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 Anno VI n° 1 GENNAIO 2010    -   RECENSIONI


Rileggendo
“Il quartiere” di Vasco Pratolini
Ho vissuto quel libro come lo specchio della mia adolescenza, ma un giovane che lo leggesse oggi lo vivrebbe nello stesso modo?
Di Cricio



Era là in cima alla libreria: “Il quartiere” di Vasco Pratolini, un libro che ho letto appena uscito negli Oscar Mondadori nel '68 e che mi era piaciuto molto. Vasco Pratolini è noto per “Metello”, che ancora oggi viene fatto leggere nelle scuole, ma quel romanzo a me non è piaciuto, ne preferisco sicuramente altri: “Cronaca familiare”, “Le ragazze di San Frediano”, “Cronache di poveri amanti” e “Lo scialo”; chissà perché la scuola si fissa su certi romanzi che lasciano un cattivo ricordo dell'autore negli alunni.

“Il quartiere “ mi era piaciuto perché mi sono ritrovato nella descrizione che fa dell'adolescenza e dei suoi problemi; l'ambiente che descrive non era il mio, ma non era molto diverso. I romanzo è ambientato in uno dei quartieri più popolari di Firenze, Santa Croce. Inizia a metà degli anni '30 e termina qualche anno prima di quando sono nato io. Non sono vissuto in un quartiere popolare, ma quelli che descrive li ho conosciuti. Anche se sono vissuto in una famiglia della media borghesia, sempre si stava attenti a non sprecare, perché lo spreco era un peccato, un distruggere inutilmente.

Le abitazioni descritte da Pratolini sono piccole, spesso solo due stanze, ma la gente che vi abita riesce a viverle con grande dignità, sempre pronti ad accogliere il vicino o l'amico, a usarle per fare festa perfino, cosa oggi dimenticata, per il rinfresco dopo il matrimonio.

La mia casa era grande, ma nel periodo della guerra e dell'immediato dopo guerra era fredda perché non c'era il carbone per far funzionare i caloriferi; come in quelle case, si viveva cosi in poche stanze d'inverno, quelle che potevano essere riscaldate con le stufe. Anche da noi spesso c'erano persone in visita per parlare dei loro problemi, l'aiuto non era negato a nessuno.

Per questo sono stato attratto dal libro in questione; l'ho riletto a distanza di 40 anni ed ecco che ho ritrovato intatto l'emozione di riscoprire la sua e la mia adolescenza.

Da una parte la vita corale con gli amici del quartiere o del caseggiato, con cui sono cresciuto giocando insieme, con i più grandi che aiutavano i più piccoli, anche se a volte li dileggiavano, ma mai con cattiveria. “Ce ne siamo dette le ragioni un giorno lontano, con pugni e abbracci, muco sotto il naso: non c'è nulla che possa sfuggirei nell'affetto che ci lega. Lasciate che la finzione ci squassi, o la vita, col cuore che si fa grosso e noi lo comprimiamo. Un giorno saremo ancora tutti assieme, seppure coi corpi consumati da contatti estranei” dice Pratolini e così è anche per me.

L'adolescenza porta a sognare il primo amore, un amore fatto di sussulti, di paure a svelarsi, di non sentirsi preparati. Marisa è il primo amore di Valerio e Marisa aspetta che Valerio si faccia a vanti. Ma poi tutto sfuma e si fa avanti un altro amore, quello con Luciana. Amore diverso non sognato. Poi anche questo finisce, ma...
Nello stesso tempo ci descrive il rapporto tra i maschi, un rapporto schietto, di reciproco rispetto, di aiuto e, qualche volta, di soggezione. Man mano che il tempo passa, maschi e femmine si integrano nella vita in comune; il primo matrimonio e la prima nascita (si sposavano presto allora, come iniziavano presto a lavorare).

Mentre avanzo nella lettura e ritrovo tutte queste cose mi chiedo: “un giovane d 'oggi può ancora ritrovarsi?

Ho qualche dubbio. Ad esempio Pratolini dice “Coi ginocchi coperti o gli alti tacchi da donna, pensiamo di affrontare il mondo via via che il cuore si gonfia dentro il petto, e negargli lo sfogo ci sembra sia un dovere. Diventare grandi crediamo sia questo soffrire in silenzio, parlare per allusioni o fare gesti che abbiamo visto fare, mischiare veleno e miele dentro il cuore.
È ancora un problema per i maschi avere i “ginocchi scoperti” e per le ragazze poter portare “ alti tacchi o il rossetto”? Non credo! Oggi fin da bambini vestono in modo adulto, alla caccia al firmato, all'elegante. Le bambine poi vengono da sempre abituate a curare la propria apparenza, trucco e rossetto non sono più un divieto, il loro problema è, casomai, l'abbronzatura artificiale, rifarsi il seno, ecc
Però non è solo quello, è proprio la vita che è cambiata: non c'è più il “cortile” come centro di vita dei bambini, i bambini sono soli nelle case, non devono fare baccano, non devono sporcare, non possono più giocare come facevamo noi. I loro giochi sono elettronici e solitari. Gli adolescenti come possono essere senza quella vita passata in cortile?

Pratolini scrive di loro: “Eppure possiamo leggere dentro il cuore l'uno con l'altro, seguire in ogni strada o piazza e fra le mura delle nostre case di Quartiere. I nostri sogni sono stati così uguali che per formare diverse le nostre storie abbiamo dovuto dividere le occasioni, come da fanciulli si prendeva ciascuno una qualità diversa di gelato per assaggiarle tutte”; è ancora così? Quante cose ci sono oggi che allora non c'erano; cellulari, internet, TV dovrebbero rendere più intenso e facile il comunicare e conoscere il mondo, ma è così o forse hanno reso più difficile conoscere se stessi e stabilire amicizie durature?

Forse, mi illudo, i giovani non sono cambiati e le emozioni, le angosce che Pratolini descrive sono ancora vissute dagli adolescenti, ma in un modo completamente diverso per cui sembra, a noi vecchi, che essi siano lontani da noi.


Il quartiere
Autore Vasco Pratolini
Prezzo € 7,80
Editore Mondadori
collana Oscar scrittori moderni
Codice EAN: 9788804567196

In quarta di copertina:
Ambientato nel rione popolare di Santa Croce a Firenze negli anni intorno al 1935, "Il Quartiere" coglie un gruppo di ragazzi e ragazze nel passaggio dall'adolescenza alla prima giovinezza e ne racconta le vicende d'amore e d'amicizia. I protagonisti, nell'intreccio di affetti che li unisce, sono posti tutti sullo stesso piano, senza che l'esperienza di nessuno di essi venga mai privilegiata: ne risulta un vero e proprio romanzo corale in cui Pratolini fonde il memorialismo e il tono lirico e intimistico delle sue prime opere con un interesse più prettamente civile, perfino politico (il libro venne scritto nel 1943-44, quando l'autore prendeva parte attiva alla Resistenza), per approdare a una dimensione narrativa più ampia.



Vedi anche:

Firenze: diario di viaggio
Alla ricerca della vita della città nei luoghi di Pratolini
di Cricio



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