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 Anno V n° 12 DICEMBRE 2009    -   PRIMA PAGINA


Osservazioni sulla conferenza ONU in corso sul clima
Un filo di speranza da Copenaghen

Di Giacomo Nigro



Al momento dell'apertura del Vertice sul cambiamento climatico convocato a Copenaghen la situazione era questa: l'Europa sgomitava, gli Usa facevano finta di ascoltarla, la Cina pensava: “ma come, questi hanno inquinato fino ad oggi, ora che tocca a noi, vogliono smettere?”

In effetti sia Usa che Cina si sono convinti a non affossare Copenaghen solo qualche giorno prima dell'apertura e l'Europa è troppo debole e non così coesa da ottenere risultati determinanti; comunque il semplice fatto che i grandi del mondo si stiano incontrando deve essere considerato in positivo, se non altro perché dimostrano che restano spazi per la condivisione dell'emergenza.

Quindi abbiamo seguito, trepidanti, gli sviluppi delle discussioni aperte; abbiamo prestato attenzione ai dati sul numero di addetti, cortei , codazzi ed incidenti, sui capitali che si impiegano nell'organizzazione del vertice che, come gli altri più recenti, sembra destinato al fallimento a causa dei veti o dei distinguo interessati di questo o quel Paese. Viene da scoraggiarsi sulla possibilità di cambiamenti, ma per il bene dei nostri figli occorre comunque essere ottimisti.

Occorre sperare e fare nel nostro piccolo qualcosa ogni giorno per ridurre i danni che facciamo persino mentre dormiamo. Piccole iniziative di risparmio energetico, partecipazione attiva alla diminuzione dei rifiuti o comunque al loro corretto riciclo, queste sono cose che vengono in mente, ma ce ne sono mille altre.

In realtà il cambiamento richiesto, soprattutto ai Paesi ricchi, è di carattere culturale: occorre smettere o limitare il consumo di merci superflue, rinunciare quindi a parte del nostro "benessere", a ben vedere si tratta di un cambiamento ostacolato sia dai governanti che da noi governati, sia nei Paesi ricchi che in quelli emergenti per opposte ragioni .

Tornando al summit sappiamo che la Cina ha detto ai partecipanti di non vedere alcuna possibilità di raggiungere un accordo operativo e ha suggerito di siglare il vertice con una "breve dichiarazione politica di qualche genere". Ma i negoziati continuano, con la speranza di un colpo di scena e di ottenere in pochi giorni quello che non si è risolto in due anni.

Gli Stati Uniti da parte loro "dopo anni di diplomazia sono pronti a fare i passi necessari per raggiungere un accordo completo e operativo" sul clima. Lo ha detto il segretario di Stato americano Hillary Clinton parlando a Copenaghen. "Non ci devono essere dubbi sulla volontà degli Usa di arrivare a un successo" ha aggiunto la Clinton che ha poi quantificato in 100 miliardi di dollari l'anno, entro il 2020, il contributo degli Usa al fondo di finanziamento a lungo termine dei Paesi in via di sviluppo.

Ma il cancelliere tedesco Angela Merkel ha detto che le notizie in arrivo da Copenaghen "non sono buone".

Il vertice delle divisioni, l'ha definito la Chiesa cattolica: un summit che divide invece di unire, che contrappone Paesi ricchi a Paesi poveri; se anche chi ha il compito di diffondere speranza ha queste sensazioni, resta ben poco di concreto da attendersi dalla conclusione dell'assise di Copenaghen.



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