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 Anno VI n° 4 APRILE 2010    -   FATTI & OPINIONI


Argomento del giorno
Tempo di riforme: si ma quali?
Federalismo, va bene e poi? Giustizia, premierato, presidenzialismo, semipresidenzialismo, alla francese, alla tedesca... perché non alla Gelli?
Di Il Nibbio


Riforme! Da quanto ne sentiamo parlare? Anche se Berlusconi dice che il tempo è arrivato, non credo che qualcosa cambierà perché con riforme si intende tutto e il contrario di tutto. Per prima cosa dobbiamo chiarirci che per riforme serie, che incidano veramente sulla struttura dello stato, è assolutamente necessario mettere mano alla Costituzione, ma la cosa è tutt'altro che facile.

Per prima cosa occorre rispettare quell'equilibrio tra poteri che impedisca a uno di essi di esercitare un potere dittatoriale: nessuno può avere il potere assoluto in uno stato democratico.

Secondo punto è l'iter parlamentare previsto per una riforma costituzionale, che è molto complesso, prevede il passaggio del testo per ben due volte alla Camera e al Senato ed occorre una maggioranza qualificata, che nessuno schieramento politico ha mai avuto da solo in Italia, neanche ora con lo strapotere elettorale della destra.

Quindi l'ampio accordo è una conditio sine qua non per poter fare le riforme. Vediamo qual è lo stato dell'arte per le riforme di cui si discute.

Federalisno
Su questa riforma vi è quell'ampio consenso che permetterebbe di realizzarla. Questa è un cavallo di battaglia della Lega e, in parte, ad essa è legato il consenso elettorale di questo partito. Inizialmente è stata osteggiata dalla classe politica dominante negli anni '90, formata in gran parte da uomini del Sud che compravano il consenso elettorale con le promesse di “soldi” da fornire ai loro sostenitori. Il federalismo era l'antitesi del loro potere.
Per fermare questa mina vagante, che invece era gradita ai politici del nord, anche della DC e del PCI, venne montata una campagna di odio esagerato verso la Lega, in modo da fermare l'avanzata dell'idea federalista sulla “linea gotica”, odio esagerato che a tutt'oggi persiste e non lascia vedere le proposte costruttive di questo partito che, per fortuna, non è fatto solo da razzisti, anche se questo è l'aspetto più noto, giustamente antipatico e pericoloso, a cui fare opposizione totale.

Come seconda via, venne istituita la “bicamerale” del tanto bravo D'Alema. Che fallì miseramente qualunque obiettivo si fosse posta (N.d.R. ma forse il fallimento delle proposte era l'obiettvo?).

Nella legislatura 2001-2005 venne approvata una riforma costituzionale federalista, ma Berlusconi pretese il “presidenzialismo”. Su questo il centro sinistra non fu d'accordo, per cui non raggiunse il quorum prescritto e venne sottoposta a referendum: il popolo italiano la bocciò.

Ora la Lega Nord è pronta a riproporre il federalismo, che è già stato approvato, ma deve essere riempito nella parte attuativa. Questo in effetti potrebbe essere utile, se accompagnato da una revisione della struttura degli enti, per rendere più efficiente la fiscalità dello stato e della pubblica amministrazione. I problemi da risolvere ci sono e lo ha dimostrato la presa di posizione di Cota e Zaia, subito rientrate, sulla pillola abortiva rsu486.
La riforma deve garantire uniformità dei diritti fondamentali: nella sanità, nell'istruzione, nella sicurezza, cioè l'eguaglianza dei cittadini italiani indipendentemente dalla regione di appartenenza. Malgrado questi problemi, tutto questo potrebbe passare senza inceppi se venisse presentato da solo, senza le altre riforme care a Berlusconi.

Passiamo ora a cercare di capire cosa pensa Berlusconi quando parla di riforme, cosa non facile perché le sue idee sono degli enunciati, che cambiano in continuazione, a secondo degli interlocutori, e si presentano senza spiegazioni dei contenuti, dei metodi e quindi risultano proposte poco chiare.

Le sue riforme si indirizzano a due argomenti: la giustizia e il potere del premier.

Per la giustizia le richieste sono note: separazione delle carriere, pubblici ministeri che dipendono dal governo, non obbligatorietà dell'azione penale e blocco delle intercettazioni. In poche parole Berlusconi vuole impedire di essere processato, quando ora i processi che lo vedono coinvolto continuano a aumentare di numero.

Per quanto riguarda i poteri del premier, le idee sono confuse, ma chiaro appare lo scopo: non avere intralci e controlli nel governare, cioè proprio inibire la caratteristica della nostra costituzione che prevede: indipendenza della magistratura, potere di fare le leggi al parlamento, capo dello stato che controlli leggi e decreti e che possa non firmali e libertà di stampa. Caratteristiche che pongono l'Italia tra le democrazie più avanzate nel mondo. Caratteristiche che non piacciono al Gran Venerabile Gelli, che invece apprezza Berlusconi.

Berlusconi a Parma sabato scorso ha lanciato la sua ultima idea: un presidenzialismo alla francese, ma appare ben evidente che neanche quello francese gli andrebbe bene, perché eglii vuole il potere assoluto in nome del popolo: infatti continua a ribadire che rappresenta il popolo.Ma quale popolo se è stato votato da solo il 20% degli italiani. Certamente ha un consenso non sufficiente per definirsi leader indiscusso e per di più il suo consenso è in forte calo.

Questo ovviamente diventa una miccia per far partire l'esplosione del PDL. Lo scontento è palpabile: la Lega vuole la “cabina di regia” e le decisioni vengono prese in riunioni conviviali tra Bossi e Berlusconi. I politici del PDL vedono sfumare la loro importanza e di conseguenza la loro capacità di attrarre voti.

Il malcontento è rappresentato da Gianfranco Fini, che da tempo sta prendendo le distanze dal premier e sembra che possa perfino dare vita ad una nuova formazione, magari di “centro”, andando utilmente a raccogliere i voti moderati che Casini non riesce ad attrarre.

Secondo il discorso fatto da Fini recentemente (vedi in questo numero Fini: "La Quinta Repubblica: un modello per l'Italia?" in documenti) , la struttura di potere del Presidente della repubblica francese è diversa da quella desiderata da Berlusconi “proprio poiché in Francia è al Governo, e non al Presidente della Repubblica, in quanto tale che spetta il compito di determinare e dirigere la politica nazionale. . Il Presidente dalla Camera si è sempre schierato per il rispetto delle istituzioni e per riforme condivise con l'opposizione. Quindi la sua posizione di contrasto allo strapotere voluto da Berlusconi si mantiene come elemento qualificante della sua politica e, malgrado non ci sia buon sangue tra i due, lo potrebbe far riavvicinare a Bossi.

La situazione quindi è quanto mai fluida. Da una parte abbiamo la Lega che vuole concludere il contratto sul federalismo e sa che questo è facilmente raggiungibile. Dall'altra Fini può diventare il coagulo dell'opposizione interna del PDL.

Cosa potrebbe succedere è fantapolitica, ma certamente le riforme volute dal premier non avranno vita facile e se non si arriverà allo smantellamento della Costituzione credo che dovremo proprio dire grazie alla Lega



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