Perché un numero di interventi per prevenire e curare le più pericolose malattie infettive sono stati individuati dagli esperti di salute pubblica negli ultimi trent’anni, e con l’investimento di risorse sufficienti sarebbe possibile cambiare il corso di questi flagelli sanitari. Tre mesi dopo la sua creazione il Fondo Globale ha approvato il primo bilancio che prevedeva 36 erogazioni di fondi per combattere le tre malattie. Da allora sono state approvate altre quattro emissioni di finanziamento, portando il totale dei fondi stanziati (alla data del 22 gennaio 2006) a 4,9 miliardi di dollari USA destinati a programmi in 131 paesi.

Per fermare la corsa delle malattie endemiche è necessario non solo una sforzo economico, ma anche uno sforzo culturale, che porti l’attenzione della ricerca sui temi diffusi e non solo sui temi redditizi, che preservi il sistema naturale non dilapidando le risorse del territorio in investimenti che in prospettiva ampliano la desertificazione con tutti i problemi ad essa connessi.



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