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Il problema dell’Ambiente

I danni del riscaldamento ambientale sono immensi e oggi sono da tutti avvertibili. È necessario un cambiamento, ma come e quale? Non c'è solo il problema dei gas serra

Di Giacomo Nigro

Il riscaldamento globale potrebbe costare all'Europa migliaia di vite e miliardi di euro entro i prossimi 70 anni. È impietoso lo studio sulla situazione climatica e ambientale elaborato dalla Commissione europea e pubblicato nelle scorse settimane dal Financial Times. Tanto impietoso da lasciare pochi margini al dubbio, tra cifre e prospetti che delineano un quadro da film del terrore. Se non saranno presi provvedimenti sulle emissioni dannose, ammonisce infatti Bruxelles, l'effetto serra e il relativo surriscaldamento del pianeta andranno avanti velocemente.

Si teorizza che l’impatto delle variazioni climatiche saranno devastanti anche per l’economia globale, come ha riferito di recente il governo britannico. L’economia del mondo potrebbe subire nel peggiore dei casi una riduzione del 20%, secondo Sir Nicholas Stern, economista ed ex dirigente della Banca Mondiale, le regioni in via di sviluppo saranno le più colpite.

Le prime avvisaglie del clima bizzarro, d'altra parte, sono sotto gli occhi di tutti. Le temperature al di sopra della media confondono la vegetazione con uno sfasamento stagionale, è a quanto afferma la Coldiretti, sono infatti già comparse le fioriture primaverili di primule sugli Appenini, di mimose in Liguria e di mandorli nel centro Sud. Il rischio, sempre secondo la Coldiretti, è che la fioritura anticipata di mimose e altri fiori li renda indisponibili per le ricorrenze tradizionali di San Valentino e della Festa della donna.

Le possibili conseguenze per l'Europa, secondo il rapporto, investono ogni settore e andrebbero a colpire in particolare le aree meridionali del continente, con l'Italia in prima fila. Mentre il Nord Europa avrebbe un clima più mite e la possibilità di un'agricoltura più generosa, altrove si avrebbero siccità, gran caldo, inondazioni e colture depresse.

Sulla base dello studio ambientale, elaborato anche con sistemi satellitari, il rapporto UE evidenzia due possibili scenari di riferimento. Il primo prevede un innalzamento della temperatura di 2,2 gradi; il secondo, più tragico, prevede un innalzamento di 3 gradi. In entrambi i casi, entro un decennio, circa 11.000 persone in più potrebbero morire ogni anno a causa del caldo, mentre l'innalzamento del livello del mare causerebbe danni per un valore di miliardi di euro. Successivamente, nel caso del primo scenario (+2,2 gradi), quasi 29.000 persone in più potrebbero morire ogni anno nel Sud Europa dal 2071.

Per Costanzo Jannotti Pecci, presidente della Federturismo-Confindustria, il turismo italiano saprà resistere perché non è solo legato a fattori climatici. Le nostre peculiarità, insiste Jannotti Pecci, sono la storia, la cultura, le bellezze del paese, l'arte e il cibo. Molto singolare questa posizione, ma comprensibile tenuto conto che il turismo genera il 6 per cento del Pil italiano. Chi vorrebbe rinunciare a cuor leggero ad una simile vacca grassa? Ma se le posizioni eccessivamente allarmiste rischiano di non far prendere sul serio il problema, questo tipo di presa di posizione pressappochista e difensiva è quantomeno distorsiva e rende difficile il compito a chi vuol far comprendere le difficoltà provocate dal peggioramento del clima ipotizzato dalla Commissione ambientale di Bruxelles.

L’adeguamento costerà diversi miliardi di dollari e l’Olanda ritiene necessario spendere ogni anno dall’uno al tre per cento del suo PIL per adeguarsi alle nuove condizioni dettate dal cambiamento climatico. In Bangladesh, paese, analogamente all’Olanda, basso rispetto al livello del mare, saranno necessari aiuti similari per allontanare i rischi peggiori, ha dichiarato, Steve Sawyer di Greenpeace International, durante la grande conferenza Onu sul cambiamento climatico tenutasi Nairobi nel novembre scorso. Senza imponenti riduzioni delle emissioni inquinanti i costi raggiungeranno rapidamente livelli ingestibili.

I Rapporti dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), organismo scientifico dell'ONU sui cambiamenti climatici, mettono in relazione il riscaldamento dell'atmosfera degli ultimi 50 anni con l'incremento della concentrazione dei gas serra. L'80% delle emissioni di anidride carbonica, il principale gas serra, proviene da combustibili fossili: petrolio, metano e carbone.

I combustibili fossili sono utilizzati per la produzione della maggior parte dell'energia elettrica consumata quotidianamente. Nox (NO2 e ossidi di azoto), SO2, CO, PM10, smog, gas di scarico: i più pericolosi inquinanti per l'ambiente e la salute sono emessi, a tonnellate, da industrie, veicoli, riscaldamento, da tutte le attività alimentate a combustibili fossili

Quali sono i costi in termine di salute umana e salute del Pianeta? Problemi respiratori, danni ai polmoni, correlazione con, un altro pericolo, il diradamento dell'ozono a livello terrestre. Piogge acide che causano deforestazione e spoliazione dei boschi, danni all'agricoltura e alle città.
Il CO, il monossido di carbonio, è il più subdolo componente dello smog. Emesso dai motori a scoppio, blocca l'ossigenazione del sangue e, in locali chiusi, porta all'asfissia. I PM-10 sono le polveri da combustione che grazie al piccolo diametro (fino a 10 µm) possono arrivare alle vie respiratorie più profonde portandosi dietro sostanze altamente inquinanti. L'impatto dell'inquinamento da PM-10, secondo un recente studio OMS condotto nelle 8 maggiori città italiane, ha rivelato che nella popolazione di oltre trenta anni il 4,7% di tutti i decessi è attribuibile a concentrazioni di PM-10 superiori a 30µg/m3.

Portando le polveri sottili a livelli accettabili nelle nostre città, si potrebbero prevenire circa 3.500 morti all'anno (oltre a migliaia di ricoveri per cause respiratorie e cardiovascolari e decine di migliaia di casi di bronchite acuta e asma fra i bambini al di sotto dei quindici anni). I PM sono originati da industrie, apparecchiature e mezzi in movimento, dai motori dei veicoli, dai generatori, dagli stabilimenti industriali.

Quindi, al di là di facili allarmismi e pericolose sottovalutazioni, credo sia il caso di cominciare a pensare al protocollo di Kyoto quale indispensabile prima pietra in una costruzione di collaborazioni internazionali con le quali vengano messe a punto misure rapide, drastiche se è il caso, ma soprattutto efficaci. Troppe volte abbiamo assistito a virtuose prese di posizione a cui non è seguito alcun provvedimento concreto.

Occorre fare, da parte di ognuno di noi, un passo indietro nello sviluppo, una decrescita felice, è necessaria, a partire dalla riduzione del trasporto privato che passi attraverso il rafforzamento di quello pubblico e a minor impatto ambientale. Più tram, treni, metropolitane meno autobus per il trasporto delle persone e camion per il trasporto delle merci. Più teleriscaldamento meno impianti autonomi, insomma dal basso si può dare l’esempio. Rinunciamo a qualche comodità e otterremo un miglioramento dell’aria che respiriamo e il clima tornerà ad essere savio variando con un ritmo più naturale.

Argomenti:   #ambiente ,        #economia ,        #europa ,        #globo ,        #inquinamento ,        #riscaldamento



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