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 Anno IV n° 3 MARZO 2008    -   TERZA PAGINA


Gli amori impossibili
Avventura nel Giardino Giusti

Di Cricio



Nel caldo sole dorato di un pomeriggio d'autunno sono entrato nel giardino Giusti. Alla domenica, in genere, non sono a Verona, ma oggi ho avuto impegni al mattino così mi sono dovuto fermare. La tiepida giornata autunnale mi ha portato oltre l'Adige e così mi sono ritrovato davanti a Palazzo Giusti. La decisione di entrare per godere i colori del giardino è stata immediata.

La stagione è avanzata e non ci sono fiori, ma tanti verdi, gialli, rossi di tutte le tonalità. C'è il verde carico, ma brillate, del tasso, quello scuro di cipressi e delle siepi di bosso che contrasta con il verde giallo dei prati, le statue delle dee di bianco marmo spiccano sulle varie tonalità della vegetazione e sembrano anche loro godere del dolce sole e delle tiepida giornata.
Ma tra le statue vi è una donna, sembra anche lei una dea. Il corpo alto e snello è racchiuso in un cappotto scuro che arriva fino quasi ai piedi. Al collo una bianca sciarpa leggera ed evanescente, i capelli ramati le incorniciano il viso, un viso semplice ma deciso.

Anche lei mi nota e mi sorride, inizia a camminare nella mia direzione. Cosa sta succedendo? Non lo so, so solo che questa è una giornata strana.

- Bello questo sole, non riuscivo a stare rinchiusa nella mia stanza,mi dice e sorride ancora.
- Anche io... sono venuto qui per godermi questo tepore,balbetto imbarazzato.
- Conosci questo posto? È meraviglioso, ma mi piacerebbe capire di più, visitarlo con qualcuno che me lo racconti.

Non è che ne sappia molto; me lo ha fatto conoscere Lucia, qualche cosa mi ha raccontato, ma dentro di me qualcosa mi dice: dai, cosa aspetti, quello che sai dillo e per il resto lascia parlare la fantasia. Così mi butto.

Ci perdiamo nei vialetti, poi nel labirinto e piano, piano si risale fino alla grotta suggestiva, mi perdo in chiacchiere, ma lei mi segue docilmente e mi sta sempre più vicino.

Infine entriamo nella torretta che porta al belvedere, saliamo le scale e improvvisamente le nostre mani si incontrano, le dita si stringono fra di loro in un linguaggio muto, ma eloquente.
Dal belvedere, abbracciati guardiamo la città che ci ospita, con il fiume che la circonda con le sua ampie anse, i nostri corpi improvvisamente si cercano, le labbra si sfiorano prima per poi incollarsi in un primo e lungo bacio.

Restiamo ancora un poco a guardare la città, siamo emozionati, forse nessuno dei due pensava che potesse succedere. Poi mano nella mano ci avviamo verso le scale per ridiscendere nel giardino, il sole si è abbassato e tra poco inizierà la sera.
Ma nelle scale sentiamo ancora il bisogno di cercarci, questa volta i corpi sono avvinghiati e si esplorano, il bacio che ne nasce è di profonda tensione, stiamo vibrando nel tentativo di essere una cosa sola.

Quando ci distacchiamo siamo ansimanti, ma ci siamo riconosciuti e sappiamo che ora il tempo è solo per noi.



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