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 Anno V n° 3 MARZO 2009    -   TERZA PAGINA


Parliamo di Luigi Pirandello
Io sono la tua pazzia
La modernità di Pirandello letta in un testo teatrale, scritto oggi da Stefano Mecca, sul rapporto del drammaturgo con il suo personaggio Mattia Pascal e la pazzia della moglie Antonietta. L’incontro con l’autore –regista e gli attori porta a riflessioni per l’oggi
Di Cricio



Il sottotitolo del pezzo teatrale è “Luigi Pirandello incontra Mattia Pascal”: questa è la cornice entro cui si muovono gli attori di questo testo “pirandelliano”, in cui però Pirandello non ne è l’autore, ma è attore e centro della trama.

Quando ho assistito alla sua rappresentazione, fatta dalla Compagnia del Teatro Prova, ho trovato forti analogie e spunti di riflessione su quella che è la nostra vita oggi, anche la mia.
Ecco che così si forma l’idea di proporre ai nostri lettori questo spettacolo, attraverso l’incontro con l’autore regista e gli attori.

Parliamo ora con Stefano Mecca, che ha scritto il testo e curato la regia (N.d.R. con Max Brembilla). Come per tutti quelli che si occupano di teatro, anche per lui Pirandello è sempre stato un punto di riferimento che non si può non frequentare.

Nell'indagare la figura dello scrittore, si è imbattuto, ovviamente come tutti, nella figura della moglie, ma Mecca misura l’importanza che ha avuto Antonietta nel successo del “professor Pirandello”. Da qui l’idea base: “raccontare la storia d’amore tra Luigi Pirandello e la moglie, moglie che risulta un poco leggendaria, nel senso che nei testi, nelle sue biografie appare sempre, diventa pazza, ma non è mai approfondita.
Ho voluto capire
- dice Mecca - chi era questa donna, quali erano i motivi della sua pazzia e che peso ha avuto nella sua vita e nella sua arte. Infatti il tema della pazzia e dell’identità è un tema portante dell’opera di Pirandello. Questa donna ha avuto un significato in tutto questo.
Così nasce l’idea di fare un il testo teatrale e, da buon professionista e ricercatore, si documenta e, approfondendo l’argomento, si rende conto “che dalla loro storia d’amore e alla vicende dei dissesti finanziari che l’hanno accompagnata viene alla luce il Fu Matta Pascal”.

Ecco che questo, pietra angolare della letteratura, da cui nasce il romanzo del novecento, sembra avere non abbia un padre, ma anche una madre: “la silente Antonietta”.
Dobbiamo ricordare che il “fu Mattia Pascal”, per quei tempi, fu un romanzo straordinario, quasi scandaloso: abbandona la struttura del racconto lineare e cronologico del romanzo ottocentesco e appare un modo di scrivere , che per noi oggi è normale: andare avanti e indietro nel tempo. Ma che allora non era comune. Per di più il romanzo è scritto in prima persona, risulta quasi un lungo monologo, è infatti il personaggio principale che racconta quanto è successo.

Stefano rileva “i molti punti di contatto tra le vicende narrate nel romanzo e la vita che stava vivendo in quel momento Pirandello e così ha l’intuizione: “Antonietta, la moglie, è stata determinate nella nascita del romanzo”, si rende conto che, se Pirandello“ non avesse avuto questi guai, queste vicissitudini, legate ai dissesti finanziari, non sarebbe nato il capolavoro”.

Ma Mecca prosegue, “c’è una altro punto che mi ha incuriosito: il fatto che questa donna così passionale, così siciliana, ad un certo punto decide di rinchiudersi per sempre, e a questo si aggiunge un’altra cosa, non so se verità o leggenda: lei smette di parlare. Lei vivrà più di vent’anni dopo la morte di Pirandello e muore solo negli anni ‘50.
Secondo le biografie, Luigi Pirandello, dopo che lei si è fatta richiudere, non la rivedrà mai più.

Da questo scaturisce l’idea della finzione teatrale, mi sono detto: ma se Pirandello, alla fine della sua vita, quando era ormai famoso in tutto il mondo, avesse incontrato nuovamente Antonietta, cosa avrebbe detto? Cosa sarebbe accaduto?
Tutto ciò che portiamo sul palcoscenico parte da queste domande


Nella realtà il pezzo teatrale diventa anche un contenitore par raccontare la loro vita e l’apparizione del personaggio Mattia Pascal “che vuole fare i conti con il proprio creatore” è un elemento essenziale, infatti, “dalle analisi fatte, anche la moglie appare autrice di questo personaggio. Mattia Pascal è la rappresentazione dei drammi dell’uomo del novecento e che ancora oggi proseguono: l’identità, la pazzia, il desiderio di cambiare vita e scappare”.

Mattia Pascal- spega Mecca- è il sogno di rincominciare da zero, abbandonare la vita alle spalle per creare una nuova identità, quindi, l’inventare la figura di Adriano Meis, può essere letto come se Pirandello illudesse il suo personaggio di poter avere un’altra vita. È così che Mattia Pascal, nel nostro spettacolo, incontra Pirandello e lo accusa di avergli fatto credere di poter vivere un’altra vita, e poi di aver costretto alla morte l’alter ego creato, perché la finzione, la maschera indossata, non poteva vivere.
Cosi
– ragiona Mecca - è pensabile che Mattia Pascal abbia dei rancori con chi l’ha creato; infatti perde, sia l’identità inventata, sia la sua vera: quando ritorna alla realtà del suo paesello, “lui” è ormai morto e sepolto per i suoi compaesani, la moglie si è risposata, non ha più una casa ne null’altro. Questo sogno diventa un incubo. Entrambe le identità sono scomparse ed è così è diventato un terzo uomo.
Questo è uno dei punti cardini della poetica di Pirandello e la domanda “Chi siamo?” la faccio dire a Pirandello stesso.
!

Ora parla “Antonietta”, Alessandra Spinelli, una giovane al suo debutto nella compagnia di professionisti, dopo aver frequentato la scuola sempre della Compagnia del Teatro Prova. Alessandra mette in rilevo come “Antonietta appaia nella macchina della vita, come un fantasma, come uno specchio, un punto di confronto con la realtà e quello che va oltre la realtà. Antonietta, deve mettere in crisi Pirandello.
Per questo Antonietta non è isterica, con scene di gelosia, come lo fu nella sua prima parte della pazzia, ma la abbiamo rappresentata immersa nel silenzio, quasi immobile il mutismo è legato alla mancanza di dialogo con il resto del mondo, la ricerca dell’altro ed il confronto.
Il suo silenzio è complesso da rappresentare
”. Alessandra Spinelli ci confessa: “realizzare questo è stato molto difficile perché ogni movimento catalizza l’attenzione del pubblico e deve essere perfettamente calibrato, preciso e significativo”.
Andrea Rodegher, (Mattia Pascal) aggiunge: “a livello scenico è molto difficile il silenzio, quando puoi parlare hai a disposizione la voce con i diversi toni, cosi hai puoi usare dei mezzi, che possiamo anche chiamare “trucchi per tenere la scena”. Con il silenzio, se per perdi per un attimo la concentrazione, crolli, Alessandra che impersona Antonietta è costretta a mantenere questa intensità per tutta la durata dello spettacolo.
Così il personaggio di Antonietta si contrappone così agli altri due, Mattia Pascal e Luigi Pirandello, che invece riempiono la scena con un continuo movimento e con un parlato continuo e significativo

Rodegher parla poi del suo personaggio: Mattia Pascal. “Il personaggio, a differenza degli altri, i cui dialoghi sono stati costruiti da Stefano Mecca , trae direttamente vita dal romanzo e parla in gran parte con le parole di Pirandello.
Mattia Pascal è un personaggio che mostra la sua grande modernità. Il voler cambiasi la vita, il volere rinascere è un desiderio oggi presente, forse più di allora e, nella costruzione fatta da Pirandello, a mette nudo quale siano le reali difficoltà nel lasciare una identità per assumerne una nuova.


Ma c’è un altro elemento presente nello spettacolo, legato in particolare alla storia di Mattia: i “soldi” argomento attualissimo anche questo. Soldi per ricominciare, ma anche per “essere” qualcuno. “Mattia Pascal pensa di usare i soldi vinti al gioco, per sistemarsi a “casa sua”, ma... poi gli eventi lo portano a usarli per essere un’altra persona: Adriano Meis.
Tutti questi sono elementi che si presentano come dirompenti nella nostra società che sicuramente vive con maggior drammaticità i conflitti, esasperati spesso da un eccesso di comunicazione: il nostro mondo globale”.

Parliamo ora con Max Brembilla del suo personaggio: “Pirandello”, personaggio molto difficile.
Un attore infatti - argomenta - non può essere Pirandello o Amleto, l’attore deve cercare di entrare e servire quello che è scritto nel copione; il personaggio trova modo di migliorare, in sfumature e toni, più lo si interpreta sul palcoscenico.
La pazzia è un tema che mi affascina, la conosco perché ho avuto modo di lavorare negli ospedali psichiatrici: è un filo sottile e se non siamo funamboli per restare in equilibrio al di sopra di essa, è facile per noi caderci.


Pirandello è il centro della rappresentazione, attorno a lui girano gli altri due personaggi: Mattia Pascal, suo figlio e padre della sua fortuna, e Antonietta, quella che ha generato, seppure involontariamente con la perdita della dote e con la sua pazzia, una nuova vita per Luigi Pirandello, che da professore benestante diventa un uomo di successo. Pirandello però deve lavorare infaticabilmente per mantenere il successo e la sua agiatezza.

La frase che Pirandello, nello spettacolo dice rivolto alla moglie e da il titolo a tutto: “Io sono la tua pazzia” riassume il significato di questo meccanismo di mascherasi, cambiare identità, per rinnovarsi.

Come dicevo inizialmente, l’opera portata in scena può essere spunto di molte riflessioni.
Oggi forse è necessario per sopravvivere cambiare e disporre di un poco di pazzia. Il cambiamento è una necessità per adattarsi e alla realtà difficile che incontriamo, per rinnovarsi, per ricaricarsi e smaltire lo stress di una vita insoddisfacente, che ci pervade e che tenta di appiattirci, con una massa di comportamenti obbligati.

Si può indossare la maschera, si può cambiare, ma per evitare di cadere nella pazzia, bisogna mantenere l’identità, non cedere alle lusinghe del personaggio “nuovo di zecca”, l’esperienza di Mattia Pascal è in questo significativa: al termine della sua metamorfosi non è più nessuno.

Tra i tre personaggi, la muta ed immobile Antonietta, appare come quella che riesce in qualche modo a restare se stessa, ma perde la capacità di comunicare con gli altri alzando una barriera insormontabile.
Infine Luigi Pirandello diventa uomo di successo, ma perde la moglie e la famiglia.

La rielaborazione fatta da Stefano Mecca della “storia d’amore tra Luigi Pirandello e la moglie” diventa quindi un potente mezzo di riflessione su come gestire la nostra identità in un modo che cerca sempre di più di spingerci verso l’abiura di noi stessi e quindi verso la pazzia


Scheda dello spettacolo:
IO SONO LA TUA PAZZIA
Luigi Pirandello incontra... Mattia Pascal

Teatro Prova di Bergamo

Su iniziativa del Gruppo Giovani del
Comitato di Bergamo della Società Dante Alighieri
Regia di Max Brembilla e Stefano Mecca
Con Max Brembilla, Andrea Rodegher e Alessandra Spinelli
Drammaturgia di Stefano Mecca
Musiche a cura di Andrea Rodegher

Si può leggere la recensione dello spettacolo sul sito del
Comitato di Bergamo della Società Dante Alighieri.



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