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 Anno V n° 8 AGOSTO 2009    -   RECENSIONI


Letto per voi
Note di cucina di Leonardo da Vinci
Una piacevolissima lettura, anche per chi non è amante della cucina, che ci fa conoscere un genio diverso da quello che si generalmente ci si immagina
Di Cricio



Un giorno gironzolavo tra i banchi di una libreria, quando sono stato attratto da un libricino; il suo titolo in particolare mi ha attratto: “Note di cucina di Leonardo da Vinci”. È ovvio che la curiosità di Cricio ha prevalso sulla riottosità ad acquistare un nuovo libro di cucina, anche perché la spesa era contenuta; così con il libricino in mano mi sono diretto alle casse e, a casa, ho iniziato a leggerlo.

Le prime righe della prefazione del dottor Marino Albinesi, pubblico ministero a Roma e presidente del Circolo enogastronomico d'Italia, cosi si legge, mi portano all’attenzione una verità: “È sempre sembrato molto strano che una persona tanto curiosa e interessata a tutto, come Leonardo da Vinci, abbia un ricordo così vago della sua passione per il cibo e per la cucina. Lui, l'uomo il cui più grande e famoso dipinto, al quale dedicò tre anni di vita, è chiamato l' Ultima Cena, doveva essersi occupato molto più di cibo che di valori spirituali. Lui, l'uomo che nelle sue ultime volontà lasciò una parte considerevole dei propri beni — fra tutti — alla sua cuoca, Battista de Villanis. Lui, l'uomo che si dedicò per tutta la vita tanto appassionatamente al cibo e all'arte culinaria quanto alle pitture o ai progetti delle fortificazioni o a tutto ciò che stimolava la sua curiosità. In realtà egli si dedicò più attivamente alla cucina che a ogni altra arte.

Non avevo mai pensato a Leonardo da Vinci come ad un attento gastronomo. La figura che mi sorge nella mente quando si parla di lui è di un barbuto signore dedito a inventare marchingegni che spesso non potranno funzionare perché le tecnologie e i materiali del tempo non ne permettevano una valida realizzazione. Scienziato e pittore sono le due definizioni che nella mia memoria accompagnano il suo nome ed ora lo scopro anche cuoco. Vengo a sapere che fino ad oggi non si conoscono suoi scritti sulla cucina, ma è stato scoperta una “copia in italiano” di un fantomatico Codex Romanoff.
Il trascrittore ha provveduto a iniziare la sua opera con due righe "Questa è l'opera che io, Pasquale Pisapia, ho copiato a mano dal manoscritto originale di Leonardo da Vinci, custodito all'Hermitage di Leningrado" e qui la cosa si ammanta di mistero, perché, dopo attente indagini non si trova il manoscritto originale, anche se i misteri russi sono tanti.
Così non è possibile autenticare il contenuto della trascrizione, ma esistono alcuni indizi che permettono di affermare che c’è una possibilità che sia tratto da un vero manoscritto di Leonardo da Vinci.

Dopo la prefazione, che ci introduce appunto nei problemi storici di autenticità del testo, c’è un il primo capitolo scritto dagli autori Shelagh e Jonathan Routh, che ci racconta la vita di Leonardo da Vinci, rivista alla luce del Codex Romanoff.

Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di qualcosa di pesante, scritto con il metodo noioso della critica storica. Nulla di tutto questo; si tratta invece di un brioso racconto che gli autori titolano: LEONARDO IN CUCINA -Ritratto "gastronomico", ma che io avrei intitolato “le disavventure di Leonardo in cucina, e che ricorda “Le avventure di tre uomini in barca” di Jerome Jerome K. per l’ironia con cui è scritto.
Un vero racconto delle disavventure leonardesche con tanto ridicolo per il nostro beneamato “ingegnere” e anche con una certa dose di suspance e mistero.

 

Il menu illustrato che Leonardo e Botticelli avevano preparato per la loro trattoria; alcuni disegni mostrano la mano di Botticelli, ma la scrittura è incontestabilmente quella di Leonardo. Nessuno, né i clienti né i cuochi, ci capirono nulla.
Collezione William Thomson- illustrazionte tratta dal libro.

Il racconto parte dai primi anni del giovane Leonardo, quando diciassettenne viene mandato alla scuola del Verrocchio, ma nelle stesso tempo prende servizio in una taverna del Ponte vecchio di Firenze: “Le tre lumache”. Dove dopo un po’ di tempo, per una evenienza misteriosa in cui muoiono i tre cuochi avvelenati, viene promosso cuoco. Contro le abitudini del tempo, propone una cucina che assomiglia molto alla “nouvelle cousine” (vedi ricetta pubblicata), ma la gente non è preparata a questo e così viene cacciato a viva forza.
Ritenta l’esperienza con un socio, un certo Sandro Botticelli, anche noto per i suoi quadri come “La nascita di venere” “La primavera” e “Le tre grazie” e le tante “madonne”. Anche questa esperienza finì male.

Leggendo scopriamo così un Leonardo molto diverso da quello che ci rimanda la tradizione, troviamo un ingegnere tutto dedicato a fare scoperte per migliorare la cucina, al punto che gli autori arrivano a supporre che le sue macchine da guerra non siano altro che macchine da cucina pericolose, che hanno trovato invece un valido utilizzo in guerra contro i nemici. Scopriamo anche che Leonardo è l’inventore della forchetta, del tovagliolo e, non me ne vogliano i napoletani, degli spaghetti!

L’ultima parte del libro è il “Codice Romanoff di Leoanrdo da Vinci”, in cui assieme alle ricette in uso nel secolo XVI°, troviamo appunti, spunti e ricette da attribuire al grande genio toscano. Sono indicazioni che a volte fanno ribrezzo, ma spesso possono dare spunto valido per cose di oggi, perché la cucina di Leonardo da Vinci è moderna, attuale e concettualmente leggera, magari con qualche miglioramento per la qualità, le tipologie delle materie prime e le tecnologie di conservazione e cottura disponibili oggi.


Note di cucina di Leonardo da Vinci
di Shelagh e Jonathan Routh
Listino € 12,00
Editore Voland
Collana Finestre
Anno 2005
Pagine 174
Lingua Italiano
Prefazione di Marino Albinesi
Traduttore Valentina Francese
EAN 9788820047528
ISBN: 88-88700-44-7
Data pubblicazione: settembre 2005


Originale Leonardo's Kitchen Note Books, Collins, London, 1987


La presentazione nel risvolto di copertina

Pochi sanno che Leonardo da Vinci ebbe per tutta la vita una passione incondizionata per la cucina. Vegetariano, innovatore, sperimentatore in questo campo come in mille altri, Leonardo fu per più di trenta anni Gran Maestro di feste e banchetti alla corte degli Sforza, a Milano. Ma prima, a Firenze, era stato garzone e cuoco alla taverna delle Tre Lumache sul Ponte Vecchio e aveva aperto una locanda con Botticelli, chiamata Le Tre Rane di Sandro e Leonardo.
Ricostruiti sulla base del Codex Romanoff, questi suggerimenti culinari leonardeschi sono, tra l'altro, un excursus sulle bizzarìe alimentari del Rinascimento e una miscellanea di ricette, molte delle quali non esattamente appetibili ai giorni nostri. Documentato, ironico e divertente, segnala alcuni disastrosi insuccessi culinari ed è arricchito da disegni di complicate macchine "da cucina”
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