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 Anno IV n° 9 SETTEMBRE 2008    -   LENTE DI INGRADIMENTO



Gli Usa dopo la guerra della Georgia
Come sarà l’America dopo Bush?
Di Giacomo Nigro


La stragrande maggioranza degli americani, cioè l’84 per cento, dopo la guerra della Georgia contro la Russia dello scorso agosto, considera la Russia un pericolo più serio del terrorismo internazionale. Questo a causa delle sue esportazioni di armi in Medio Oriente, del suo atteggiamento nei confronti dei Paesi vicini e, come la crisi georgiana ha confermato, del suo ruolo di fornitore di energia all’Occidente.

Praticamente dopo un decennio di diplomazia unilaterale, gli USA si sono resi conto che Mosca è partita alla riscossa ricominciando a pensare in grande sul proprio destino, avendo l’esercito impantanato in Iraq e la questione nucleare con l’Iran in piedi, mentre Israele continua a soffiargli sul collo.

Quindi chiunque vinca le elezioni di novembre avrà da affrontare una situazione molto più complessa di quella che si trovò ad affrontare George W. Bush al momento della sua ascesa al Campidoglio. Americani ed europei concordano sul fatto che il terrorismo e i problemi economici internazionali debbano costituire le priorità assolute del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Per quanto riguarda gli americani, i sostenitori di Obama sono più favorevoli di quelli di McCain ad un rafforzamento della collaborazione fra Usa ed Europa nelle questioni di sicurezza.

Come sarà l’America dopo Bush? In realtà, secondo alcuni osservatori, l’America del dopo Bush è già iniziata, essa è l’America che ha permesso la svolta del 2006 che ha portato i democratici americani a riconquistare la maggioranza al Congresso.

Tutti sappiamo che la politica estera è la combinazione dell’interpretazione della situazione internazionale e la sintesi dei rapporti di forza a livello nazionale, quindi, tuttora, la rilevanza del ruolo giocato dagli Stati Uniti sul piano internazionale non è da sottovalutare. Se, infatti, il mondo economico è multipolare e quello culturale è frammentato e senza un centro facilmente individuabile, il controllo della sicurezza internazionale è uni polare, è cioè nelle mani degli Stati Uniti. Questo non è necessariamente un male, in attesa che nuovi equilibri si formino sulla scorta delle forze che le nazioni emergenti, Cina e India su tutte, riusciranno a mettere in campo, più che sul piano militare sul piano economico ed energetico.

Il mondo che verrà è destinato a reggersi sul controllo dell’energia: quello che ha spinto gli Stati Uniti nell’avventura Irakena e nella probabile futura avventura Iraniana è proprio la necessità del controllo delle forme di energia fossili, che non hanno ancora trovato valide alternative.

Se facciamo attenzione è lo stesso motivo che ha spinto Putin a reagire all’attacco georgiano in maniera così eclatante e spettacolare, sfruttando persino la concomitanza delle Olimpiadi cinesi in cui la Cina, appunto, tanto ha puntato per mostrare al mondo la sua organizzazione e la sua efficienza, anche nel controllo della pur notevole opposizione interna.

Intanto gli europei esprimono la loro preferenza per Obama rispetto a McCain (69 per cento dei consensi a favore del candidato democratico, 26 per cento a favore del rivale repubblicano) mentre le critiche nei confronti dell’amministrazione Bush sono aumentate alla conclusione del secondo mandato; il deteriorarsi della situazione mondiale ha, inoltre, convinto gli europei a rafforzare il proprio appoggio alla Nato, mostrando chiaramente quanto sia lontana dalla stanza dei bottoni l’Europa dell’eccessivo allargamento.



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