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 Anno V n° 10 OTTOBRE 2009    -   PRIMA PAGINA



l'Italia dei disastri: ora Messina!
Stragi annunciate, la colpa di chi è? Aperta una inchiesta. È anche l’occasione per Berlusconi di promettere
Di Concetta Bonini


Se c’è una cosa che in questo 2009 l’Italia ha imparato a fare benissimo, è l’annuncio, con relativa polemica ed inevitabile rammarico, delle “stragi annunciate”. Lo era, “annunciata”, la strage dell’Abruzzo. Lo era, a maggior ragione, quella di Messina.

Abbiamo lasciato così alla natura parte del compito gravoso di dettare i temi e i tempi di una politica, che si è accomodata sulla diatriba a posteriori, mascherando la colpevole incapacità di lungimiranza e l’assoluta assenza di senso di responsabilità rispetto alla prevenzione e alla sicurezza dei cittadini.

Il 2 ottobre la pioggia ha spazzato via mezza provincia di Messina, riducendo Giampilieri, Scaletta Zanclea e Falcone in un cumulo di cemento, mattoni, ferro, carcasse di alberi, di mobili, di auto, di quelle che erano case, di quelle che erano vite, in un istante spazzate via dal vento, fagocitate dalla velocità del fango, miseri resti di intere esistenze, di normali quotidianità, annegate nella tragedia. Una di quelle “annunciate”. Una tragedia che, secondo l’arcivescovo di Messina, mons. Calogero La Piana, “interpella la coscienza e il senso di responsabilità di ciascuno nel custodire la natura, la cui violenza alla fine si ritorce contro l’uomo stesso, causando conseguenze devastanti”. Ma non c’è bisogno di allontanarsi dalla morale cattolica per rispondergli che a Messina la natura non è stata né violenta né matrigna e che più della natura stessa, hanno ucciso l’incuria dell’uomo e le sue speculazioni.

Lo sapevamo tutti, bisognava aspettarselo, la colpa è solo nostra”, è la cantilena di afflizione e di autocommiserazione che ancora si sente ripetere dalla gente di Messina, mentre ancora si scava e si scava e si scava, con le pale, con le vanghe, con le mani, alla ricerca di altri corpi, di altri relitti.

E’ vero che una pioggia così non la si vedeva da decenni, forse da secoli, ma è ancora più vero che è andata ad abbattersi su pendii fragili, appesantiti da lottizzazioni impressionanti, su un territorio disordinato che ha scelto il cemento come unica economia. Come se la natura avesse l’obbligo di preservare per sempre quelle rocce, come se a Messina non si attendessero terremoti (quello terribile del 1908 fece 80 mila vittime) né alluvioni, come se non fossero vere le statistiche che danno il 91% dei Comuni del messinese a rischio idrogeologico rispetto ad una media nazionale e regionale del 70%, come se gli allagamenti del 2007 fossero stati solo uno scherzo di cattivo gusto e, nel rapporto che allora redasse la Protezione Civile, non si parlasse del degrado dei corsi idrici come di un “fenomeno ormai generalizzato e diffuso capace di provocare un vero e proprio disastro”.

La mancanza di fondi non ci ha consentito di intervenire”, prova a giustificarsi il Sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca. Ma dal 1998, la Regione Siciliana ha già speso in interventi contro il dissesto idrogeologico circa 200 milioni di euro, 15 dei quali in provincia di Messina. Peccato che la frazione di Giampilieri non fosse nemmeno stata segnalata tra quelle considerate a rischio idrogeologico registrate al Pai (piano per l’assetto idrogeologico) regionale.

Adesso, com’era scontato, la Procura ha aperto un’inchiesta per disastro colposo e omicidio colposo, accorgendosi solo adesso di “voler approfondire l’aspetto dell’abusivismo edilizio e del dissesto idrogeologico”. Indagati, com’era scontato, ignoti: tali sono coloro che hanno compiuto gli abusi, costruendo sui pendii e coloro che li hanno permessi, rilasciando le concessioni, coloro che non hanno vigilato e hanno amministrato senza prevenire, coloro che non hanno stanziato abbastanza fondi per l’emergenza, coloro che hanno speso male quelli che c’erano.

E dei cittadini che piangono il loro dolore senza dimora, lo Stato, com’era scontato, si occupa così: da un lato la politica non ha trovato niente di meglio da fare che litigare sul Ponte, dopo le esternazioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha sollecitato al Governo la priorità degli investimenti in sicurezza rispetto a quella delle opere faraoniche, dall’altro il Premier non ha perso l’occasione per replicare le scene migliori girate in Abruzzo, nel ruolo del protagonista dal fare messianico e dalla rassicurante aura salvifica e redentrice.

Adesso la palla passerà al Presidente della Regione Raffaele Lombardo, che è anche il Commissario per il disastro nominato dal Governo: da par suo, ha stanziato 20 milioni di euro per fronteggiare l’emergenza, si occuperà della ricostruzione e sarà il bersaglio per gli anni a venire di tutte le recriminazioni dei messinesi, che oggi hanno pure l’ardire di voler tornare nelle loro case, laggiù sul pendio.

E anche questa strage la dimenticheremo così, abbassando lo sguardo al ricordo dei morti, in attesa che arrivi la prossima. Anch’essa, senz’altro, annunciata.



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