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 Anno III n° 4 APRILE 2007    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi



A 50 anni dalla nascita, quale Europa?
Ma cosa è l’Europa? O forse è meglio dire cosa non è e cosa potrebbe essere. Dalla CECA all’UE, ma i problemi di base pesano ancora sul futuro
Di Giovanni Gelmini


In queste settimane abbiamo assistito ad un “bombardamento” mediatico sull’Europa in occasione dei 50 anni della firma del trattato di Roma, poi è tornato il silenzio. Ma cosa è l’Europa? O forse è meglio dire cosa non è e cosa potrebbe essere.

Per capire i problemi di oggi bisogna ripercorre la storia dell’Europa. Il primo atto è la costituzione dalla CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio nel 1951. Allora, all’epoca del boom legato alla ricostruzione, era strategico per i 6 paesi principali dell’Europa continentale (Francia, Germania, Italia, Lussembrugo, Olanda) potere disporre di uno strumento sopranazionale di controllo della produzione dell’acciaio (il carbone non era visto come problema energetico, ma come materia prima per la produzione di Acciaio, infatti entra nella produzione del ferro come componete chimico più che come componete energetico). A fianco della CECA nasce anche l’EURATOM per il controllo dell’energia nucleare.

Dopo alcuni anni ecco il trattato di Roma da cui ha origine la CEE. Si tratta di un trattato tra Stati, che cedono alcune prerogative ad un organismo collegiale. Non si tratta di una federazione, né di una organismo con una rappresentanza eletta direttamente dai cittadini e quindi con una autorità impositiva, ma solo di un ente che trae origine dal potere dai Governi e che deve rispettare tale potere.
Questo è il grandissimo limite che tutt’oggi rende difficile il percorso politico dell’Unione Europea. Infatti il Consiglio Europeo, malgrado sia eletto direttamente dei cittadini e costi un cifra enorme, anche per l’inutile mania delle due sedi, Strasburgo e Bruxelles, è praticamente un organismo senza potere reale se non un controllo sul bilancio e non può emanare leggi valide automaticamente, queste devono essere recepite dai singoli Stati.

Il primo allargamento della CEE da 6 a 10 è del 1973 e coinvolge Irlanda , Regno Unito, Danimarca a Svezia. In questo caso si tratta di paesi dello stesso livello dei paesi fondatori e non si creano difficoltà particolari, successivamente la comunità si allarga ad altri paesi: Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1986).

Il grande cambiamento avviene con il crollo dell’impero bolscevico, crollo che è avvenuto forse in modo inaspettato. Era cosa ormai nota tra gli operatori che il sistema russo fosse allo stremo, ma che si dissolvesse senza quasi neanche sollevare una nuvola di polvere è sicuramente stata una cosa per molti inattesa, e che ha colto sicuramente di sorpresa la lentissima burocrazia europea. Così l’Europa si è trovata quasi improvvisamente di fronte alla riunificazione della Germania e allo sguardo desideroso dei Paesi europei liberatisi dal gioco sovietico.

Questo evento ha sicuramente segnato la svolta storica verso il nuovo millennio. Primo effetto della scomparsa della potenza russa è stato che gli Stati Uniti d’America sono trovati per la prima volta ad essere l’unica potenza mondiale.
Secondo è che l’Europa non ha più da temere militarmente dai paesi dell’Est e questi invece diventano possibili alleati e una risorsa economica da cavalcare.
Se questo ha creato uno stimolo all’economia, ha certamente creato notevoli problemi all’Europa che si è trovata a poter essere capofila e punto di riferimento di un mezzo continente, senza averne le capacità politiche non essendo una “Stato”, ma solo un accordo tra Stati.

Dopo la caduta del “Muro di Berlino” l’Europa cambia struttura: vengono approvati trattati fondamentali basilari.
Il primo nel 1992 è il Trattato di Maastricht che, oltre a prevedere i trattati successivi che cambieranno il volto dell’Europa, istituisce l’Unione Europea con i “tre pilastri”: la Comunità Europea (che riunisce i tre organismi precedenti CECA, ERATOM e CEE), la Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e la politica estera di sicurezza e difesa (PESD) e la Cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (GAI). Questi ultimi due, restano purtroppo dei rapporti intergovernativi, praticamente sempre con un sistema di veti incrociati che ne limitano la funzionalità a ben poca cosa.

Poi arriva il trattato di Shengen per la libera circolazione delle persone e delle merci. Questo in particolare, mostra i limiti della struttura della UE, infatti se liberalizza i movimenti all’interno, non prevede che le frontiere siano controllate da una Autorità Europea con regole e mezzi propri. Quello che intendo è che gli accessi dai paesi terzi non dovrebbero essere più materia degli Stati nazionali, ma attività esclusiva della UE, così pure le regole di ammissione dei lavoratori extracomunitari e il corpo di polizia di frontiere dovrebbe essere un corpo di diretta gestione dell’UE. Ma a questo si frappongono sicuramente due problemi di ordine diverso: gli interessi dei Governi nazionali e la carenza di potere legislativo del Parlamento Europeo.

Oltre alla libera circolazione tra i paesi, sicuramente l’EURO è il figlio più visibile della UE. Interessa tredici stati, che attualmente fanno parte dell'Unione Economica e Monetaria europea (UEM): Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia e Spagna. Ad esso non hanno aderito Regno unito e Danimarca, che però mantengono delle clausole che potrebbero premettere l’interesse nel futuro.
L'Eurozona supera i 300 milioni di abitanti e l’Euro influenza altre monete, per cui interessa in effetti poco meno di 500 milioni di persone in tutto il mondo. La moneta unica nasce dall’esigenza di contrastare il dollaro, e ridurre i costi di mantenimento delle valute europee rispetto a quella che era l’unica moneta di riferimento per gli scambi mondiali. Il risultato è stato sicuramente positivo, infatti la moneta europea è molto stabile ed apprezzata al punto che ora viene preferita al dollaro come moneta di riferimento nelle transazioni internazionali.

Questo però ha creato delle difficoltà per paesi in cui il rigore monetario era una barzelletta come l’Italia. Questo, oltre alla inflazione che ogni cambiamento monetario comporta, ha creato, non solo in Italia, la sensazione che l’adesione all’Euro sia stato un errore, anche se tutti gli economisti sanno che senza Euro l’Europa subirebbe oggi pressioni incredibili e le economie boccheggerebbero di fronte alle pesanti vicissitudini internazionali dell’ultimo decennio.

Ma anche in questo caso si vedono i limiti del potere della UE, infatti anche se la politica monetaria è decisa dalla Banca Centrale Europea, questa deve comunque sottostare ai “pareri” dei governi e per di più non ha un contro altare di governo della economia europea, così gli interessi monetari e finanziari fanno da padroni a detrimento dello sviluppo degli investimenti produttivi.

Gli Stati Uniti per anni non hanno visto di buon occhio la comparsa dell’Euro, ma il fatto che le stime sul futuro dell’economia mondiale diano per il 2050 il Pil di Cina + India al 50% dei quello mondiale, cioè molto di più di quanto oggi non siano USA+Europa, con economie che mostrano tendenza a crescere meno della crescita mondiale, ha fatto cambiare idea alla amministrazione Bush.
Timothy Adams, sottosegretario al Tesoro, in una pausa del G7, ha segnalato l’opportunità che l’Eurozona sia rappresentata nel Fondo Monetario Internazionale da un seggio unico. Questo vorrebbe dire che L’Eurozona avrebbe un peso maggiore degli stessi USA (20% contro il 17%) e supererebbe la soglia del 15% avendo così il diritto di veto. Questo lascerebbe liberi dei seggi e permetterebbe così di allargare il board del FMI anche alla Cina e a qualche altro paese oggi escluso. Così si potrebbe fare per il G8.

L’atteggiamento assunto dagli Stati Uniti mostra che l'Europa non incute paura agli USA.
Come mai l’Europa non incute paura?
La risposta è semplice, l’Unione è solo sulla carta e nei sentimenti della gente. Infatti le popolazioni nella realtà si sentono Europea e sono soddisfatte delle possibilità generate dall’abbattimento delle frontiere e dalla moneta unica, ma questo non trova riscontro nella realtà politica.
Politicamente l’Europa è fortemente divisa e l’ingresso dei nuovi paesi ha reso più difficile la coesione. L’asse Parigi - Bonn, che è stato per decenni il timone dell’Europa, non si è ripetuto con Parigi – Berlino, infatti la Germania è oggi molto più attenta ai rapporti con i paesi centroeuropei dell'ex impero sovietico che con il nucleo storico della CEE. Cosi i problemi di base della UE non trovano sbocco.

Oggi sentiamo più che mai la necessità di superare l’Unione fatta dai governi, dotando l’UE di una vera costituzione. Senza un Governo vero delle UE non è neanche pensabile che ci sia una Politica Estera e una Politica Economica Europea e senza di queste non c’è la coesione necessaria per avere peso sul mondo internazionale.
Tutti gli atti diventano delle trattative estenuati tra i tanti governi, che rendono lenta ed insicura l’azione, poco incisiva e spesso carente di chiarezza.

Un esempio di questa negatività può essere il progetto “Sistema di Posizionamento Galileo”, un progetto europeo alternativo al GPS americano, completamente civile e libero quindi dai vincoli militari che pesano sul sistema americano. A questo progetto Europeo partecipano anche la Cina e la Corea del Sud, oltre a paesi dell’America Latina e all’Australia. Ma, malgrado il primo satellite sia già stato lanciato con successo, il progetto è bloccato dalla discussione della ripartizione dei benefici industriali fra i vari paesi europei.

L’allargamento sembra avere ridato stimolo ai nazionalismi dei governi e questo è un grave ostacolo alla definita coesione un una entità soprannazionale. Questo è un male perché solo una Europa veramente unita sarà in grado di competere con le economie emergenti asiatiche: Cina, India e Iran.



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