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 Anno V n° 4 APRILE 2009    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi



Gente siamo nei guai! La pubblicità ingannevole crea problemi per alimentazione e salute
La pubblicità altera il valore dei prodotti; questo è sempre negativo, ma diventa pessimo quando va ad incidere sul tema della salute e quando poi si passano come informazioni scientifiche informazioni molto parziali o addirittura poco attendibili
Di Giovanni Gelmini



Il problema della salute e della buona alimentazione è sempre più spesso portato all’attenzione della gente, ma viene presto dimenticato, perché?

Per incominciare Paola Patrignani, docente di farmacologia presso l'Università di Chieti G. d'Annunzio, in un’intervista a “Galileo”, giornale di scienza e problemi globali on-line, ha fatto affermazioni pesanti sugli alimenti con fitosteroli, che limitano l'assorbimento del colesterolo e che sono pubblicizzati come un toccasana.

La prima cosa che la dottoressa segnala è che il colesterolo assunto con l’alimentazione è solo una piccola parte “ solo il 10-20 per cento del colesterolo totale ”. questo è noto a tutti gli esperti, ma nessuno lo sottolinea, perché?

L’assunzione di fitosteroli antagonisti può addirittura aumentare la produzione di colesterolo endogeno come compensazione con evidenti pericolosi squilibri sul quadro complessivo, anche perché quando si instaurano dei meccanismi di iper-produzione non è poi così facile riportare tutto alla norma. Ma non solo, questi fitosteroli, secondo la ricercatrice, possono causare altri danni consistenti, infatti “possono ridurre i livelli di beta-carotene nel sangue, un precursore della vitamina A, necessario per la crescita delle ossa, fondamentale per una buona vista e importante per la formazione dei denti. Tanto che i produttori consigliano di integrare la dieta con frutta e verdura, alimenti ricchi di carotenoidi”.
Si consigliano, ma non dicono perché!

Come al solito questi prodotti che non vengono classificati come farmaci, ma in effetti dovrebbero essere sempre assunti sotto il controllo medico, sperando che il medico di base (N.d.R. per fortuna non si dice più di fiducia) sia attento e preparato, perché vedremo poi che la “comunicazione scientifica” ha dei bei problemi, anzi dei problemoni!

Altro campo sempre sotto gli strali degli igienisti e dei medici, ma che resta sempre un mercato fiorente, è quello dei prodotti dietetici e degli integratori. Anche in questo caso nella maggior parte dei casi questi prodotti sono inutili, ma spesso sono anche dannosi.

I ricercatori dell'Harvard School of Public Health e del Pennington Biomedical Research Center, guidati da Frank Sacks del National Hearth, Lung and Blood Institute sono giunti ad una conclusione strepitosa, ma in effetti già ben conosciuta dalla gente normale: per dimagrire bisogna mangiare di meno. Non è questione di ridurre di più i carboidrati o le proteine o i grassi, di arrovellarsi in complicati calcoli, o di seguire una dieta piuttosto che un'altra: è sufficiente avere un’alimentazione equilibrata, sana e, soprattutto, ipocalorica.

Senza entrare nello specifico della ricerca pubblicata su The New England Journal of Medicine, si è dimostrato che quattro gruppi con diete diverse: a basso contenuto di grassi, ad alto contenuto proteico, ad alto contenuto di grassi e ad alto contenuto sia di grassi sia di proteine. Per tutti i quattro gruppi, i grassi saturi sono stati sostituiti con quelli insaturi e l'alimentazione è stata ricca di cereali, frutta e verdura. Inoltre a ogni partecipante è stato chiesto di ridurre di 750 calorie l'apporto calorico giornaliero (fino a un minimo di 1.200 calorie al giorno), di praticare 90 minuti di moderato esercizio fisico a settimana e di tenere un diario alimentare.

Sembrerà strano ma... ogni dieta ha portato a risultati analoghi: una perdita media di sei chili entro i primi sei mesi e altri quattro in due anni, un girovita di due centimetri in meno, un miglioramento del rapporto del colesterolo fra “buono” e “cattivo”, una diminuzione dei trigliceridi, della pressione sanguigna e dei livelli di insulina. In definitiva, per tutti si è ridotto il rischio di malattie cardiovascolari.

È assolutamente evidente che non è la composizione della dieta a influenzare il risultato, ma il sistema di vita. Ma lo studio ha anche messo in luce un’altra componente, che ancora una volta non ha nulla a che vedere con la composizione della dieta: quello che sembra creare veramente la differenza è poter contare sul costante supporto di uno specialista che consigli il modo di vita. Infatti chi ha partecipato ad almeno due terzi degli incontri con gli esperti ha perso fino a dieci chili nell'arco di due anni; sembra quindi che per raggiungere obiettivi sia più importante un sistema di vita sana che il rapporto dei nutrienti nella dieta.

Questo conferma cose che sono già note a chi non crede alle diete dimagranti: se non si cambia il sistema di vita, il dimagrimento ottenuto con “pastiglie” si perde in pochissimo tempo e spesso poi si aumenta addirittura di peso oltre quello iniziale.

Anche se questi studi scientifici continuano a dimostrare che diete, integratori, ecc sono poco efficienti, poco sicuri, se non dannosi, dai primi risultati delle indagini sui consumi in periodo di crisi sembra che proprio queste spese, che alla fine si dimostrano poco utili, non subiscano decurtazione, quando invece sarebbe utile darci un bel taglio.

Perché questo avviene? Perché c’è una pubblicità che ne sostiene il consumo, creando falsi bisogni e false speranze. E la falsa o eccessiva pubblicità è un poco anche la causa di questa crisi che stiamo vivendo.

Ben ha fatto Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori a commentare alcuni accertamenti che l’EFSA, Autorità europea per la sicurezza alimentare, sta effettuando su dei claims salutistici e nutrizionali che si trovano su alcuni prodotti alimentari e che sono considerati poco attendibili; dovremmo fare nostre le sue dichiarazioni: “Non possiamo più tollerare che i consumatori vengano continuamente bersagliati da messaggi pubblicitari ingannevoli e oltretutto privi di fondatezza, in particolare contenenti indicazioni salutistiche che non hanno alcuna corrispondenza con la realtà”.

Ma non c’è solo questo che deve preoccuparci; tutti dovremmo stare molto attenti su quanto vantato dalla pubblicità e credere poco a questi messaggi. Si scopre qualcosa di molto allarmante sulle pubblicazione scientifiche relative ai farmaci, quelle per intenderci a cui i medici dovrebbero fare riferimento.

Una ricerca condotta da Tom Jefferson e colleghi del Centro Cochrane Italiano, pubblicata dal British Medical Journal, mette in evidenza come la pubblicazione di uno studio su riviste prestigiose non dipenda dalla qualità della ricerca, ma dagli sponsor.
La ricerca è stata condotta sui vaccini anti-influenzali e ha mostrato come gli studi finanziati parzialmente o interamente dalle industrie hanno più “successo” di quelli sponsorizzati da istituti pubblici, associazioni o senza alcun finanziamento, in modo assolutamente indipendente dalla validità scientifica degli studi sull’efficacia dei vaccini.

Evidentemente la questione è grave perché già i medici dedicano pochissimo tempo al loro aggiornamento, in media solo 22 minuti al giorno per legere articoli scientifici, se poi la validità degli studi presentati non è selezionata adeguatamente secondo validità scientifica, anche i medici non possono certo essere “ben informati” come dovrebbe essere.

Il meccanismo è veramente indecente e preoccupante. Tom Jefferson afferma: “Lo studio dimostra che per accedere alle riviste più prestigiose basta uno sponsor potente. Le case farmaceutiche ordinano molte copie delle riviste che pubblicano articoli favorevoli ai loro prodotti e spesso acquistano spazi pubblicitari per finanziarle. È tempo che le riviste scientifiche dichiarino apertamente chi sono i loro finanziatori”.

Ovviamente se questo è il meccanismo per i vaccini anti-influenzali, è ragionevole che per tutti i farmaci sia così e ancora una volta la “pubblicità” fa quello che vuole, nascondendo studi validi, che magari danno anche fastidio ai produttori.

Possiamo concludere: attenti a quello che vi raccontano, troppo spesso sono palle!



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