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Anno V n° 8 AGOSTO 2009 - PRIMA PAGINA RU486 e la Chiesa Cattolica |
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Nel numero scorso avevo fatto un paragone tra i writers, che, dagli anni ’60, hanno iniziato ad imbrattare i muri, come denunciava Primo Levi, e i writers di internet. Un discorso da legarsi in modo principale all’educazione e alla critica personale, ma anche un’evidente difficoltà di vivere nel reale da parte di troppi. Oggi mi trovo ad affrontare ancora l’argomento “internet” sollecitato da un intervento, apparentemente autorevole, e da uno, forse molto meno, di un giornalista. Interventi che ritengo assolutamente sbagliati, ma che rappresentano un modo di pensare di un certo numero di persone di una certa classe culturale.
Sulla scia di questa discussione appare un articolo pubblicato da “Il Giornale”: “Internet La dittatura dei dilettanti allo sbaraglio” a firma di Geminello Alvi (http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=371424). Qui veramente credo che si tocchi il fondo dell’arroganza di chi si crede colto. L’autore si scaglia contro gli internauti con queste parole: “Costoro in effetti paiono possedere solo un talento per il chiacchiericcio, ovvero per lo sfogo di chi apre la bocca per dargli fiato - qualche passo dopo -“ Invece ora si riunisce ad altre miriadi di dilettanti, e coopera a impoverire la cultura, come mai sarebbe loro riuscito prima. Il digitare dei polpastrelli eccita il dialogo compulsivo su notizie scopiazzate. - e successivamente si legge - “E allora per quanto mestieri come il giornalista o l’insegnante possano dirsi in difficoltà, viene comunque da rimpiangerli.”. Ma che bel presuntuoso! Crede che solo la sua cultura sia valida? Che solo il suo sapere sia valido? Con quale diritto vuole impedire alla gente di comunicare a modo suo e a che titolo ciò? Eclatante è la sua affermazione “Il conformismo con la globalizzazione è peggiorato: ci si limita al biasimo di internet, ma subito corretto dalle lodi. Si compiace la massa degli incolti con distinguo innocui, si biasimano i vizi erotici e il crimine; ma si loda la rivoluzione. E invece internet non è neutrale. Deve anzi dirsi uno dei motori più perniciosi della standardizzazione globalizzante”. Ma forse il grande giornalista non conosce che è solo da pochi decenni che tutti gli italiani sanno leggere e scrivere, non sa che la “cultura” non è quella che si trova scritta nei libri delle biblioteche, ma è l’esperienza di vita dell’uomo. Ogni uomo ha quindi una sua cultura, che merita sempre il più ampio rispetto. Ogni uomo comunica con gli altri e così incrementa la sua conoscenza e la sua esperienza. Impedire questo vuol dire impedire lo sviluppo della cultura stessa, anche quella di rango più elevato, perché chi è più colto lo deve solo alla conoscenza sviluppata, anche attraverso le persone meno fornite. Voler ghettizzare le culture “inferiori” credo sia la forma di più grande razzismo e di incultura. Il giornalista Geminello Alvi farebbe meglio a mettere alla gogna la profonda ignoranza di troppi giornalisti che, con estrema faciloneria, scrivono errori su errori e che comunicano così dalle autorevoli pagine dei giornali la loro ignoranza, anziché la cultura. Un esempio? Alcuni colleghi, hanno definito Vincent Nichols primate della Chiesa anglicana in Inghilterra, anziché della Chiesa cattolica. Volutamente ho messo a fianco la critica alle dichiarazioni di Vincent Nichols alla critica alle parole di Geminello Alvi perché entrambi, a mio avviso mostrano un’incapacità di accettare il cambiamento e l’idea di vietare, scomunicare, impedire, anziché aiutare a superare i problemi.
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