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 Anno V n° 9 SETTEMBRE 2009    -   EVENTI



L’età di Courbet e Monet. La diffusione del realismo e dell’impressionismo nell’Europa centrale e orientale
Villa Manin, Passariano di Codroipo (Udine), dal 26 settembre 2009 al 7 marzo 2010



 

Claude Monet, Camille Monet e un bambino nel giardino dell’artista a Argenteuil, 1875 olio su tela, cm 55,3 x 64,7. Boston, Museum of Fine Arts

Con questa mostra straordinaria, ricca di capolavori, viene per la prima volta organicamente studiato e raccontato in una esposizione un aspetto peculiare della cultura figurativa europea del XIX secolo. E cioè il rapporto tra la nascita della cosiddetta scuola di Barbizon in Francia e la diffusione del realismo e del naturalismo nei Paesi dell’Europa centrale e orientale.
E subito dopo, a partire dagli anni settanta a Parigi, come l’affermazione dell’impressionismo abbia segnato in modo fondamentale la pittura di molte tra quelle nazioni, addirittura fino a XX secolo inoltrato.

Viene anche idealmente aperta l’offerta espositiva di Villa Manin a un pubblico effettivamente soprannazionale, in considerazione del fatto che la Villa è al centro di un territorio che, al di là dell’Italia, si estende su Carinzia, Tirolo, Stiria, Baviera, Slovenia e Croazia, un ambito entro cui gravitano milioni di persone di lingue diverse, ma unite dal linguaggio universale dell’arte. Proprio in virtù di questo ambizioso progetto, la Regione Friuli Venezia Giulia e l’Azienda Speciale Villa Manin hanno chiesto a Marco Goldin di creare una mostra che, per tema e ambito, potesse rivolgersi a un pubblico realmente internazionale, il pubblico “nuovo” che Villa Manin ambisce ad attrarre. Ad affiancare i due Enti regionali è Linea d’ombra Libri, con l’apporto fondamentale anche della Fondazione CRUP, Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, Fondazione CARIGO e Fondazione Antonveneta.

 
 

Sisley,Alfred: Il sentiero dei castagni, 1867, olio su tela, cm 95,5 x 122,2. Southampton City Art Gallery

Facendo ricorso a 120 opere, provenienti da musei di tutto il mondo, e come logica prosecuzione di alcuni recenti progetti curati da Marco Goldin, la mostra sviluppa una storia che non verrà illustrata attraverso una banale suddivisione nazionale, ma piuttosto si esprimerà con una tematizzazione che metterà puntualmente a confronto i dipinti francesi con quelli dei diversi Paesi dell’Europa centrale e orientale. Così da scoprire, non nella genericità dei nomi, ma appunto dalla precisione degli accostamenti, la misura profonda di una lezione, quella francese, che nel secondo Ottocento ha dilagato in tutta Europa.

La mostra si concentrerà entro quattro distinti capitoli - Boschi e campagne, Città e villaggi, Acque, Ritratti e figure - che ovviamente saranno molto aderenti al senso del paesaggio, vero esprit del XIX secolo, ma indugeranno anche su altro.

 

Levitan,Isaac: Lago, 1898-1899, olio su tela, cm 27 x 36,5. Mosca, The State Tretyakov Gallery

Il puntuale resoconto dei rapporti tra Parigi e le grandi capitali del centro ed est Europa, darà luogo in mostra all’istituzione di un dialogo che si sviluppò sì nell’accostarsi al mondo del realismo e del naturalismo di Barbizon prima e dell’impressionismo poi, ma che seppe anche trattenere quelle affascinanti caratteristiche nazionali che hanno fatto di tanta pittura ottocentesca del centro ed est Europa un caso di assoluta e indimenticabile bellezza.

viaggi degli artisti, e poi anche dei grandi collezionisti, verso Parigi non sono dunque che il punto di partenza che l’esposizione vuole evidenziare, fissandosi poi però alle caratteristiche di novità che quel vento portò verso Amsterdam, Berlino, Bruxelles, Monaco, Zurigo, Vienna, Mosca, San Pietroburgo, Varsavia, Praga, Budapest, Bucarest e tanti altri centri. E non solo i viaggi verso Parigi, ma anche le mostre che in molte di queste capitali portarono le opere degli stessi artisti francesi. O addirittura taluni quadri, che in quelle nazioni, vennero realizzati soltanto sul racconto di chi a Parigi era stato e testimoniava ai pittori, che mai vi erano, giunti il loro entusiasmo.

Quindi la rassegna di Villa Manin si raccoglierà dapprima attorno ai dipinti di maestri celebri quali Courbet, Corot, Daubigny, Millet, Rousseau, solo per dire di alcuni che hanno fatto dell’impronta legata al realismo e al naturalismo la loro forza. Poi si avvicinerà gradualmente al primo tempo impressionista, con un folto e meraviglioso gruppo di opere di Manet, Monet, Bazille, Caillebotte, Sisley, Renoir, Pissarro, Degas, Cézanne fino all’esplosione dello stesso impressionismo nel suo tempo più pieno, anche con il coinvolgimento di Vincent van Gogh, presente nell’esposizione friulana con tre, motivatissime opere: la prima una grande, straordinaria tela del periodo olandese e le altre, due sensibilissime versioni della Senna a Parigi. Quadri provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo e dal Van Gogh Museum di Amsterdam.

 
 

Manet,Edouard: Victorine Meurent, 1862 circa, olio su tela, cm 42,9 x 43,8. Boston, Museum of Fine Arts dono di Richard C. Paine in memoria del padre, Robert Treat Paine II

Di volta in volta cercando, e trovando, concordanze di soggetto e linguaggio con i migliori pittori del centro ed est Europa, che quindi saranno accostati agli artisti francesi sulle pareti di Villa Manin. Pittori, almeno alcuni, in Italia non così noti, ma spesso di inarrivabile bellezza e che talvolta hanno gareggiato con gli impressionisti nella precoce realizzazione di certi temi, come nel caso del grande pittore ungherese Pál Szinyei Merse. E poi da Levitan a Serov in Russia, da Chelmońsky a Podkowinski in Polonia, da Grigorescu e Andreescu in Romania a Chitussi nella Repubblica Ceca, da Leibl a Liebermann in Germania, da Calame al giovane Hodler in Svizzera, da Mesdag a Maris in Olanda, da Rops al primo Ensor in Belgio, da Schuch a Wiesinger – Florian in Austria, solo per fare alcuni nomi tra i tanti che saranno portati a conoscenza del pubblico italiano.

Per far comprendere, per la prima volta, il senso di un percorso che ha indubbiamente segnato in modo profondo alcuni decenni di pittura nel secondo Ottocento nel vecchio Continente. Attraverso opere universalmente conosciute, come quelle degli impressionisti francesi, e opere che gareggiano con quelle per fascino, anche se non per notorietà. Così Villa Manin porterà alla luce una pagina d’arte straordinaria e il visitatore potrà avvicinarsi a qualcosa di non completamente conosciuto.



L’ETÀ DI COURBET E MONET.
La diffusione del realismo e dell’impressionismo nell’Europa centrale e orientale.
Villa Manin, Passariano di Codroipo (Udine)
dal 26 settembre 2009 al 7 marzo 2010.
Orario: dal 26 settembre al 1 novembre ore 9-19.
Dal 2 novembre a fine mostra da lunedì a giovedì ore 9-18, venerdì sabato e domenica ore 9-19.
Chiuso 24, 25 e 31 dicembre 2009. 1 gennaio 2010 ore 11-19.
Ingresso: intero 10 €, ridotto gruppi 8 €, ridotto scuole 6 €.

A cura di Marco Goldin.
Mostra promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dall’Azienda Speciale Villa Manin in collaborazione con Linea d’ombra Libri.
Con il fondamentale contributo di Fondazione CRUP, Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, Fondazione CARIGO, Fondazione Antonveneta.
Catalogo, a cura di Marco Goldin, edito da Linea d’ombra Libri.

Servizio prenotazioni e informazioni Call center tel. 0422.429999, fax 0422.308272.
www.lineadombra.it biglietto@lineadombra.it

Le sezioni della Mostra

Boschi, campagne, case
 
 

Chittussi,Antonìn: Lungo la ferrovia di Orléans, 1885, olio su tela, 32 x 45,5. Praga, Národní Galerie v Praze

Nella vicenda dell’impressionismo che dilaga in tutte le contrade d’Europa sul finire del XIX secolo, la figura di Claude Monet resta ovviamente quella fondamentale e la più alta. Il tema dei campi, e dei campi fioriti, e spesso anche delle figure che su quei campi si adagiano, è giunto fino a noi come emblema appunto dell’impressionismo. Pittori di straordinario interesse, e poetica sensibilità, come l’ungherese Szinyei Merse e il ceco Chittussi che nel 1885 dipinge nella zona di campagna attorno a Orleans, in questo caso si affiancano a Monet nel rosso dei tulipani e dei papaveri. E Chittussi inserendo anche lo scorrere di un treno nella natura, così come Monet aveva fatto già quindici anni prima, toccando il tema della modernità avanzante nel suo rapporto con l’idillio del paesaggio. Ma anche altri pittori, certamente ancor meno conosciuti, che sul tema dei campi fioriti si confrontano, quali due figure femminili, Wisinger-Florian in Austria e Van Rappard in Svizzera.

E sempre sul tema dei campi, in una loro secca e scabra essenzialità invernale, la mostra propone per esempio il rapporto tra il talentuoso ungherese Paál e Pissarro. Così come Pissarro è nuovamente al centro di un bellissimo confronto con Gabriel, uno tra i principali pittori della Scuola dell’Aia in Olanda. Alla metà degli anni sessanta entrambi dipingono le facciate squadrate e invase dal sole o dall’ombra nel traffico silenzioso della campagna. Ed entro questa sensibilità di solitudine, e appartata, si svolge il rapporto tra il pittore svizzero Menn (dal Kunstmuseum di Berna, così come le opere degli altri pittori svizzeri) e Corot, proprio a seguito del periodo che il grande pittore francese trascorre a Ginevra.

 

Courbet,Jean Désiré Gustave: Fiume nel bosco, 1862 circa, olio su tela, cm 156,8 x 114. Boston, Museum of Fine Arts

Il tema del bosco è uno tra quelli centrali, e determinanti, nella mostra. Ovviamente in questo caso la partenza origina dai pittori di Barbizon: Rousseau, Corot e soprattutto Courbet. La descrizione della natura che nasce in Francia, appunto a Barbizon, resta nel secondo Ottocento in Europa episodio addirittura più importante della successiva diffusione dell’impressionismo. Dall’Olanda alla Russia, anche con i molti viaggi compiuti dagli artisti verso quei boschi mitici, nessuno riesce a sottrarsi a questo fascino del paesaggio scoperto nella sua verità.

La lunga parete con le opere sul bosco, più o meno tra gli anni cinquanta e settanta del secolo, dice di questi rapporti continui, talvolta diretti e talvolta mediati, con la Francia. Hodler a contatto con Courbet nel 1874, e di riflesso il connazionale, molto più noto per la sua attività ritrattistica, Stauffer-Bern. Poi il russo Bogolubov, che al principio degli anni settanta compie ugualmente un viaggio nei boschi francesi, e ne dà conto in alcuni quadri molto belli, uno dei quali presente in mostra. Il rumeno Andreescu (le sue opere provengono dalla Galleria Nazionale di Bucarest, come quelle di tutti i pittori rumeni), tra la figure più alte di tutta l’esposizione, che con l’amico pittore Grigorescu va a Barbizon già all’inizio degli anni sessanta. O ancora il belga, affascinatissimo dagli artisti di Barbizon, Boulenger (opere provenienti anche dai Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles).

Resta naturalmente da dire delle opere giovanili degli impressionisti sul tema del bosco, qui rappresentate da Monet e Sisley alla metà degli anni sessanta. Un grande e famoso quadro di quest’ultimo (proveniente dal museo di Southampton), tra gli assoluti capolavori del suo periodo giovanile, è affiancato in mostra a un querceto che un sensibilissimo pittore russo come Shishkin dipinge nel 1873. Posticipando così quel dialogo che un decennio prima avvenne in Francia tra l’opera di Corot e quella di Monet, Pissarro, Sisley e Renoir. Nel tentativo di dire con una lingua nuova l’impatto della natura nell’occhio.

La dimensione della vita rurale, e della laboriosità dei contadini intenti alla fatica nei campi, con tutte le implicazioni sociali che ne conseguono, è senza dubbio uno tra i motivi più noti, non solo della pittura, nel secondo Ottocento. Ovviamente tutto ciò si accende nel rapporto celebre di filiazione a distanza tra Millet e Van Gogh, puntualmente rappresentato con due capolavori provenienti rispettivamente dal Museum of Fine Arts di Boston e dal Kröller-Müller Museum di Otterlo. Ma si vedrà nella mostra quanto si sviluppi ovunque, come per esempio nei quadri sensibilissimi del pittore ceco Brožík e di Andreescu. Nei quali l’idea della campagna si associa alla presenza immutabile dell’uomo, in una loro indivisa sostanza.

 

Van Gogh,Vincent: Coltivatori di patate, 1884, olio su tela, cm 66,4 x 149,6. Kröller-Müller Museum, Otterlo


Acque

Perfino inutile sottolineare come il tema dell’acqua - fiumi e mari e laghi - sia uno tra i più affrontati nella pittura francese dalla metà del secolo. Dapprima con Corot, poi con gli ispidi mari di Courbet, oppure certi suoi distesi, fino alle acque levigatissime di Daubigny. Soprattutto Monet, Sisley, Caillebotte e Pissarro tra gli impressionisti vi hanno dedicato infiniti dipinti, autorizzando poi confronti tra i più belli e motivati con moltissimi pittori di tutta Europa.

 
 

Van Gogh,Vincent: Le rive della Senna, 1887, olio su tela, cm 32 x 46. Amsterdam, Van Gogh Museum

La mostra di Villa Manin propone molte sequenze che resteranno nella memoria dei visitatori. A cominciare da quella che si sviluppa entro i toni meravigliosi delle ocre ora più pallide ora più accese delle spiagge che si approssimano al mare. E’ della metà degli anni settanta una serie di quadri, alcuni anche di vastissimo formato, che tra Francia, Belgio e Olanda dicono di questa bellezza superba dell’essenzialità prima di tutto della pittura. Poi del silenzio che tutto ammanta e avvolge. Dalle spiagge di Boudin a Berck a quella vuota di tutto di Lepic (dal Museo di Lille in Francia) negli stessi luoghi, a quelle dei belgi Artan de Saint-Martin e Lamorinière, e Mesdag (da quel tempio che è il Mesdag Museum all’Aia, così come tutte le altre opere di pittori olandesi) davanti al mare di Scheveningen, dove sta per giungere anche Van Gogh per certi suoi primi quadri di fronte all’acqua scura del mare del Nord.

E ancora restando al tema delle grandi acque distese, la mostra propone il confronto tra una grande visione del Mediterraneo dipinta da Courbet nel 1858 e proveniente dal Van Gogh Museum di Amsterdam e un rarissimo Monet del 1864, dallo stesso museo, che dall’alto inquadra il mare di Normandia proprio sulla scia dell’esempio di Courbet. A questo spirito, che evoca ancora il naturalismo descrittivo, si affianca per esempio Daubigny con un suo mare a Villerville invaso dalla luce schioccante del sole al tramonto, oppure l’ungherese Munkácsy che nel 1880 si trova a dipingere proprio davanti alla costa di Normandia tanto cara a Monet, che vi condurrà di lì a poco una prima, vera e propria campagna di pittura, doppiata da una seconda subito dopo la metà dell’ultimo decennio del secolo.

Ma i mari di Monet sono anche altri, e tra 1884 e 1888 c’è la discesa verso sud, prima a Bordighera e poi in Costa Azzurra. Il mare è ormai cosa del tutto diversa, sente stilisticamente l’esempio di quanto andava compiendo il giovane Seurat ed è lo stesso Monet a dircelo nelle lettere bellissime che invia alla seconda moglie, parlando di una tessitura di azzurro e rosa come un tappeto di pietre preziose. Il Mediterraneo è la luce diversa per la pittura, così come lo sarà di lì a poche settimane per Van Gogh, che nel giugno dello stesso 1888 si affaccia sulle sue rive, portando con sé una manciata di tele soltanto. A quel Mediterraneo dipinto da Monet guarda forse il più alto tra i pittori russi del secondo Ottocento, Levitan. Nel suo quadro adesso esposto, del 1890, si perde definitivamente il senso della veduta e viene prediletta un’inquadratura ravvicinata, che si concentra sul senso del movimento delle onde e sui riflessi dell’acqua. Ma nel 1888, un pittore austriaco certamente ignoto al pubblico italiano, Alfred Zoff (per lui come per gli altri pittori austriaci le opere provengono dal Rupertinum di Graz), in un suo mare dipinto in Riviera lavora nello stesso modo e con lo stesso sentimento del mondo.

 
 

Monet,Claude: Disgelo, 1882, olio su tela, cm 61,5 x 100. Berna, Kunstmuseum Bern

Naturalmente il tema del fiume, la Senna principalmente, è un altro dei cuori pulsanti della mostra. Anche qui il rapporto tra Monet e Levitan non lascia indifferenti. E più ancora che nel capolavoro del 1897 appartenente alla serie con i Mattini sulla Senna, nella appena più tarda visione del fiume a Vétheuil del 1901, nella quale Monet, si direbbe quasi in libera uscita dalla sua proprietà di Giverny, negli anni in cui è costante l’andirivieni con Londra, irrora dei colori dell’intero arcobaleno l’acqua che scorre. Quei colori che Levitan ci indica negli stessi anni nei suoi quadri, quasi riandando anche ai dipinti degli anni settanta di Sisley. Così come tra Sisley e Pissarro si muovono il ceco Chittussi (i suoi quadri, così come quelli degli altri pittori cechi, sono prestati dalla Galleria Nazionale di Praga) e lo sloveno Jettel, con una importante coincidenza temporale del primo rispetto ai paesaggi degli impressionisti. Ma è chiaro che i due bellissimi dipinti in mostra di Van Gogh (dal Van Gogh Museum di Amsterdam), realizzati a Parigi lungo la Senna nel 1887, ci dicono di come questa tensione del colore toccasse, seppur in modo diverso, in quei mesi cruciali, talenti inarrivabili quali Monet, Seurat e lo stesso Van Gogh. Che la morte precoce di Seurat avrebbe tenuto nel silenzio e che invece si sarebbe sviluppata come ben sappiamo negli altri due.

Ritratti e Natura abitata

 
 

Deák-Ébner,Lajos: Fifine, 1875, olio su tavola, cm 36,8 x 46. Budapest, National Gallery of Hungary

Infine il gusto e il senso del ritratto, e le figure nel paesaggio, nelle due grandi sezioni che chiuderanno la mostra. Ritratti che via via perdono la loro ufficialità, il loro compito di fissare un ruolo per colui o colei di cui si sceglie di riprodurre l’immagine. Già nelle opere di Corot e Courbet, che aprono questo conclusivo capitolo, il dato della celebrazione cede a favore della verità nel raccontare volti e corpi. La loro collocazione nella natura diventa abituale, come nei quadri vicini, e di identica pittura elegantemente franta, di Renoir e di uno tra i maggiori impressionisti russi, Korovin. E assieme all’esempio di Renoir, e ovviamente di Monet, che in Europa resterà fondamentale per tanti, è anche la linea che in Francia parte da Manet e da Degas a trovare terreno fertile nelle altre nazioni, soprattutto quelle della zona centrale del Continente. Un desiderio di incidere e di scoprire le forme, dare il senso di una profondità psicologica come fanno, solo per evidenziare due esempi tra i tanti, Leibl in Germania e Székely in Ungheria.

 

Bazille,Frédéric: Veduta del villaggio, 1868 olio su tela, cm 157 x 107. Montpellier, Musée Fabre

Queste due conclusive sezioni, nel loro insieme, sono prodighe di esempi e di confronti, entro una superlativa linea di qualità pittorica. Molti e fondamentali i prestiti concessi dai musei di tutto il mondo, e da alcuni americani in modo particolare. Le figure nel paesaggio sono tema che connette l’importanza comunque sempre viva del ritratto con l’adesione costante alla natura. Il Musée Fabre di Montpellier presta per esempio un grande dipinto di Bazille, da poco entrato nelle sue collezioni e in fase di completo restauro proprio in vista della mostra di Villa Manin. Un nudo maschile disteso sull’erba in quella fase pittorica che precede la morte dell’artista nella guerra Franco-Prussiana e che chissà quali esiti avrebbe potuto dare.

E dopo questo meraviglioso dipinto, sarà ancora Bazille, con il suo celeberrimo Veduta del villaggio del 1868, sempre dal Museo di Montpellier, ad aprire una serie indimenticabile di figure nella natura. A questa ragazza in abito bianco sotto un pino marittimo, alta sul villaggio, rispondono subito dopo quadri celebri, provenienti dal Museum of Fine Arts di Boston, di Renoir e Monet.

Ma subito gli accostamenti consentono di vedere la straordinaria precocità di uno tra gli autori più interessanti della mostra, l’ungherese Szinyei Merse (dalla Galleria Nazionale di Budapest, così come quasi tutti gli altri quadri ungheresi), che all’aprirsi degli anni settanta dipinge alcune bellissime figure distese tra l’erba. Senza essere ancora mai stato a Parigi e dunque come spirito dei tempi. Più tarde, e pur tuttavia bellissime, alcune altre figure nel paesaggio di provenienza geografica mitteleuropea, come quelle di Stössel, Sternen, Slaviček. Sempre in quest’area, e segnatamente in Slovenia, è interessante notare la singolare vicinanza, documentata in mostra, tra certi ritratti di Caillebotte (da importanti collezioni private francesi) tra la fine degli anni settanta e i primissimi anni ottanta, e quelli di Jacopič, Jama e Šubic (dalla Galleria Nazionale di Lubiana).

 
 

Courbet,Jean Désiré Gustave: Autoportrait dit au col rayé, 1854, olio su tela, cm 46 x 38. Montpellier, Musée Fabre inv. 868.1.22

Detto della presenza di ben tre grandi ritratti del più noto tra i pittori belgi, Ensor, a inizio anni ottanta, nel suo momento certamente più legato all’esempio francese, con prestiti dai musei di Gand e Anversa, va sottolineato l’interesse fortissimo di alcuni pittori russi di talento come Korovin, Serov, Repin e Surikov, per Renoir. Un grande ritratto di quest’ultimo, uno dei suoi capolavori degli anni settanta proveniente dal museo americano di Columbus, consente di fare questa verifica rispetto al gruppo di opere che giungono dalla Tretjakov di Mosca.

Una parete si aprirà con tre famosi ritratti dipinti da Courbet tra il 1854 e il 1862, tra cui il celeberrimo Autoritratto con il colletto a righe, dal Musée Fabre, scrigno prezioso per le opere di Bazille e appunto Courbet. Dal forte realismo di Courbet, con questi tre quadri in sequenza, si passerà a ritratti del primo tempo di Manet (il notissimo Ritratto di Victorine Meurent del 1862 dal Museo di Boston) e Degas (tra gli altri, il superbo doppio ritratto delle sorelle Montejasi Cicerale dal Wadsworth Atheneum di Hartford negli Stati Uniti), fino al rarissimo, e mai prestato, Ritratto di Bazille dipinto da Monet nel 1868 (Musée Fabre), a sancire anche la grande amicizia tra i due pittori.
 

Renoir,Pierre-Auguste: Claude Monet mentre dipinge nel suo giardino ad Argenteuil, 1873 olio su tela, cm 46 x 60 Hartford, Conntecticut, Wadsworth Atheneum Bequest of Anne Parrish Titzell, 1957

Ma come i modi francesi in questa fase aurorale dell’impressionismo interessino soprattutto gli artisti tra Germania, Ungheria e Polonia, ce lo dicono in mostra gli accostamenti ad altri ritratti dipinti da personaggi come Leibl e Trübner appunto in Germania (dai musei di Amburgo e Brema), Deák-Ébner e Székely in Ungheria e Rodakowsky in Polonia (dalla Galleria Nazionale di Varsavia, come tutti gli altri prestiti polacchi).

In modo quasi simbolico la mostra si chiuderà con due quadri nei quali il pittore dipinge un pittore che dipinge. All’opera del tedesco Wenglein, dalla Neue Pinakothek di Monaco di Baviera, che nel 1868 dipinge il suo collega Adolf Lier, pur presente in mostra con due quadri, mentre lavora en plein air sulla riva di un torrente, verrà affiancato uno dei quadri simbolo dell’intero impressionismo. Il fatto è noto: Renoir nell’estate del 1873 va a trovare Monet nella sua casa ad Argenteuil, lungo le rive della Senna, appena a nord di Parigi.
I due amici, nel tempo della preparazione della prima mostra impressionista, che si sarebbe svolta nello studio di Nadar nella primavera successiva, decidono di dipingere insieme nel giardino. Ma in modo molto particolare. Monet è intento a realizzare sulla sua tela proprio un angolo di quel giardino delle delizie che anche in questa mostra vediamo in un suo capolavoro del 1875 proveniente dal Museo di Boston. Renoir pone il suo cavalletto poco distante dall’amico intento nel suo lavoro, e si pone a dipingere proprio l’amico che dipinge. Ne nasce uno dei quadri manifesto dell’intero impressionismo, eccezionalmente prestato per questa mostra dal Wadsworth Atheneum di Hartford. Conclusione strepitosa di un’esposizione che non mancherà di stupire.



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