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 Anno VI n° 4 APRILE 2010    -   EVENTI


Tre mostre di grande interesse
PRIMAVERA A PALAZZO FORTUNY
A Venezia, Palazzo Fortuny, dal 27 marzo al 18 luglio 2010:


Dopo In-Finitum, la grande mostra della scorsa estate, Palazzo Fortuny, nella sua articolata e tipica connotazione di spazio espositivo, museo, laboratorio aperto di idee e di esiti artistici, si espande e riapre. Si espande con due importanti presenze in Spagna, patria di Mariano, che gli dedica due mostre, una a Barcellona e una a Madrid, cui il museo veneziano partecipa attivamente, e riapre dal 27 marzo con nuovi allestimenti e iniziative espositive, che coinvolgono i tre piani del Museo.

I vasti spazi al pianoterra, recentemente ampliati e recuperati, ospitano: CITTÀ DELLE CITTÀ, un’installazione site specific di Francesco Candeloro (Venezia, 1974), articolata in una serie di grandi opere - lastre di plexiglas di due metri tagliate a laser e stampate a raggi UV -, in cui i temi dell’architettura, della città e dell’ambiente si legano a fotografia, scultura e segno creando un percorso/labirinto. Il pubblico potrà viaggiare tra le città protagoniste da Seul a New York per passare in Europa attraverso Lisbona, Londra, Kassel, Palermo e altre città fino a Venezia.

In Città delle Città, ogni singola opera restituisce una visione multipla dei contesti con cui l’artista si è misurato, evidenziando l’idea della città come identità in mutazione, che rivela le tensioni della società e del suo sviluppo.

La scansione spaziale dell’esposizione ricostruisce, nell’alternarsi dei lavori, una vera e propria architettura urbana nelle sale del Museo, che diventano esse stesse la Città delle Città. “L'installazione – scrive Walter Guadagnini - potrebbe essere dunque rappresentata come la pianta di una città, con le sue strade, i suoi angoli, e lo spettatore è invitato a trasformarsi nel flaneur di baudelairiana memoria, che si aggira senza meta all'interno di questo labirinto”, in cui le singole sculture emergono emblematicamente dal buio come singole visioni e come un unico corpo.

È dunque una nuova lettura del concetto di luogo, che diventa in queste opere un corpo complesso, uno sguardo stratificato sul reale, sui suoi segni e sulla loro lettura: i tagli, le immagini serigrafate e i colori del plexiglass, restituiscono un’idea personale di ogni contesto fotografato, attribuendogli l’unicità di un’esperienza che Candeloro offre al pubblico perché la possa vivere a partire dal suo punto di vista.

Monumenti, luoghi famosi e luoghi anonimi, vivono in questo modo una costante rilettura, e creano la reale possibilità di un differente approccio a ciò che già si conosce, e che qui si costituisce come nuovo ambiente e realtà urbana. Anche il rapporto tra la luce e il tempo diventa importante, specialmente in relazione all’anima più intima dell’arte: “lastre di plexiglas di differenti colori- dice Candeloro- diventano lastre trasparenti ma colorate, come un’infinità di velature del tempo di una pittura fatta di segni, di vuoti, di materia, un’articolata stratificazione di luoghi del tempo, immagini di città e forme rivelate in un continuo mutamento dato dallo spostamento della visione dell’insieme, dal cambio della visuale e del punto di vista, che si sofferma invece su un particolare di un frammento chiaro di un istante”.

Promossa dall’Associazione Culturale Villa Pisani Contemporary Art in partnerariato con la Regione Veneto, la mostra - curata da Walter Guadagnini - si connette infatti a Luoghi e segni, una serie di interventi dell’artista sul territorio, che si svolgono contemporaneamente alla mostra veneziana, in cui Candeloro offre uno sguardo contemporaneo su città e architetture con una installazione allestita a Padova nel portico antistante Piazza Petrarca, e una nella palladiana Villa Pisani Bonetti a Bagnolo di Lonigo, già sede di importanti iniziative volte alla promozione del contemporaneo, che inaugura sabato 10 aprile.

L’insieme del progetto si documenta, si arricchisce e si integra con uno stupefacente libro d’artista, a tiratura limitata, con testi del curatore, di Elena Forin, Teresa Macrì, Angelica Nollert, Francesca Pola, Tommaso Trini.


Al primo piano MARIANO FORTUNY LA SETA E IL VELLUTO presenta una straordinaria serie di rari Delphos, i leggendari abiti plissé di Fortuny, completata da cappe, mantelli, costumi e accessori, provenienti dalle collezioni private americane di Keith H. Mc Coy, Los Angeles e della Famiglia Riad. Sono creazioni originali del maestro, che tornano “a casa” nel laboratorio in cui furono realizzate.

Guillermo de Osma nel catalogo della mostra (Edizioni Skira, Milano, 2010) scrive: “Il Delphos è forse l’unico vestito del XX secolo che, dopo poco più di cento anni dalla sua creazione, continua a mantenere la sua valenza di modello di abito ideale che ha saputo tenere il passo con lo scorrere del tempo.

I vestiti di Fortuny rispondono ad una concezione “minimalista”: il modello di forma rettangolare o a T è di grande semplicità, senza ornamenti superflui. Arricchiti solamente da un colore a tinta unita, profondo e delicato per i Delphos, con applicazioni in oro e argento per i velluti. Sono vestiti che vanno oltre il cambiamento costante della moda, ovvero, immuni al passare del tempo, e acquistano, in un certo senso, un’aura di eternità.


Il vestito può ben essere considerato la nostra “seconda pelle”. È l’oggetto fabbricato dall’uomo che più si lega alla sua personalità, la e segna e rivela la sua immagine, la sua essenza e i suoi più intimi desideri. Per questo Osam afferma: “ il vestito fortunyano, che decisero di indossare Susan, Kay, Hilda, Albertine e la dannunziana Isabella Inghirani di “Forse che si forse che no”, e molte altre straordinarie donne come la Duncan, la Duse o Peggy Guggenheim, rispose ad una deliberata scelta e ad un’ intima volontà.

Il suo creatore Mariano Fortuny y Madrazo (1871-1949), lavoratore e sperimentatore infaticabile, si mantenne lontano dalle polemiche avanguardiste e rimase fedele alla sua concezione di ricerca ed alla sua creazione artistica. Insieme a sua moglie Henriette, nei primi anni del XX secolo e dopo aver lasciato la sua impronta nel campo della pittura, dell’incisione, della fotografía, della scenografia e dell’illuminazione teatrale, cominciò a sperimentare i sistemi di stampa su tessuti e la possibilità di realizzare un vestito non soggetto ai cambiamenti del complesso sistema della moda.

La Moda, in quegli anni di inizio secolo, imponeva alla donna una silhouette che non corrispondeva alla forma naturale del corpo e la obbligava all’uso di espedienti come crinoline, corsetti e sellini. La “creazione” di Fortuny cominciò nel 1906 con il velo Knossos, un rettangolo di più di quattro metri di lunghezza. Il Knossos gli insegna come utilizzare il volume, drappeggiandolo sul corpo, seguendo le sue forme naturali.

Nel 1907 crea il primo Delphos, il suo vestito più famoso, che, con minime ma infinite variazioni, continuerà a produrre fino alla sua morte del 1949. Battezzato come un omaggio all’auriga di Delfi, si ispira alle tuniche delle sculture classiche.

La grande novità del Delphos è la semplicità: un rettangolo di tela con delle aperture per il collo e per le braccia. Quindi si appoggia al corpo con massima libertà, partendo dalle spalle, cade e si adatta liberamente alle forme del corpo, rivelandole senza falsi pudori. Il concetto fu in quel momento cosi innovatore e rivoluzionario che Fortuny decise di brevettarlo a Parigi nel 1909, proprio come fosse un’invenzione.

A partire dal Delphos, Fortuny crea il resto dei suoi vestiti e delle tuniche di ispirazione neoclassica, medievale, copta o islamica. Per ideare questi vestiti “impudichi”, realizza una linea di giacche, cappotti, mantelli e cappe di voile, seta, e velluto con motivi cretesi, arabi, rinascimentali o barocchi con colori sontuosi, cangianti alla luce, strato dopo strato, come le sfumature di un quadro, arricchiti con applicazioni di argento ed oro con tecniche artigianali, i segreti delle quali Fortuny si guardò bene dallo svelare, nonostante il fatto che avesse brevettato alcuni dei suoi procedimenti a Parigi.


Il secondo piano ospita invece SAMURAI ovvero l’eccezionale nucleo di armature, elmi e accessori della collezione Koelliker di Milano.

L’abbigliamento da guerra dei samurai – la potente casta militare che per sette secoli governa il Giappone - è sempre stato considerato, anche in periodo di pace, importante segno di comando e di condizione sociale, portando alla realizzazione di armature di stupefacente bellezza, impreziosite da ornamenti di pregevole fattura.

Per sette secoli il Giappone è stato governato da una casta militare - i bushi ovvero la classe dei samurai – che ha lasciato di fatto all’imperatore una sovranità di tipo sacerdotale. L’abbigliamento da guerra dei samurai è quindi sempre stato considerato, anche in periodo di pace, come un importante segno di comando e di condizione sociale. La necessità di distinzione della casta di potere ha talvolta, a seconda dei periodi storici, prevalso sulla funzione protettiva dell’armatura, portando alla realizzazione di armature dalla bellezza stupefacente, impreziosite da ornamenti di pregevole fattura.

La Collezione Koelliker di armature giapponesi è una raccolta pressoché unica in Europa per numero e qualità dei pezzi, certamente una delle più importanti al di fuori del Giappone. Gli esemplari provengono esclusivamente da samurai di alto rango, o da daimyo (signori feudali). L’esposizione presenta una selezione di circa ottanta pezzi tra armature complete, elmi, forniture per spada e altri accessori per samurai, realizzati tra il periodo Azuchi Momoyama (1575 – 1603) e il periodo Edo (1603 – 1867).

In quest’ultima epoca vissero samurai leggendari come Miyamoto Musashi, il più grande maestro dell’arte della spada, protagonista - tra l’altro - del romanzo di Yoshikawa Eiji, venduto in oltre centoventimilioni di copie e ispiratore di almeno quindici versioni cinematografiche.

I samurai avevano il privilegio di portare due spade, il cognome e avevano il diritto di “uccidere e andarsene” (kiritsuke gomen). In seguito alla diffusione in Giappone del buddismo zen i samurai si dedicarono alle tecniche di meditazione per acquisire maggiori poteri intuitivi e conoscitivi, ma anche per cancellare paure ed esitazioni, per raggiungere un totale autocontrollo, accettando il flusso degli avvenimenti. Elaborano così un sistema mai scritto di ideali, norme e principi morali detto bushido (“via del guerriero”), imperniato su rettitudine, disprezzo del pericolo, onore.

La mostra consente di ammirare straordinari esempi di tosei gusoku (“armatura moderna”) e di conoscerne la storia, le tecniche costruttive, le principali scuole di armaioli e scoprire gli elementi da cui sono formate (dô, menpô, kote, haidate ecc).

La tosei gusoku sostituisce la ô-yoroi (letteralmente “grande armatura”) del periodo medioevale, più agevole in battaglia, resistente e confortevole. Concepita per la guerra, rimane in voga anche in pace, diventando importante simbolo di status sociale. Lo sfarzo di lacche e legature colorate, l’impiego di bordure e ornamenti cesellati e dorati e la continua ricerca di decori insoliti sono la vera caratteristica delle armature tosei gusoku.

L’elmo giapponese, il kabuto, è tra gli elementi più importanti del corredo armato, il primo che istintivamente si nota, e il primo che tradizionalmente viene indicato nello studio critico del corredo. In mostra sono alcuni esempi di kawari kabuto (“elmi straordinari”) dalle forme e dagli ornamenti eccentrici e spettacolari generalmente ispirati a oggetti sacri o a elementi della natura (draghi, animali, frutti...).

Completano il percorso espositivo alcuni accessori per samurai di straordinaria qualità (spesso lavorati a sbalzo) come maedate (ornamenti per elmi), montature per spade, e alcune lame di katana, l’arma per eccellenza dei samurai.

PRIMAVERA A PALAZZO FORTUNY
dal 27 marzo - 18 luglio 2010
FRANCESCO CANDELORO, CITTÀ DELLE CITTÀ piano terra
MARIANO FORTUNY LA SETA E IL VELLUTO primo piano
SAMURAI secondo piano

INFORMAZIONI GENERALI
SEDE: Palazzo Fortuny, San Marco 3758, Campo San Beneto, Venezia
APERTURA AL PUBBLICO: 27 marzo - 18 luglio 2010
ORARI: tutti i giorni 10/18 (biglietteria 10/17); chiuso martedì e 1.V


BIGLIETTI PER L’INTERO PALAZZO
Intero: 9,00 euro
Ridotto 6,00 euro
residenti e nati nel Comune di Venezia; ragazzi da 6 a 14 anni; studenti* dai 15 ai 25 anni; accompagnatori (max. 2) di gruppi di ragazzi o studenti; over 65; acquirenti dei biglietti per I Musei di Piazza San Marco/ San Marco Plus, Museum Pass Musei Civici Veneziani; personale* del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; titolari di Carta Rolling Venice; soci FAI Gratuito
bambini 0/5 anni; portatori di handicap con accompagnatore; guide autorizzate; interpreti turistici* che accompagnino gruppi; 1 gratuità ogni 15 biglietti previa prenotazione;membri I.C.O.M.
*è richiesto un documento


VISITE ESCLUSIVE FUORI ORARIO
Solo su prenotazione, € 30 a persona (è necessario l'acquisto di almeno 15 biglietti) info: mkt.musei@fmcvenezia.it

INFORMAZIONI
www.museiciviciveneziani.it
mkt.musei@fmcvenezia.it
call center 848082000

PRENOTAZIONI
on line mkt.musei@fmcvenezia.it (pagamento con carta di credito fino a 24 ore prima dell’appuntamento)



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