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 Anno IV n° 5 MAGGIO 2008    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi



Ma siamo sicuri di... stare bene?
La comunicazione dei mass-media ci trae in inganno, l’industria alimentare è abbastanza sicura, ma sono poco sicuri i farmaci e i trattamenti cosmetici. C’è un solo modo per difendersi...
Di Giovanni Gelmini



É detto da tutti che il problema che oggi dobbiamo affrontare è quello della sicurezza: sicurezza del lavoro, sicurezza della persona, sicurezza dello Stato, sicurezza della pensione e infine sicurezza della salute.

Questa volta voglio concentrarmi sul problema salute, che ha molte sfaccettature, spesso complesse; non potremo certo affrontarlo in modo completo, ma vediamo quello che è emerso nelle ultime settimane attraverso l’occhio della stampa, troppo spesso distorto verso una modalità che ricerca più l’audience e lo spoot invece che la corretta comunicazione.

Molte sono le notizie in questo senso, alcune hanno colto una giusta preoccupazione, come il problema della “Mozzarella Campana”, altre invece hanno messo inutilmente in allarme il consumatore.

Per il problema mozzarella, le autorità preposte hanno individuato un numero limitato di allevamenti di bufale non in regola, questi sono stati estromessi dalla filiera così ora l’altra produzione, che è la stragrande maggioranza, è stata certificata come sana..

Poi abbiamo le “bufale” della stampa, pure loro certificate, come quella diffusa dall’Espresso sul “vino cancerogeno”. Troppi giornalisti ignoranti o truffaldini diffondono notizie senza il minimo scrupolo. Nella maggioranza dei casi non si tratta di problemi di salute, ma di frode. Ad esempio nel già citato caso del “vino”, lanciato dell’Espresso, secondo una organizzazione agricola pugliese, potrebbe addirittura trattarsi di una pratica lecita a livello europeo, ma vietata in Italia.

Cosi è la frode sull’olio di oliva “extravergine”: 39 persone arrestate in Puglia (N.d.R. sempre in Puglia e Sicilia?) per aver spacciato olio di semi di soia o di girasole addizionato di beta-carotene e clorofilla per dare colore e sapore. In Piemonte invece una cosa ben più grave, che però stranamente non ha colpito l’immaginario collettivo: una azienda è stata sequestrata perché vendeva prodotti alimentari conservati e scaduti da anni. Qui sembra che i rischi di danno alla salute siano reali.

Scusate se mi permetto una riflessione: l’unico problema veramente grave emerso in questi tempi, quello piemontese, è stato quasi ignorato! Molte possono essere le supposizioni che si possono fare, ma le tengo per me; è però un fatto che i mass media non fanno una corretta comunicazione e tendono a fare terrorismo anziché aiutare i loro utenti.

Vogliamo cercare di capire come difenderci?

Per farlo dobbiamo per prima cosa comprendere i meccanismi su cui si basano questi signori che, se va bene, ci truffano. Da una parte c’è l’insufficienza dei controlli, l’impreparazione della rete commerciale, ma certamente il punto finale è nel consumatore.
Questo vorrebbe prodotti sani e belli a prezzo bassissimo: una utopia!
Un olio extravergine ha un suo costo, un vino pure: pensate che una bottiglia, etichettata con tappo ha un costo non piccolo, se il vino è di bassa qualità, costa meno della bottiglia! In negozio non può certo scendere sotto un euro e mezzo.

Per l’olio di oliva extravergine il presidente regionale della Cia pugliese, Antonio Barile, ha affermato: “In Italia su 9 bottiglie che dichiarano di contenere olio extravergine solo 7 lo contengono veramente e 2 non dicono la verità. Delle 7 bottiglie, poi, 4 soltanto sono di olio extravergine italiano e 3 di olio extravergine estero. Naturalmente il tutto viene venduto per italiano.”
Non parliamo poi dell’olio d’oliva non qualificato, che è veramente un assemblaggio di cose strane se va bene, viene da oli d’oliva di scarto, magari estratti con solventi dalle sanse, ed è trattato chimicamente per renderlo gradevole al palato, ma può anche essere tagliato un una certa quantità di oli di semi. Ma a questo punto mi chiedo: perché non comprare direttamente oli di semi? Ecco l’inghippo: la pubblicità che ci fa credere che solo l’olio d’oliva sia sano, ma non è così. Sano è un olio non lavorato chimicamente e con le caratteristiche di acidità e le altre caratteristiche corrette.

Ma ben più grave è quello che ci viene somministrato per la nostra salute e la nostra “bellezza”. I casi di queste ultime settimane: abuso del botulino e il Vioxx della Merck. Ma si può dire che ogni mese escono casi di farmaci, spesso inutili, che fanno danni alla salute o di gestione del “paziente” troppo superficiale, specialmente nei centri estetici.
Troppo spesso ci dimentichiamo che le industrie chimico-farmaceutiche e quelle cosmetiche sono interessate in modo prioritario al profitto, solo in seconda istanza si preoccupano della nostra salute.

Nella trasmissione di Report di alcune settimane fa è stato svelato come una casa farmaceutica di rilevo, la Merck & Co, abbia lasciato in commercio e fatto promozione presso i medici di un medicinale pericoloso per la salute. I rappresentanti, altrimenti detti in modo eufemistico ”informatori scientifici”, erano stati preparati per sviare le domande sulla pericolosità del farmaco. Questo comportamento non è strano e chi scrive ha potuto rilevare comportamenti simili anche in case farmaceutiche italiane, senza però arrivare a simili livelli di nefandezza.

Molti medicinali “tradizionali” sicuri ed efficaci sono stati tolti dal mercato perché non remunerativi per le aziende farmaceutiche, adducendo una presunta pericolosità, malgrado un uso prolungato per molti decenni non avesse fatto riscontrare queste pericolosità. Però i farmaci che li hanno sostituiti sono meno efficienti, più costosi e spesso anche insicuri o più pericolosi.

Ci si dimentica troppo spesso che il potere delle case farmaceutiche sul Ministero della Sanità è enorme e difficilmente arginabile: sono loro che pagano le ricerche mediche, sono loro alla fine che controllano le strutture ospedaliere, quelle che devono anche fare da consulenti al Ministero, è ovvio che i dubbi che vi possano essere inquinamenti tra chi produce e chi controlla i prodotti, possono avere una giustificazione.

Molto si potrebbe fare per arginare questo strapotere, la prima cosa vietare la figura dell’ informatore scientifico e tutte le forme di pubblicità ordinaria: la conoscenza dei prodotti farmaceutici deve essere fatta attraverso le comunicazioni scientifiche, pubblicazioni, comunicazioni a congressi o a convegni di aggiornamento dei medici, e inoltre si devono obbligare i medici a partecipare a quegli aggiornamenti e che questi si svolgano in modo ben controllato nella fondatezza comunicazione scientifica. Sono le ASL che dovrebbero organizzarli presso gli ospedali di riferimento e le università.

Ancora una volta però il consumatore finale può difendersi, è sufficiente non credere che esistano pillole, sciroppi o creme che possono fare i miracoli. Ognuno di questi prodotti ha, se va bene, un effetto benefico e molti effetti nefasti. Tutti i farmaci (o i cosmetici) sono sempre veleni e vanno presi solo con attenzione valutando l’effettiva necessità.

La prima cosa quindi è non essere creduloni e non cercare l’affare: dove è in gioco la nostra salute c’è un solo modo per difendersi... non abboccare!



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