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 Anno III n° 8 AGOSTO 2007    -   FATTI & OPINIONI


L’Irlanda del Nord: storia di un territorio con più identità
Dopo la guerra viene la pace, si spera...
Al termine della missione più lunga della British Army ci chiediamo perché sono nate organizzazioni come Provisional IRA e cosa fa finire il terrorismo
Di Marina Minasola


Belfast, ore 00.00.
Mercoledì 1 agosto; questo giorno è iniziato con qualcosa di nuovo nell’Irlanda del Nord. Dopo 38 anni la capitale di questa parte del Regno Unito vedrà un’estate senza truppe della Corona britannica.
Le 20 basi militari che esistono attualmente nel suolo diventeranno entro l’aprile venturo la metà ed i 5 mila militari saranno spostati su altre missioni all'estero. L’operazione Banner, il cui obbiettivo quasi quarantennale è stato quello di sgominare eventuali atti terroristici progettati dalla Provisional IRA (ossia un gruppo di fuoriusciti dall'Official IRA, Esercito Repubblicano Irlandese: Irish Republican Army), è finita.
È stata la missione più lunga della storia della British Army e si è conclusa così.

Ma vediamo situazioni “simili” in Europa.
Nel 1957 l'altoatesino Sepp Kerschbaumer ha fondato il Befreiungsausschuss Südtirol (BAS), comitato per la liberazione del Tirolo meridionale. Gli obiettivi del movimento, o meglio di questa organizzazione terrorista armata, erano principalmente due: la secessione dell'Alto Adige (n.d.r detto comunemente Sud Tirolo) dall'Italia e la riunificazione con Tirolo e Austria. Vi sono stati 361 attentati nel periodo compreso tra il 1956 e il 1988 che hanno prodotto 21 morti e 57 feriti, 157 condannati. Anche il BAS dal 1988 tace.

Per Euskal Herria si intende letteralmente il popolo che parla la lingua basca ma anche il luogo geografico da esso abitato, seppure questa sia, diversamente che per gli altri popoli, la seconda accezione del termine: i Baschi sono quindi uniti più dalla loro lingua e cultura che dal territorio in cui vivono anche da un punto di vista “sintattico”. Nel 1895 Sabino Arana Goiri fondò il “Partido Nacionalista Vasco” (PNV) con l’obiettivo fondamentale di conquistare voce nel Parlamento di Madrid al fine di esporre la questione basca: i baschi tutto si sentivano e si continuano a sentire fuorché spagnoli.

Nel 1993 con referendum fu approvato con l’84% dei voti lo Statuto di Estella, statuto autonomo che venne preso in considerazione dal governo repubblicano solo nel 1936.

Dal 1937 però anche la poca autonomia concessa ai Baschi finì a causa dell’ascesa dei nazionalisti di Francisco Franco. Dall’inattività del PNV durante gli anni del franchismo può derivarsi l’origine del nuovo movimento nazionalista chiamato Egin. Il PNV si rifiutò sempre di collaborare con l’Egin, che nel 1958 (solo sei anni dopo la fondazione) cambiò nome diventando il famigerato ETA, acronimo di Euskadi Ta Askatasuna (Paese Basco E Libertà). Nel marzo del 2006 l'ETA ha dichiarato il cessate il fuoco totale e a tempo indeterminato. Il fine sarebbe stato ufficialmente quello di consentire le trattative con il nuovo governo di Zapatero.

Capire come movimenti tanto diversi anche se in fondo tanto simili abbiano potuto assopirsi così, senza un’apparente ragione immediata e concreta, non è semplice. Capire se si tratti di un torpore momentaneo o di una vera e propria fine è parimenti difficile.
La cronaca di questi giorni pone l’attenzione sull’Irlanda del Nord proprio perché è finita l’operazione Banner e per questa ragione focalizzerò l’attenzione sulla storia di questa porzione del Regno Unito, sperando di potere tramite essa trovare qualche risposta plausibile e che possa essere in qualche modo estesa agli altri fenomeni “simili”, ammesso che ci sia, all’interrogativo: “finisce davvero il terrorismo? E se sì, come finisce?”

Risale al 1603 la completa conquista dell’Irlanda ad opera della dinastia dei Tudor. Leggi, lingua e religione protestante dovevano allora essere necessariamente imposte alla popolazione locale tradizionalmente cattolica.
Nel corso dell’epoca elisabettiana (in particolare proprio sotto Elisabetta I e Giacomo I d'Inghilterra) furono inviati su disposizione regia coloni protestanti di provenienza preliminarmente scozzese ed inglese.
La stessa cosa era successa al di là della linea etnica costituita in Italia dal lago del Caldano: dietro tale linea la popolazione era storicamente di madre lingua tedesca. Mussolini intorno agli anni ’30 decise di italianizzare tale zona inviando coloni provenienti dall’Italia meridionale: che sia stato per questo che i sud tirolesi hanno smesso di vedere gli Italiani come “vicini cortesi” decenni dopo l’annessione di Bolzano alla Penisola (fine prima guerra mondiale)? Che sia per questo che è nato il BAS? In Irlanda del Nord dure leggi penali ed espropri di terreni erano gli strumenti per sedare le rivolte. L’Act of Union del 1800 costituì il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda.

La principale area di insediamento dei coloni fu quella porzione dell’Irlanda conosciuta oggi come Irlanda del Nord, antica culla del nazionalismo irlandese. Fu la porzione nord-occidentale dell’isola l’unica ad essere coinvolta dalla Rivoluzione industriale: l'Irlanda del Nord è anche oggi la regione più ricca dell'isola e la sua capitale, Belfast, era ed è un porto privilegiato per il commercio con Scozia ed Inghilterra. L'Irlanda del Nord viene detta spesso impropriamente "Ulster" ma in realtà l'Ulster è una delle province storiche dell’isola ed è composta da nove contee. Tre di esse sono parte della attuale Repubblica d'Irlanda e quindi non dell’Irlanda del Nord: più propriamente quindi quest’ultima viene indicata dagli studiosi più accorti come “Le sei contee”.

Verso il termine del XIX secolo la maggioranza del popolo irlandese chiedeva l'indipendenza dal governo inglese ma vi erano cospicue minoranze, specie proprio nell'Irlanda del Nord, che invocavano al contrario il ripristino dell’ Act of Union. Nel 1912 il capo degli unionisti James Craig riuscì a raccogliere 450.000 firme a favore di un documento in base al quale l’Irlanda del Nord sarebbe dovuta rimanere esclusa dall’autogoverno irlandese. La distanza delle “sei contee” dal resto dell’Isola non era infatti solo economica: la massiccia colonizzazione aveva fatto sì che la maggioranza della popolazione fosse qui nettamente protestante e non quindi cattolica come altrove.

Nel 1916, in piena prima guerra mondiale, ebbe luogo la “Sollevazione di Pasqua”: gli indipendentisti propugnavano la fine dell’autogoverno “troppo filo-inglese”. La rivolta, che a causa della terribile esecuzione degli insorti fu poi detta della “Pasqua di Sangue”, fu l’episodio scatenante il mutamento della pubblica opinione che inizialmente aveva dato una risposta fredda alle preteste di indipendenza. A partire dal 1917 i Volontari Irlandesi assunsero il comando del partito Sinn Fein e nel 1919 cambiarono il nome delle loro truppe: nacque così l’IRA.

Nel 1918, terminata quindi la Grande Guerra, si acuì la crisi tra Irlanda e Regno Unito concretizzandosi nella terribile guerra d'indipendenza irlandese terminata con negoziati di pace solo nel 1921. Fu riconosciuto uno Stato irlandese con il nome di Stato Libero d'Irlanda (Irlanda del Sud, Repubblica d'Irlanda o Eire): all’Irlanda del Nord venne attribuita la facoltà di scegliere se rimanere sotto il Regno Unito o far parte del nuovo Stato. A partire dal Government of Ireland Act del 1920 L'Irlanda del Nord, a differenza del resto dell’Isola, è una parte del Regno Unito.

Dopo la definitiva separazione dall’Eire e grazie all’appoggio inglese l'Irlanda del Nord si vendicò verso coloro che erano considerati troppo vicini alla politica del Sud: furono ritracciate le circoscrizioni elettorali in modo tale da estromettere dal potere i cattolici e venne pressocché proibito l'insegnamento del gaelico in favore dell'inglese.

La situazione divenne ancora più difficile a seguito dell’assassinio di tredici civili disarmati a Derry da parte di paracadutisti britannici nella domenica del 30 gennaio del 1972: fu questa la “Bloody Sunday”. Da quel momento apparve la Provisional IRA: la violenza di certi gruppi condusse l'Irlanda del Nord sull'orlo della guerra civile. Negli anni settanta e ottanta estremisti di entrambi gli schieramenti perpetuarono svariati omicidi di massa che coinvolsero il più delle volte civili: gli attentati al Le Mon e Enniskillen e Omagh sono tra i più tristemente famosi.

Per risolvere la situazione ormai drammatica fu da taluni avanzata l'ipotesi di cedere l'Irlanda del Nord all'Eire. Il pericolo fu però quello della "balcanizzazione dell'Irlanda del Nord": come negli stessi anni stava accadendo in Jugoslavia anche in Inghilterra sembrava profilarsi una preoccupante serie di alleanze in forza delle quali la Scozia avrebbe sostenuto anche militarmente l'Irlanda del Nord mentre il Galles l'Eire.

Un escamotage politico molto efficace si ebbe con il cosiddetto Accordo del Venerdì Santo (propriamente Accordo di Belfast): fu cambiata la legge elettorale di modo che ogni partito che avesse raggiunto un determinato consenso potesse nominare un proprio membro nel governo e ottenere un ministero. In linea con questa nuova prospettiva di accordo si colloca la storica visita di Elisabetta II alla sede del Parlamento a Stormont: la regina inglese incontrò i rappresentanti sia unionisti che nazionalisti ricordando il diritto dei cittadini nordirlandesi che si sentono irlandesi ad avere eguali diritti di quelli che si sentono britannici. Lo stesso fece il presidente irlandese Mary McAleese incontrando sia i ministri unionisti che i rappresentanti della corona in ogni contea.

Assemblea ed Esecutivo sono stati recentemente sospesi per il presunto ritardo da parte dell'IRA nello smantellamento del proprio arsenale e per la scoperta di una rete di spionaggio dell'IRA all'interno delle istituzioni. Dall'8 maggio 2007 si è insediato il nuovo Parlamento di Stormont ed il Governo che ha per Primo Ministro l'unionista Ian Paisley, mentre per vice ministro Martin McGuinness dello Sinn Fein.

Tuttora l'Irlanda del Nord continua ad essere un coacervo di rivalità: a Belfast intere comunità sventolano il tricolore della repubblica d'Irlanda mentre intere altre la Union Flag, simboli rispettivamente delle due identità nazionalista/repubblicana o unionista/lealista. Dal 1972, a seguito della Bloody Sunday, l’Irlanda del Nord non ha né una bandiera né un inno “per motivi di sicurezza e ordine pubblico”: la vecchia bandiera costituita dalla bandiera dell'Inghilterra, con al centro una stella di Davide bianca contenente la mano rossa sovrastata da una corona rappresentante la monarchia britannica era ritenuta pericolosa.

Può essere la religione causa di questo pericolo? Troppo spesso una fede esasperata porta alla guerra, ma è questo il caso? Ancora una stella di David in una bandiera inglese può portare ad una guerra? Recenti statistiche fondate su censimenti della popolazione nord-irlandese hanno dimostrato che tra il 1961 ed il 2001 in questo territorio l’appartenenza religiosa è così ripartita:

    Cattolici 349.384.403.438
    Presbiteriani 290.214.207.535
    Chiesa d'Irlanda 24.217.715.300
    Altre religioni 931.159.900
    Non dichiarata 20.739.000
    Nessuna 385.027

Piccole differenze tra cattolici e protestanti. Troppo piccole per giustificare da sole l’IRA, sia il suo inizio sia la sua presunta fine? Quentin Crisp ha scritto: “Quando dissi alla gente nordirlandese che ero ateo, una donna durante la conferenza si alzò in piedi e disse: ‘Si, ma è nel Dio dei Cattolici o in quello dei Protestanti che lei non crede?’”.

La religione è certo un importante motivo ma probabilmente non è il solo: la coerenza nei comportamenti di entrambi gli schieramenti e gli interessi economici in gioco possono essere almeno altre 2 cause della fine del terrorismo. Sarebbe bello poter trovare una ricetta, un insieme di ingredienti che giustifichino la cessazione della lotta armata: attualmente una ricetta come questa purtroppo però, a causa delle peculiarità di ogni singola esperienza storica, sembra non esistere benché ingredienti come fiducia, credibilità e tolleranza rimangano sempre necessari per il raggiungimento di qualsiasi accordo.

Riportando in modo così ravvicinato l’esperienza storica altoatesina, basca e nord-irlandese tuttavia un tratto comune sembra potersi evidenziare: il terrorismo sembra nascere quando viene surrettiziamente inserita in una cultura consolidata, in un popolo accomunato da lingua, tradizioni e storia peculiare, un elemento estraneo appartenente a cultura diversa: poco importa se siano spagnoli, italiani del meridione o scozzesi, si tratta di “stranieri”, gente la cui lingua è diversa, la cui religione è spesso diversa, la cui ricchezza è diversa, e che quindi non possono entrare a far parte del “gruppo” se non con la forza.

Solo il tempo può mitigare le differenze, ridurre la voglia di ribellione, far prevalere la ragione sulla violenza, ma a volte neanche il tempo basta ed ecco che si deve ricorrere alla ricetta segreta, in cui alcuni ingredienti rimangono ancora da scoprire.

Esistono tuttavia, e quindi meritano di essere elencate, alcune accortezze, elementi fondamentali della ipotetica soluzione che si vuole trovare: quando esiste un contrasto analogo a quello che si è descritto si deve impedire uno sviluppo incontrollato di una sterile demagogia perpetuata da chi, attraverso vuoti slogan, sfrutta la disperazione altrui e lo “spirito di sacrificio” degli estremisti al fine di conquistare potere. Ciò non fa altro che acuire i contrasti.

Bisogna cercare la mediazione, il compromesso, senza incitare ad una inutile violenza e a pericolose rappresaglie: bisogna ricordare quella legge fisica della dinamica che, detta in termini spiccioli ed ascientifici, può essere riassunta nell’enunciato “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”, legge che in sociologia diventa ancora più drastica se si pensa a come spesso nell’esperienza umana le reazioni siano superiori alle azioni che le hanno generate. Bisogna riconoscere diritti ai diversi, alle minoranze etnico-culturali senza ridurre al ghetto chi si distingue da noi: non si può imporre l’integrazione, solo il tempo può ad essa condurre.

La risposta alla domanda iniziale “come finisce il terrorismo? Come si spiega la fine di IRA, BAS ed ETA?” è forse questa: con il tempo, la tolleranza e il dialogo, cioè con l’intelligenza e l’intermediazione politica, non con la guerra.



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