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Nobile e duttile: la seta secondo Capucci

Saggio tratto dal catalogo della Mostra “FANTASIE GUERRIERE Una storia di seta fra Roberto Capucci e i Samurai dal XVI al XXI secolo - Filatoio di Caraglio, Cuneo, 2008 di Silvana Editoriale

Di Raffaella Sgubin


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Roberto Cappucci: Abito scultura "Ritorno alle origini-spire", 2007 . Roma, Fond. R. Capucci , photo: Fiorenzo Niccoli

Capucci e la seta, ovvero l'artista e la materia, una materia morbida, fluida, lucente e cangiante come l'acqua, impalpabile come i sogni, ma che in mani sapienti assume spessore e consistenza e diventa stoffa preziosa capace di esaltare l'eleganza e il prestigio di chi la indossa.
Capucci, nella sua instancabile attività di sperimentatore di forme, matura ben presto la consapevolezza che il suo medium d'elezione è la seta, che, come egli stesso afferma, è "un tessuto nobile, duttile, che si piega a tutte le invenzioni"1. Invenzione è un vocabolo che deriva dal latino invenire, trovare. Ma dove, in quali Iperborei troverà mai questo universo di forme straordinarie, eslegi, che catturano l'occhio e incatenano lo sguardo? Non è dato sapere, ma di certo esse vengono evocate mediante l'esercizio metodico e disciplinato del disegno e si sostanziano di seta, nome che nasconde un'identità plurale, poiché davvero molte sono le sete che popolano il mondo creativo di Capucci: chiffon, crêpe marocain, ermesino, faille, gazaar, georgette, mikado, peau de soie, raso, reps, sauvage, shantung e naturalmente taffetas... una gamma potenzialmente infinita che si evolve nel tempo, arricchendosi di nuove tipologie, ma anche perdendo alcune lavorazioni che il progresso o il mercato rendono antieconomiche perfino per l'empireo dell'alta moda2.

La storia di Capucci si lega fin dagli inizi strettamente alla seta, tessuto che in Italia ha una lunga tradizione manifatturiera di lusso. È la stoffa dei principi e dei papi. È di seta bianca ricamata l'abito di Eleonora di Toledo ritratta da Bronzino e di sontuosa seta sono le vesti della nobiltà ligure eternata da Rubens e Van Dyck. Di seta preziosa sono anche i paramenti sacri e gli abiti di pontefici e cardinali. Come non ricordare la lucentezza del damasco bianco della veste di Papa Leone X ritratto da Raffaello? La seta diviene quello strumento ideale e perfetto per distinguere socialmente i nobili dai non nobili. Ai primi il prezioso filo, ai secondi la lana.
 
Roberto Cappucci: Abito-scultura taffetas nero bordi raso arancione nodo sul dorso, (Roma, Museo di Palazzo Venezia) 1987.photo: Claudia Primangeli / L. e C. Service, Roma
Gli esordi fiorentini del maestro sotto l'egida di Giovanni Battista Giorgini sono cosa nota; forse meno noto è il fatto che il giovanissimo talento, stregato dalla seta, già alla seconda collezione chieda a Giorgini di segnalargli una fabbrica che produca stoffe dalle caratteristiche non comuni. Giorgini lo indirizza verso l'Antico Setificio Fiorentino del marchese Pucci, prevalentemente rivolto ai tessuti d'arredo. Sui telai carichi di storia3 di questo opificio attivo dal 1786 Capucci scopre l'ermesino4, un tessuto che gli appare subito regale e che sceglie in versione cangiante. Ne deriva una serie di abiti da sera5 caratterizzati da effetti scultorei che fanno vibrare i colori nel mutevole esporsi delle superfici alla luce. La prima ad acquistarne uno, nei toni del mauve e del prugna, sarà la principessa Pallavicini.


È poi la volta della Tessitura di Rovezzano, della marchesa di Frassineto6. Qui Capucci si lascia affascinare da tessuti serici tramati d'oro, con una lavorazione in rilievo, a nido d'ape. Anche in questo caso si tratta di tessuti destinati all'arredamento, che il suo estro creativo trasforma in capi preziosi (e imprevedibili!), come il "cappotto che si infila due volte", un cappotto lungo da sera beige tramato d'oro, abbinato ad una attillata tuta verde olio.
La ricerca di arricchire il proprio repertorio creativo con materiali provenienti da ambiti diversi gli fa scoprire e reinterpretare i tessuti a destinazione ecclesiastica7, settore che lo affascina di volta in volta per la possibilità di attingere a una gamma cromatica fastosa e intensa oppure per la presenza di lavorazioni di pregio davvero esclusivo. Dai Gammarelli, fornitori vaticani da due secoli, sceglie sete nelle tonalità sacrali e opulente dei rossi, dei violetti e dei bruciati, oggi trova nel setificio Bianchi di Como tessuti tramati di metalli preziosi purissimi: proprio uno di questi, intessuto d'oro, ispirerà una creazione recentissima, uno degli abiti-scultura destinati a solennizzare l'apertura del museo della fondazione8 a lui dedicata. Questo episodio offre lo spunto per alcune riflessioni: il rapporto con la seta evolve nel tempo con la scoperta di tessuti via via diversi; non solo, ma il materiale svolge un ruolo che non è puramente strumentale, ma diventa quello di fonte di ispirazione primaria.

 

Roberto Cappucci: Abito-scultura con bolero in gazaar bianco e nero lavorato a effetto tubolare, 1985 , (New York, Army National Guard Armory) . Roma, Fondazione Roberto Cappucci

Vanessa affermava nel 1954 che "il tessuto in sé non è che la domanda di una forma, tutt'al più un suggerimento incerto, una sollecitazione a costruire, a inventare"9. Ma per Capucci la seta rappresenta qualche cosa di diverso dalla pura materia indifferenziata e i suggerimenti che ne trae sono forti e chiari. La premessa è un'assoluta padronanza tecnica, ottenuta mediante una costante ricerca e una altrettanto inesausta sperimentazione. Che non riguarda solo la seta, si badi bene, ma ha interessato nel tempo uno spettro amplissimo di materiali, fino a includere la plastica, i sassi, la paglia, il bambù e perfino sostanze fosforescenti.

"Nell'atelier-fucina di Capucci pur usando ago e filo si tratta la seta come un metallo, la si modula come fosse uno stagno, la si fonde come bronzo. In una delle dodici sculture, create appositamente per la Biennale, le pieghe della seta raccolgono le infinite sfumature dei colori che si possono ottenere con la miscela e la patina del bronzo"10. Giulio Macchi parla di ago e filo, ma in realtà sono più ancora gli stampi della plissettatura a rendere stringente il paragone tra due materiali che a prima vista non potrebbero apparire più diversi: è proprio negli stampi che la seta assume la levigata tridimensionalità del metallo.

Presente già dai primissimi esordi11, è soprattutto a partire dalla metà degli anni Ottanta che nelle creazioni di Capucci trionfa il plissé. Si espande, dilaga per mille rivoli come una sostanza magmatica, dotata di un intrinseco movimento. Nelle mani di Capucci il taffetas plissettato diventa materia scultorea per eccellenza, come metallo fuso scorre e si rapprende. Si addensa in forma di molteplici volant, sempre addoppiati, pretesto per giochi cromatici di grande intensità. Luce e ombra indugiano nelle pieghe del tessuto in un alternarsi mutevole: modificato nella sua intima struttura dalla plissettatura, il tessuto diventa simile alla corteccia dell'albero in cui la Dafne di Bernini cerca rifugio.


 
Roberto Capucci: Abito-scultura sauvage plissé verde effetto farfalla bordi rosso e turchese, (New York, Army National Guard Armory), 1985.photo: Claudia Primangeli / L. e C. Service, Roma
Dunque il tessuto supera la sua intrinseca bidimensionalità e acquisisce spessore per mezzo del plissé, che può assumere la caratteristica forma a ventaglio nella versione soleil, ma conosce molte altre possibilità fino a diventare una superficie intagliata, sfaccettata, scabra, quasi fosse la crosta di un muro oppure, ancora una volta, la scorza di un albero. Si tratta di una conquista non solo in termini di plasticità, ma anche di chiaroscuro, di vibrazione della luce sull'apice della piega e di profondità dell'ombra nel suo fondo. La seta plissettata o cannettata esalta così la luce e l'ombra del tessuto: la parte che emerge affiora in un turbinio di gioiosi colori, quella che affonda nella piega rivela l'ombra, un nascosto tormento del tessuto sublimato in bellezza.

Ma la seta per Capucci non è solo materia e forma: è anche e soprattutto colore.
Diversamente da altri che hanno scelto l'una o l'altra tinta come elemento di riconoscimento del proprio stile, lui non ha eletto un suo colore simbolo perché li ama e li impiega tutti con grande attenzione al gioco delle sfumature. In una delle sue opere ha impiegato sedici viola e tredici verdi, ma nel viola c'è un po’ di verde e nel verde un po’ di viola con una fusione cromatica che ritroviamo spessissimo nelle sue creazioni. In Oceano, ad esempio, scultura creata per il padiglione italiano dell’Expo di Lisbona del 1998, “il tessuto è orchestrato su ventisette gradazioni di azzurro, che si declinano in una raffinata, ma insieme opulenta tavolozza che vira dalle trasparenze cristalline dell’acqua quando è rappresa sotto forma di ghiaccio fino ai blu più assoluti e più cupi delle profondità degli abissi” 12.

"Il colore è una mia personale necessità. -afferma Capucci- Se da certi miei abiti escludessi dieci colori non se ne accorgerebbe nessuno, soprattutto se il colore sta all'interno. È una mia necessità sapere che il colore sta da tutte le parti. Quando vedo un abito in costruzione, sul manichino, ho bisogno di immaginare la donna che cammina, che sta su una scala e forse -muovendosi- rivelerà anche quel colore […]"13.
 

Roberto Cappucci: Abito-scultura sauvage fucsia pieghe multicolore con movimento geometrico in vari colori (Berlino, Schauspielhaus)1992. photo: Claudia Primangeli / L. e C. Service, Roma

A proposito della ricerca cromatica di Capucci e del suo modo di comporre e articolare una gamma infinita di toni fino a creare effetti di movimento resta magistrale la lettura di Alvar González-Palacios: "Verde come lo smeraldo, verde come una foglia fresca, verde come il mare, verde come la mela, verde come il panno del tavolo da bigliardo o come il vetro delle bottiglie, verde come il sottobosco d'autunno o come il mandorlo d'estate e ancora altro verde e altro ancora, uno appoggiato sull'altro, il secondo sul terzo e poi sul quarto sorgendo dal precedente, morendo nel successivo e integrandosi fra i due in un crescendo che di colpo si abbassa come la fine scura di una melodia. L'inerpicarsi e lo spegnersi di una tonalità così come si susseguono i fotogrammi di un film inebriano al pari della forma bizzarra che i mille colori ricoprono in una sola nota; esaltandosi a vicenda diventano a loro volta forma semovente persino nell'immobilità di ogni cosa"14.

Questi effetti sono raggiunti con una cura quasi maniacale del rapporto colore-materiale, perché “nella seta c'è una luce che il colore non ha altrove, nel velluto la luce è densa, drammatica (per questo nel velluto sono splendidi i colori cupi che nel cotone diventano opachi), un certo verde può essere sgradevole nel taffetas mentre è fresco, affascinante, nel lino” 15.

La contemplazione della bellezza dei tessuti di seta, delle loro infinite strutture e delle loro inarrivabili cromie non deve far perdere di vista il fatto che la parte estetica è solo un aspetto di un'esperienza sensoriale più complessa, che investe anche tatto e udito. A livello tattile si ripropone un ventaglio di sensazioni molto articolato a seconda delle tipologie tessili: liscio e morbido il raso, altrettanto liscio ma ben più compatto e sostenuto è il taffetas, che può avere una superficie levigatissima oppure costellata di minuscoli nodini della versione shantung. C'è poi tutta la gamma dei tessuti morbidi e impercettibilmente scabri, dal crêpe allo chiffon, e gli esempi potrebbero essere moltiplicati all'infinito. Questa esperienza tattile si traduce in una gamma di suoni altrettanto diversificata che viene esaltata dal movimento del corpo. È una sinfonia multisensoriale: pensiamo ad esempio al movimento e al fruscio prodotto da uno strascico, al crepitio dei ventagli soleil: da qui l'intuizione geniale di Anna Piaggi di registrare Capucci mentre maneggia e accarezza vari tipi di sete.

Questo ci porta al suono delle creazioni di Capucci, che in parte sono sculture, ma in parte sono state concepite per poter essere indossate, in una molteplicità di aspetti della creazione artistica di chiara ascendenza barocca. Architettura, scultura e pittura si accostano esaltando gli aspetti luministici e cromatici per opere d’arte composite in cui emerge con prepotenza l’amore per il fasto, per lo spettacoloso ed il teatrale. Del resto Capucci vive e crea in quella Roma in cui il Barocco diede i suoi frutti più illustri: la Roma di Bernini, di Borromini, del Maderno, di Caravaggio, Quale luogo migliore per ricordare che “è dell’artista il fin la meraviglia” ?

Ma la Roma barocca è anche quella esaltata da D’Annunzio in uno dei testi più famosi dell’estetismo e da vero esteta Capucci, esasperato dalla volgarità, dal cattivo gusto imperante, dalla bruttezza persegue una sua solitaria, aristocratica ricerca di bellezza assoluta, al di là delle tendenze e delle mode del momento. “La sua carriera è una sfida ininterrotta: al colore, per trovare sempre nuove sfumature; al tessuto, per farlo diventare scultura; alla funzione stessa dell’abito, per trasformarlo in opera d’arte” 16. Saggio tratto dal catalogo della Mostra “FANTASIE GUERRIERE Una storia di seta fra Roberto Capucci e i Samurai dal XVI al XXI secolo - Filatoio di Caraglio, Cuneo, 2008 di Silvana Editoriale


NOTE (per tornare al testo cliccare sul numero della nota)

1) Il presente testo si basa su di un colloquio avuto con il maestro Roberto Capucci il 28 maggio 2008. Ringrazio inoltre Serena Angelini ed Enrico Minio per la preziosa collaborazione.
2) È il caso di uno speciale tipo di reps che negli anni Sessanta veniva prodotto da Hurel a Lione solo per Capucci, Givenchy e Balenciaga e che ora non si fa più.
3) Nell'Antico Setificio Fiorentino vengono usati telai sette e ottocenteschi. Cfr. www.anticosetificiofiorentino.com.
4) L'ormesino o ermesino, originario della città persiana di Ormuz da cui deriva il nome, è tecnicamente un taffetas e così è anche ricordato nella legislazione suntuaria: "... ex taffeta vel ormesino..." Cfr. www.archivi.beniculturali.it.
5) Si tratta della collezione Autunno/Inverno 1952-53. Cfr. R. Orsi Landini (a cura di), Seta. Potere e glamour. Tessuti e abiti dal Rinascimento al XX secolo, Silvana editoriale, Milano 2006, pp. 144, 146.
6) Nel 1946 Maria Antonietta di Frassineto aveva creato la Tessitura di Rovezzano per continuare l'antica arte fiorentina della produzione artigianale di tessuti pregiati di arredamento. Cfr. www.tessituradirovezzano.it.
7) Una curiosità a proposito degli stimoli che pervengono a Capucci dal settore ecclesiastico come nicchia di lavorazioni di eccellenza: il primo plissettatore dI cui si avvalse era quello che pieghettava i copricapi delle suore.
8) Il Museo della Fondazione Roberto Capucci è stato inaugurato il 27 ottobre 2007 nella Villa Bardini di Firenze.
9) G. Manzini, La moda di Vanessa (a cura di N. Campanella), Sellerio editore, Palermo 2003, p. 208.
10) Brano citato da G. Bauzano, Roberto Capucci: sperimentatore al di là del tempo, in G. Bauzano (a cura di), Roberto Capucci. Creatività al di là del tempo, Skira, Milano 2001, pp. 25-27.
11) Già nelle prime collezioni comparvero delle gonne con plissé double face, in bianco e nero. Sganciando e riallacciando le gonne il capo cambiava il colore.
12) B. Marsano in “La Storia dell’Arte”, 19, Mondadori Electa, Milano 2006, Edizione speciale per La Repubblica, p. 658.
13) A. Municchi, Il colore nelle collezioni di Roberto Capucci dal sito www.modaonline.it/artemoda/capucci/anna1.htm.
14) Brano citato da G. Bauzano, Roberto Capucci cit., p. 27.
15) A. Municchi, Il colore nelle collezioni di Roberto Capucci cit.
16) B. Marsano in “La Storia dell’Arte” cit., p. 657.


Argomenti:   #capucci ,        #cultura ,        #giappone ,        #moda ,        #samurai ,        #seta ,        #tessile



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