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 Anno V n° 3 MARZO 2009    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi


Il silenzio è d’oro, ma la puzza no
Napoli è ancora “Iceberg della munnezza”
Non se ne parla più, ma le cose non sono ancora “risolte”, per le strade sono ancora presenti le discariche a cielo aperto ben note
Di Francesca Romana Rodigari



Attraversando Napoli in lungo e in largo, ancora oggi, lo spettacolo che si presenta è assolutamente sconfortante: costeggiando le strade si possono notare vere e proprie piccole discariche a cielo aperto che ospitano immondizia della più svariata origine: dal secco all’umido, dalla plastica al vetro, ma anche rifiuti ingombranti, quali lavatrici, frigoriferi, pneumatici o televisori.

Dalla periferia al centro, dai quartieri bene a quelli degradati, la spazzatura di Napoli assurge a problema di portata nazionale, tanto è vero che ha costretto le istituzioni ad emettere alcune ordinanze nel tentativo di offrire soluzioni a breve termine.
Così, purtroppo, non è stato. Il decreto 90, detto anche Berlusconi-Bertolaso, che andava a mettere delle toppe ad una situazione di emergenza, a conti fatti ha causato altri disagi, facendo emergere la punta di un iceberg. “Icerberg della Munnezza”, così si potrebbe definirlo, accostando due sostantivi forse troppo lontani tra loro.

Il periodo di vero panico che ha attraversato la città partenopea è stata l’estate del 2008, tutti i quartieri hanno visto accumularsi nel corso delle settimane delle verosimiglianti montagne di rifiuti urbani, tutto questo accompagnato dall’odore acre e pungente delle bucce della frutta, delle verdure abbandonate nei cassonetti e che al caldo del mese di luglio velocemente marcivano.

La prospettiva non era certo delle migliori ma da buoni Napoletani, la si è buttata alle spalle. La questione però non è del tutto passata perché, a volte, in molti quartieri napoletani riaffiorano questi cumuli di spazzatura che non vengono portati via dall’azienda della nettezza urbana.
Per chi non ha vissuto quelle giornate, questi episodi possono apparire paradossali e quasi surreali, ma volendo prenderla ironicamente, non hanno nulla da invidiare a scenografie di film di hollywoodiana memoria.

C’è da dire che l’hinterland di Napoli è quello più colpito, quello che sente maggiormente questo problema e richiede a gran voce delle soluzioni.
Nonostante le proposte di istituzionalizzare la raccolta differenziata, che potrebbe risollevare le sorti del capoluogo campano, esiste una politica di dissimulazione concepita ai danni della popolazione.

La questione dei rifiuti partenopei è ritornata alla ribalta delle cronache nel maggio 2008, per la cava di Chiaiano: infatti in questa zona si è aperta il giorno 17 febbraio 2009 la discarica e in quella notte sono stati effettuati i primi sversamenti, senza rendere noto il fatto ai residenti. I chiaianesi, da quasi un anno combattono strenuamente affinché non si compia questo scempio del territorio; in sintesi non vogliono la spazzatura di tutta la regione Campania sotto casa.

Il culmine della vicenda si è avuto quando si è evidenziato il rischio di contrarre tumori, eventualità accertata anche dagli studi scientifici del dott. Gerardo Ciannelli, del Monadi di Napoli. Mesoltelioma Pleurico, cancro ai polmoni, questo è ciò a cui sono stati condannati gli abitanti della Poggio Vallesana, zona di Chiaiano.

All’interno della cava sono stati scoperti dei residui di particelle d’amianto, che sembrerebbero essere la causa di questa malattia. Infatti, questo terribile cancro, si può contrarre dopo una forte esposizione all’amianto semplice, che, sottoforma di aghi viene assorbito dal corpo e, in ultima analisi uccide.

Cassonetti sporchi e strapieni ad ogni angolo delle strade, uno spaccato di vita quotidiana che è entrato nel vissuto di ogni abitante, anche se così non dovrebbe essere. Una vita sana e pulita dovrebbe essere il diritto di ogni cittadino di questo Stato, ma spesso a Napoli ciò che è normale diviene straordinaria amministrazione.

Se il silenzio dei media serve al governo e, forse, a noi italiani tutti, per non vedere peggiorare l’immagine già consunta del bel paese nel mondo, non serve certo a dare una spinta alla risoluzione di problemi che perseguitano la Campania da anni, ma che solo quando fa comodo ricevono dai media l’attenzione che dovrebbero avere.



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