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 Anno III n° 10 OTTOBRE 2007    -   FATTI & OPINIONI


Ma dove sono le provocazioni?
Dalle parole di Monsignor Bagnasco...

Di Giovanni Gelmini


Quando parla Monsignor Bagnasco i mass-media si scatenano e traggono dalle sue parole conclusioni “strane”.
Come al solito mi sono preso la briga di leggere in originale il discorso e non mi sembra per nulla strano, anzi... forse vi mancano solo le accuse specifiche a chi ha responsabilità reali; sicuramente tra quelli ci sono i tanti politici cattolici, pluridivorziati e che se ne fanno un baffo della religione, trattata solo da elemento per un post elettorale per gli affari loro.

La parte sul problema della società attuale, circa un terzo di tutto il discorso, è composta in primis da una analisi, seppure schematica, dei problemi reali della nostra società e che condivido in toto. Questa analisi parte da quanto detto da Benedetto XVI in apertura del convegno pastorale della Diocesi di Roma – l’11 giugno scorso. “educazione alla fede, alla sequela e alla testimonianza”. Che è il principio ineluttabile di predicare bene e razzolare nello stesso modo; è più l’esempio che insegna che le parole, specie con i giovani.
Il Papa segnalava anche:“... oggi, in realtà, ogni opera di educazione sembra diventare sempre più ardua e precaria. Si parla perciò di una grande emergenza educativa, della crescente difficoltà che si incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori base dell’esistenza e di un retto comportamento”. Anche questo è ovviamente sempre più sotto gli occhi di tutti. I giovani non hanno più valori di riferimento, anche perché ormai pure le loro famiglie non ne hanno più. I valori che ispirano la vita attuale sembrano essere: esagerare tutto ed egoismo a dismisura.

Monsignor Bagnasco la chiama “odio di sé”, e la collega al fare del “relativismo il proprio credo - e prosegue - Come non leggere qui in filigrana le tante vicende di cronaca che hanno assediato la nostra estate, suscitando sgomento e sempre ulteriore allerta? Come non intravedere qui l’atteggiamento di resa che contrassegna tanta prassi sociale, in cui a prevalere sono il divismo, il divertimento spinto ad oltranza, i passatempi solo apparentemente innocui, il disimpegno nichilista e abbrutente la persona, giovane o adulta non importa, ché, tanto, verso il peggio le differenze si annullano?
Ed indica in modo preciso quella che pone come unica causa “in una cultura che produce facilmente banalità e omologazione” e indica anche “ che come Conferenza episcopale dovremo tornare... con una riflessione articolata... che si stagli all’orizzonte con propositi di un impegno all’altezza delle sfide”.

Ecco un cosa che non ho trovato scritto sui giornali: è compito preciso della Chiesa insegnare il Vangelo, questo non è di altri soggetti.

Non si può che concordare sul fatto che “Il clima di materialismo in cui viviamo tende a sfilacciare le persone e a frantumare i loro punti di vista, in una estenuazione che vorrebbe rendere patetico qualunque richiamo alla coerenza.”.

Purtroppo gli esempi di “incoerenza” sono tantissimi anche nel Clero e vedo con difficoltà come possa applicarsi facilmente l’invito che Bagnasco pone alla fine del periodo “Dunque, nessun astrattismo si dovrebbe rintracciare nelle nostre iniziative, ma una proposta concreta, che abbraccia la vita, e che porta tutta l’esistenza all’incontro risanatore e liberante di Cristo.

Ecco ora il richiamo alla vicenda di padre Giancarlo Bossi, il missionario rapito nelle Filippine, la sua disponibilità al martirio e la conclusione che il suo è un esempio di come “fin dalle origini, la testimonianza è elemento costitutivo della fede cristiana.

E qui scusate se pongo una domanda diretta a Monsignor Bagnasco: pienamente d’accordo su Padre Bossi, ma quale testimonianza della fede cristiana hanno dato a loro tempo lo IOR e la vicenda “Calvi” del Banco Ambrosiano? Quale testimonianza di fede danno i venditori di immagini sacre, espressamente vietate del decalogo che sta alla base della religione cristiana? Quale testimonianza di carità ed amore danno i “niet” a cui siamo da secoli abituati?

Sono perfettamente d’accordo su “I moltissimi fratelli e sorelle che in duemila anni hanno dato e continuano oggi a dare la vita in molte parti del mondo, ci ricordano che non possiamo puntare al ribasso nella vita cristiana, stemperando le esigenze alte del Vangelo e percorrendo la strada dei compromessi dottrinali o morali., ma allora incominciamo a “pulire” dove i Vescovi hanno la prima competenza: “le gerarchie ecclesiastiche”, cosi che da questo venga l’esempio che occorre. Se il Clero darà il buon esempio sarà forse più facile forse riprendere la via della solidarietà e del sacrificio per frenare l’egoismo, e il suo insegnamento sarà più credibile.

Alla domanda di Monsign Bagnasco “esiste una modalità, compatibile con la democrazia, grazie alla quale nutrire un ethos collettivo partecipato e ad un tempo capace di resistere e sopravanzare rispetto alle dissipazioni del costume? io credo che si possa solo dire sì, c’è la modalità ed è quella che si rispetti il dettame del Vangelo “date a Cesare quel che è di Cesare”; la Chiesa si preoccupi dell’etica cristiana e del suo insegnamento non con le litanie e gli incensi, ma con i fatti e gli esempi da seguire (ce ne sono tanti dal succitato Padre Bossi alla mai dimenticata Madre Teresa di Calcutta) e lo Stato, che deve rispondere agli elettori e non alla CEI, farà di conseguenza. Il Vangelo è chiaro: lo Stato deve essere laico e non “islamico”.

Il Clero poi non supporti i politici corrotti, quelli che fanno “scandalo” con divorzi e concubine, quelli che usano il potere per corrompere, quelli che con le loro televisioni trasmettono le immagini che portano a una società egoista e prevaricatrice.

Ancora oggi in Italia il Clero è potentissimo e se vuole intraprendere la via dell’insegnamento dell’amore cristiano lo può fare e quindi, se vuole essere cristiano, le deve fare. È inutile che si cerchi il supporto di che istituzionalmente non lo può fare, se prima non ci si preoccupa di dare l’esempio.
Ma il potere non corrompe solo i laici, forse per questo la Chiesa chiede ai laici di fare quello che è suo compito primario: insegnare a vivere cristianamente senza divieti di leggi terrene



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