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Operai della Vinyls sulla torre!

L'occupazione del simbolo di Porto Torres per cercare di salvare il posto di lavoro. La crisi della società mette a rischio migliaia di posti di lavoro nel sassarese

Di Giovanni Gelmini


Con Anna Ci, la nostra brava fotografa, sto camminando sul lungo mare, battuto da un fortissimo vento maestrale, quando vediamo che la torre aragonese di Porto Torres inalbera i vessilli della protesta. Le bandiere sono dei sindacati e garriscono con rabbia al forte vento. La decisione è stata immediata, anche se siamo in vacanza, saliamo la scala di ferro per incontrare gli occupanti.

La porta di legno spesso si apre ed entriamo, saliamo una scaletta ed entriamo in una grande sala con le pareti in tufo che occupa tutto il piano della torre in cui, per fortuna, il forte vento di maestrale, che fino a qui ci ha subissato, non riesce ad entrare e, anche se l'ambiente non è riscaldato, almeno si respira.

Di fronte a noi vediamo tre brande con i materassi e degli oggetti personali. “Questo è il Grand Hotel della Torre” ci dice uno degli operai presenti, celiando. Altri sono seduti attorno a un tavolo, sono operai della Vinyls. Cercano di essere allegri, ma sui loro visi si legge l'incertezza per il futuro, di certo la loro situazione è tragica. Su una sedia dei pacchi di dolci, che qualcuno ha portato per dare loro forza.

Si fa avanti Pierfranco Delogu, segretario generale della CGIL della provincia di Sassari, e ci spiega la situazione. L'impianto, che produce PVC, faceva parte del petrolchimico della SIR di Rovelli, confluito, come è noto, nella Enichem e poi smembrato in tante società diverse: prima alla Ineos e poi gli impianti di CVM e PVC sono passati alla Vinyls S.p.A.
Purtroppo questa è entrata in una profonda crisi finanziaria ed è in corso la procedura fallimentare, ma Delogu ci assicura che la capacità industriale della Vinyls è buona, tanto è vero che, sulla base della legge Marzano, è stata commissariata per poter riprendere la produzione. È stato anche siglato un accordo con l'ENI per poter le forniture di materie prime necessarie, ma la società, per ricominciare a fornirle, pretende una fideiussione di 20 milioni di euro. Questa fideiussione è stata concessa dalla Sfirs, la finanziaria della Regione Sardegna, ma per diventare operativa deve attendere il benestare della Commissione Europea, che è chiamata a dire se tale fideiussione è o non è da considerare aiuto di Stato. Per ottenere questo ci potrebbero volere alcuni mesi, tempo in cui il Tribunale potrebbe dichiarare nel frattempo il fallimento della società, con la perdita di ogni speranza.

Così gli operai della Vinyls il 7 gennaio scorso hanno deciso di occupare simbolicamente la torre, emblema di Porto Torres, per porre all'attenzione di tutti il grave problema. Gli stabilimenti della società sono tre: oltre a quello sardo ce ne sono uno a Porto Marghera e uno a Ravenna. Complessivamente occupano 400 addetti e a Porto Torres sono 140. Ovviamente per tutti questi lavoratori il fallimento della società sarebbe un grave problema, ma per la Sardegna sarebbe un disastro: infatti ai 140 addetti della Vinyls si devono aggiungere anche quelli dello stabilimento Syndial di Assemini, che sarebbe travolto perché produce il dicloroetano usato dalla Vinyls.

Ci siamo informanti anche da specialisti di mercato delle petrolchimica italiana e abbiamo appurato che la situazione è molto complessa. Il PVC è un prodotto vecchio e da tempo sotto le mire degli ecologisti, non tanto per la cancerosità del CVM, il monomero del PVC, poichè gli impianti oggi sono controllati e sicuri, ma per altri due motivi.
Il primo è che il cloro necessario viene prodotto in celle elettrolitiche a mercurio, che inquinano le acque, rilasciando tracce del pericolosissimo “argento vivo”. La trasformazione di tali celle in quelle a membrana sembra essere un costo eccessivo.
Il secondo è che il PVC, se bruciato in inceneritori che abbiano una temperatura inferiore a 1000°, provoca diossina, anzi si può considerare la principale causa di questa sostanza tossica nei fumi emessi dagli impianti di incenerimento.

Il PVC ha molti usi: circa il 50% va in edilizia come tubi, tapparelle, infissi, pavimenti. I prodotti usati in queste applicazioni, alla fine del loro uso, non finiscono negli inceneritori, ma nelle discariche di materiali inerti. Gli altri usi sono per finte pelli e gomme nelle calzature, per oggetti gonfiabili, giocattoli; molto va nell'imballaggio come pellicola e blister. Sono queste ultime applicazioni sotto accusa di inquinamento.

L'impianto di Porto Torres fa PVC in emulsione, che serve essenzialmente per le finte pelli, gli spalmati e le gomme. Questi sono prodotti che hanno ancora un valido mercato e non danno grandi problemi di “incenerimento”, perché hanno una vita lunga e spesso finiscono in discarica. È quindi un impianto che potrebbe avere ancora vita lunga, ma vi sono altri problemi.

Il parere degli specialisti, che abbiamo contattato, è che tutto il petrolchimico di Porto Torres abbia grossi problemi, perché si basa su un craker piccolo e vecchio e per di più al suo principale impianto a valle, quello del Cumene/Fenolo, è stato fermato dal maggio 2009.

Anche il Segretario della GCIL sassarese ipotizza la volontà dei vertici ENI di abbandonare il settore petrolchimico in Sardegna, altrimenti avrebbero potuto attivare le forniture anche senza la fideiussione. Se tutto il polo petrolchimico dovesse chiudere, le persone coinvolte sarebbero moltissime. Delogu valuta che possano essere anche 4.000 e questo per la provincia di Sassari sarebbe un vero disastro; un disastro che si deve evitare, perché le colpe sono di chi non ha fatto la giusta politica economica per la Sardegna, ma solo gli interessi suoi per incassare il famigerato “5%” sui finanziamenti concessi, cioè i Governi Italiani negli anni '70 e successivi, senza dimenticare le promesse fatte da Berlusconi in persona durante la campagna elettorale per le elezioni regionali, promesse immediatamente dimenticate subito dopo la vittoria.


Vedi anche:
Crisi nera! di Il Nibbio
Le cattedrali nel deserto e la crisi di Giovanni Gelmini


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