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 Anno VI n° 4 APRILE 2010    -   MISCELLANEA


Il settore vinicolo ha effetti trainanti per l'economia italiana
A Verona, Vinitaly parla del vino italiano di oggi
Il vino italiano ha retto alla prova della “grande crisi” del 2009, lo ha fatto grazie ad una ulteriore crescita delle esportazioni e ad uno slancio negli investimenti. Lo spumante Made in Italy ha fatto segnare il record storico di 203 milioni di bottiglie
Di G.G.


A Verona si è aperta la 44^ edizione del Salone internazionale del vino e dei distillati. Vinitaly è la più grande fiera del mondo dedicata al settore vinicolo e, unitamente alle rassegne Sol, Agrifood Club ed Enolitech, raccoglie 4.800 espositori su una superficie netta di oltre 92mila metri quadrati. Sono attesi 150 mila visitatori provenienti da oltre 100 Paesi: con questi numeri la ‘cinque giorni del vino’ si affaccia al mercato internazionale all’insegna della fiducia.

Ettore Riello, presidente di Veronafiere, alla cerimonia di inaugurazione ha sottolineato come “mai come quest’anno, Vinitaly si presenta come vetrina di un settore-pilastro della nostra agricoltura e anche della nostra economia” e più avanti ricorda: “Il Vinitaly 2010, che non a caso ripropone il messaggio del «mondo che amiamo», mette l’accento sulla passione, sul desiderio di fare, su un racconto che è storia e cultura, attività quotidiana di milioni di persone nei campi, nei vigneti, nelle cantine, nei negozi

Il vino italiano ha retto alla prova della “grande crisi” del 2009, lo ha fatto grazie ad un'ulteriore crescita delle esportazioni e ad uno slancio negli investimenti che hanno incrementato l’ammodernamento tecnologico e immobiliare delle cantine e, soprattutto, le reti commerciali in Italia e all’estero. Questo il risultato di una ricerca di mercato realizzata, per conto di Vinitaly, da Axiter-Confcommercio assieme all’istituto Unicab: un’indagine congiunturale che ha coinvolto un panel di oltre 360 cantine italiane – le maggiori e le più significative, ma anche realtà cooperative e non, piccole e medie, distribuite in tutte le denominazioni nazionali.

Nonostante un clima generale improntato al pessimismo, all’interno dei propri cancelli le cantine italiane hanno mostrato una capacità di tenuta e la voglia di sfruttare il momento per “mettere ordine”al proprio interno, investendo sulle reti commerciali, sull’acquisizione di nuovi terreni e marchi e sull’ammodernamento tecnologico.

Questo trend positivo ha coinvolto due cantine su tre con tassi di crescita anche a due cifre tanto in Italia che all’estero e, nel nostro Paese, tanto nel canale della grande distribuzione che nell’horeca. Chi va bene ha goduto nel 2009 anche di un ridotto, o nullo, incremento nei costi. Chi va male, però, registra gravi scompensi su tutta la linea: ha visto ridursi le quote di mercato in Italia, è cresciuto molto poco all’estero, non ha “convinto” l’horeca ed è stato penalizzato da un incremento dei costi significativo. E questa forbice, molto netta, sembra essere una delle caratteristiche salienti del 2009 che, evidentemente, ha fatto in qualche modo “selezione” fra le cantine.

Al di là della capacità delle singole cantine di reagire alla crisi, vi sono ancora dei “colli di bottiglia” che frenano lo sviluppo: ricarichi eccessivi lungo la filiera e nella ristorazione, la scarsa cultura manageriale e il sottodimensionamento delle aziende, il costo del credito e la difficoltà di accedervi, la carenza di infrastrutture. Il mondo del vino italiano, ad ogni modo, continuerà anche quest’anno nella fase di investimento. Chiede però degli interventi precisi per continuare a restare competitivo: aiuti a chi esporta e sgravi fiscali per chi ancora investe; un sostegno marcato al “turismo del vino” che porta business direttamente in cantina.

La Coldiretti ha messo in evidenza un'inversione di tendenza nel mercato del vino italiano. Dopo anni di continua crescita del vino straniero in Italia, scoppia la bolla esterofila con un crollo del 24 per cento del valore delle importazioni nel 2009 e gli italiani si dimostrano addirittura piu’ nazionalisti dei francesi.

Le importazioni di vini e spumanti stranieri sono scese ad un valore di appena 250 milioni di euro (330 milioni nel 2008) con la Francia che crolla a 158 milioni di euro (222 milioni nel 2008), secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat relativi al 2009, che evidenziano peraltro un valore delle esportazioni Made in Italy nel mondo di 3,5 miliardi di euro.

Il crollo delle importazioni di vini stranieri colpisce principalmente i concorrenti francesi, ma anche la Spagna, che ha visto addirittura dimezzare il valore delle proprie spedizioni nel Belpaese, mentre rimangono residuali gli arrivi da Australia e Sudafrica. A scomparire dalle tavole degli italiani sono però soprattutto le produzioni dei francesi che, anche se rimangono il principale fornitore dell’Italia, registrano un crollo delle spedizioni in Italia del 29% sia in valore che in quantità, per effetto della debacle dello champagne.

In Italia e nel mondo, precisa la Coldiretti, sono infatti crollate le esportazioni di champagne francese (-22 per cento) e aumentano peraltro quelle di spumante italiano (+ 2 per cento) che nel 2009 mette a segno uno storico sorpasso nei brindisi a livello mondiale: sulla base dei dati consuntivi, divulgati dalla federazione degli esportatori del settore transalpini, sono state spedite all’estero 8,87 milioni di casse da 12 bottiglie (106 milioni di bottiglie), mentre lo spumante Made in Italy ha fatto segnare il record storico di 203 milioni di bottiglie.

La scelta dei consumatori italiani consolida un settore che, con un aumento del 50 per cento in dieci anni, dà opportunità di lavoro in Italia a 1,2 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse e di servizio, con ogni grappolo raccolto in campagna che è in grado di attivare ben 18 diversi comparti, secondo uno studio della Coldiretti e quindi diventa un importante traino per l'economia italiana.



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