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 Anno VI n° 9 SETTEMBRE 2010    -   MISCELLANEA



I doni del Tirso
La vernaccia è il fil rouge dell'innovazione in alcune aziende, scopriamo cosa si sono inventate, nel rispetto della tradizione
Di Luana Scanu


Il Tirso è il fiume più lungo della Sardegna. Nasce presso Buddusò, paese sito nella provincia Olbia-Tempio, e con i suoi affluenti scorre lungo la piana di Oristano rendendola fertile e produttiva.

Sin dalle epoche proto-nuragiche questo fiume ha influenzato la storia e lo sviluppo socio-economico delle popolazioni residenti nei territori da esso lambiti, che da sempre hanno sfruttato la fertilità dei propri terreni dedicandosi alla coltivazione di vite, olivo, ortaggi, alberi da frutto, agrumi e riso.

La regina della provincia di Oristano è la Vernaccia, vitigno particolarmente amato e coltivato soprattutto in una zona circoscritta della bassa valle del Tirso, dove il microclima e la composizione geologica delle terre alluvionali consentono a questo vitigno la sua massima espressione.
Il grappolo è minuto e l'acino, di media grandezza, ha una buccia molto pruinosa di colore verde-giallastro con sfumature dorate.
Il nome deriva dal latino vernacula che significa vino del luogo; così i romani chiamarono il vitigno dall'uva dolce che trovarono in questa zona.

Tra le numerose aziende presenti nel territorio ce n'è una, l'azienda “Famiglia Orro” a Tramatza, che segue come filosofia la tutela della biodiversità e della cultura rurale; di conseguenza i vitigni coltivati sono rigorosamente autoctoni (per lo più vernaccia e nieddera), così pure gli olivi e gli ortaggi utilizzati per le conserve da loro prodotte. Inoltre i lieviti che la famiglia Orro utilizza per la fermentazione del proprio vino sono esclusivamente ceppi sardi; infatti aderiscono ad un progetto dell'università di Sassari, Unistrains, che ha come obiettivo reperire ceppi starter tipici e specifici di determinati vitigni. In questo modo si cerca di sviluppare le caratteristiche sensoriali dei vini, che, fermentati con lieviti non autoctoni, potrebbero perdere le caratteristiche tipiche del vitigno.

L'azienda della famiglia Orro nasce nel 2007 e, come per la maggior parte dei casi, la tradizione viene tramandata di padre in figlio. In questo caso Davide, dopo aver conseguito la laurea alla facoltà di Agraria di Sassari, decide di ristrutturare la cantina del padre, di creare nuovi laboratori e di dedicarsi alla trasformazione dei prodotti che una terra estremamente fertile offre; anche le due sorelle di Davide lavorano per l'azienda di famiglia. Una di esse, laureata in architettura, cura le etichette dei prodotti dell'azienda, per le quali ha anche ricevuto un riconoscimento al Vinitaly 2010, mentre l'altra sorella produce su pani pintau (pane decorato), tradizionalmente realizzato per le feste, come ad esempio la pasqua o matrimoni.

Le tecniche che Davide utilizza sono le stesse di suo padre e di suo nonno, quindi l'uva viene vinificata con metodo tradizionale; in alcuni casi però ha dovuto apportare modifiche volte a migliorare il prodotto. E' questo il caso del rosato “Zenti Arrubia”, che nasce dal vitigno autoctono nieddera. Per tradizione, questo vitigno veniva vinificato solo in botte, tipica tecnica casalinga.

Davide invece ha pensato bene di provare la più moderna vinificazione in acciaio che permette al vino di mantenere più freschezza e acidità, peculiarità del rosato. Ne consegue un vino dal bel colore chiaretto, fresco, con una spiccata acidità, ma ben equilibrata da una buona morbidezza. Sempre da uva nieddera producono un vino rosso, “Spinarba”. Anche questa è una novità; infatti l'uva nieddera veniva per lo più vinificata in bianco e non in rosso. Vino di corpo, Spinarba accompagna egregiamente soprattutto gli arrosti; è consigliato a fine pasto in accostamento a formaggi e pere. Ma in realtà la “padrona di casa”, come spesso Davide sottolinea, è la Vernaccia che, per essere chiamata tale, deve sottoporsi ad una lavorazione particolare.

La vendemmia nell'azienda Orro avviene manualmente; segue la pigiadiraspatura e la pressatura soffice. Il mosto viene trasferito in piccole botti di castagno dove i lieviti fermentano e lo trasformano in vino; dopo vari travasi, viene rimesso in botti scolme dove avverrà la fermentazione alcolica.

Terminata la fermentazione, il lievito cambia il proprio metabolismo e, grazie alla presenza di ossigeno all'interno della botte, attiva un meccanismo di ossidazione. Si stratifica in superficie e forma una pellicola, un velo, chiamato “flor”. A questo punto i lieviti per il proprio metabolismo utilizzano alcol etilico e rilasciano aromi e profumi caratteristici di questo vino. Nonostante i lieviti si nutrano di alcol, il grado alcolico non diminuisce, ma anzi aumenta grazie alle molecole dell'acqua che filtrano facilmente dai pori delle doghe sottili delle botti.

Da questo particolare e difficile procedimento nasce la Vernaccia della famiglia Orro, chiamata “Crannatza” che in sardo significa appunto vernaccia.

Da sempre considerato vino da meditazione o adatto per accompagnare dolci tipici oristanesi a pasta dura con le mandorle, in realtà è ottimo per accompagnare anche un filetto di muggine affumicato, “su pisci affumau”, formaggi ovini erborinati e creme di formaggio piccante. Ma l'azienda Orro non è solo vino. Essendo un'azienda di trasformazione, vengono lavorati anche altri prodotti tipici della zona come, ad esempio, le olive. Nasce così “Oìa pistada”, olive verdi denocciolate e pestate, condite con olio extravergine, aglio e finocchietto selvatico. Le stesse si possono gustare anche piccanti. In seguito nascono anche la crema di olive, la crema di carciofo (rigorosamente spinoso sardo), la crema di melanzane e la crema di asparagi selvatici.

Infine, l'azienda Famiglia Orro fa parte del circuito delle “Fattorie Didattiche della Sardegna” che hanno lo scopo di far conoscere la realtà rurale soprattutto ai giovanissimi che, purtroppo, sono sempre più distanti dalla vita agricola.

Davide e la sua famiglia non sono i soli ad avere come obiettivo principale quello di portare avanti le antiche tradizioni.

A pochi chilometri da Tramatza c'è un piccolo paese, Santu Lussurgiu, borgo medievale meta ambita dai turisti amanti della pace e della tranquillità. Una delle strutture ricettive presenti nel paese l' “Antica Dimora del Gruccione”, è un albergo dove ancora si respira un'aria di tradizione e di autenticità.

La struttura è una casa patrizia, costruita in pietra, con un ampio cortile interno dal quale si accede sia alle camere che al ristorante. La titolare, Gabriella, gestisce la dimora con l'aiuto di Chicca, Anna, Pina e le figlie Lucilla e Carolina, studentesse universitarie che nel tempo libero danno una mano.

Anche la cucina rispetta le tradizioni dell'oristanese e, soprattutto, i prodotti che si possono gustare nella struttura di Gabriella sono rigorosamente della zona.

Il menù comprende, tra gli antipasti, il filetto di muggine affumicato, il salame sott'olio, le bruschette con pomodori e capperi di Selargius (un comune della provincia di Cagliari ) e la melanzana ripiena con Bue Rosso (vacca rossa Sardo Modicana selvaggia e rustica). Per quanto riguarda i primi si può scegliere tra pasta, rigorosamente fatta a mano, magari condita con menta e Oìa Pistada (le olive prodotte dalla Famiglia Orro), zuppa di finocchietti selvatici, ravioli di carne del Bue Rosso al ragù di verdure, cestini di Casizolu (formaggio di vacca) con fregola al sugo di capretto; mentre tra i secondi non può mancare lo stracotto di Bue Rosso al vino “Spinarba” con carote, oppure il ghisadu (sugo) di pecora, il tutto accompagnato da un contorno di patate schiacciate al rosmarino.

Per dessert consiglio vivamente il particolarissimo gelato al latte di capra con mandorle, affogato alla “Crannatza”.

Naturalmente per accompagnare il dolce non può mancare la vernaccia, dal colore ambrato e con i tipici sentori soprattutto di mandorla e noce.

Tutti i piatti che si possono gustare presso l'“Antica Dimora del Gruccione” sono il risultato della stretta collaborazione tra i vari produttori del territorio che hanno, come obiettivo comune, il ritorno alle antiche tradizioni, il riscoprire uno stile di vita che ormai, complice la frenesia quotidiana, abbiamo abbandonato.



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