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 Anno III n° 3 MARZO 2007    -   TERZA PAGINA


Come sono nate le parole che passano per la vostra bocca
Pillole di Etimologia: droghe, dal caffè agli... assassini

Di Qoèlet


Perché l’etimologia non sia un tedioso studio di termini morti o astratti, dispersi nei fumosi meandri della storia, parliamo oggi dell’origine dei nomi degli stupefacenti più conosciuti, più comunemente detti droghe.

La parola droga, uno di quei termini sparsi come spore in diversi ceppi linguistici, e simili in diverse lingue (vedasi l’inglese drug), viene dal nord.
D’importazione olandese, appare nella lingua italiana grazie allo sviluppo mercantile e marittimo delle Province Unite, nel XVII secolo ancora tese dal conflitto con la Spagna per l’indipendenza, ma già conosciute come fiorente porto di scambio e crocevia nei mari. È proprio in questo periodo che nasce la famosa Compagnia delle Indie Orientali, ed è dall’Oriente che l’Olanda importa in Europa. Ma cosa importa?
La parola drug, antecedente al corrispettivo italiano, viene dall’inglese dry, “secco” – che viene a sua volta dall’antico norreno, lingua madre di gran parte del dizionario inglese, drangr, “legno arido”.
La droga, difatti, è la pianta secca riservata agli usi della farmacia e della cucina (le spezie, in questo panorama, sono droghe speciali, speciali miscugli di specie di droghe scelte per eccellenza).
Non esisteva ancora, ai tempi, una classificazione legale e farmaceutica che suddividesse le sostanze sulla base dell’effetto dei principi attivi. Parliamo d’altro canto di un secolo in cui colui che ti tagliava i capelli era la stessa persona che aveva operato la ferita alla gamba che tuo cugino si era fatto cadendo in un fosso. Non c’era spesso differenza, nella concezione popolare, tra cibo e sostanza stupefacente. Si poteva però, con tono stupefatto, parlare di una bevanda che aveva la facoltà di tenere svegli.
Così fece l’ambasciatore veneziano a Instanbul, che riferì al Senato dell’abitudine turca di bere “un’acqua nera, molto calda, tratta da un seme chiamato kahavé, che consente di non addormentarsi”.
Ed ecco che il caffè, nel 1638, entra in Italia.
(Nel 1720 un certo Floriano Francesconi fondò il più famoso coffee bar d’oggi a Venezia, ma questa è un’altra storia.)

Molto più antica è la storia dell’hashish, che nasce e si perde in leggende.
In questa leggenda c’è un Vecchio della Montagna, saggio come si confà a ogni vecchio che in una leggenda stia su una montagna. Saggio e potente.
Dal suo trono tra Damasco e Antiochia, egli ha la capacità di far visitare il Paradiso.
Leggenda narra, ad essa c’appelleremo, che per lui venissero rapiti baldi giovani, che al risveglio conseguente alla botta che sicuramente avranno preso in testa, si trovavano in questo stupendo giardino profumato, con ruscelli di limpidissima acqua e fanciulle e fanciulle, belle come mai ne aveva viste prima e mai avrebbe potuto credere di vederne, lì solo per lui. Era o non era, quello, il Paradiso?
Ma il Paradiso va conquistato, e accadeva che il giovane si svegliasse il mattino dopo senza più soffice erba e altrettanto soffici ragazze, al cospetto di un vegliardo che pressappoco gli diceva:
“Tornerai in Paradiso, ma solo se ucciderai chi io ti dirò.”

Si vocifera di schiere e schiere di terribili assassini mandati dal Vecchio di Alamut a uccidere papi e potenti.
Assassino: dall’arabo hashishiyyin, “consumatori abituali d’hashish”, come oggi diremmo.
Perché, in verità, non c’era nessun Paradiso. I valenti uomini del Vegliardo non avevano mosso un passo verso il cielo ma, drogati d’hashish, avevano avuto il miglior Paradiso che si potrebbe desiderare: esattamente quello che desideravano.
E potete indovinare cosa l’araba parola hashish possa significare?
Niente più e niente meno che “erba secca”.


Fonti:
www.etimo.it
www.etymonline.com
“Le guide oro: Venezia”, edito da Touring Club Italiano. ISBN: 88-365-37-49-9



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 #caffè,        #droga,        #etimologia,        #hashish,        #spezie
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