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 Anno VI n° 11 NOVEMBRE 2010    -   FATTI & OPINIONI


Economia e politica
La bufera di Marchionne e la risposta poco reale dei politici
L'Amministratore Delegato della Fiat pone sul tappeto un problema reale di oggi e i politici rispondono, come dei bambini, ricordando il passato
Di Giovanni Gelmini


Le dichiarazioni di Marchionne hanno suscitato un vespaio, ma le riposte, che vengono dati dai politici, ancora una volta dimostrano la loro incapacità a comprendere la realtà e dove si dovrebbe andare per evitare il disastro economico e sociale.

Marchionne ha avuto il coraggio di dire: “il re è nudo”, cioè, in questo caso, che il sistema produttivo italiano è un divoratore di risorse. In poche parole quella che si chiama “produttività” è ormai al livello di paese arretrato, inferiore a quella dei paesi dell'est (Repubblica Ceca, Polonia, Spagna, Slovenia, Lituania) e superiore solo a: Montenegro, Malta, India, Ungheria.

Inutile contrapporre a quest’osservazione i vantaggi che la Fiat ha avuto nel passato, ricordiamoci che nel passato recente la Fiat andava male e voleva chiudere il settore auto. Oggi dice semplicemente che in Italia deve recuperare competitività.

Secondo Epifani è chiaro che Machionne “vorrebbe andarsene dall'Italia”, ma scusate, perché dovrebbe restare? La vera risposta a Marchionne deve essere: “Sediamoci ad un tavolo e troviamo le cose che si devono fare per aumentare la produttività senza chiedere ai lavoratori sacrifici eccessivi o inutili”. Ricordiamoci che non sono solo il lavoratori la causa della bassa produttività e questo noi continuiamo a dirlo.

Cosa si può chiedere ai lavoratori?
Sicuramente ridurre l'assenteismo non legato a malattia (N.d.R. vera!), ferie e permessi, quindi più serietà nell'approccio al lavoro. Ai sindacati viene contestato un comportamento ideologico poco confacente alla situazione attuale, cosa che in molti casi è vera. Ma c'è sicuramente molto di più, come sottolinea Bombassei, vice presidente di Confindustria: “... la competitività di un Paese non è solo una questione di costo del lavoro, ma anche di costi di energia, di fisco, di infrastrutture”, ma ancora non si è detto tutto. Mi sento di aggiungere: burocrazia pesante ed inutile, leggi contorte, giustizia che non funziona, troppe tasse sugli stipendi che tengono eccessivamete divaricata la forbice costo del lavoro-retribuzioni, attività della politica senza risvolti per il paese, corruzione e criminalità avanzante, scuola e formazione difficoltosa, ricerca insufficiente.

Insomma il quadro che emerge è veramente drammatico e giustifica abbondantemente la dichiarazione di Marchionne, che alla fine non ha detto: “chiudiamo la Fiat Italia”, ma chiede una cambiamento di rotta di politici e sindacati.

Ma qual è la risposta alla forte provocazione dell'amministratore delegato Fiat?

In molti si rifanno agli “aiuti di stato” che Marchionne ha detto sono già stati ripagati e così Calderoli afferma “la verità è che gli italiani la Fiat se la sono già comprata due volte”. Anche Ronchi riconosce che Marchionne ha ragione ma insiste anche lui “sono sicuro che l'amministratore delegato della Fiat, da manager intelligente e preparato qual è, sappia perfettamente che se non ci fosse stato lo Stato italiano oggi la Fiat semplicemente non esisterebbe. Negare le proprie radici con battute ingenerose significa svuotare di identità un'azienda indissolubilmente legata alla storia del nostro Paese

Di Pietro fa un affondo formale: "Da Marchionne parole offensive e indegne – poi - è noto a tutti che la Fiat ha sempre ricevuto denaro pubblico, così come è noto che è stata salvata, alcuni anni fa, dal sistema bancario italiano, e che la cassa integrazione attiva nelle fabbriche Fiat, da metà del 2008, è pagata dai contribuenti italiani.” Elio Lannutti, capogruppo IDV in Commissione Finanze al Senato, rincara la dose “Oltre a chiedere ragione della residenza in Svizzera (probabilmente per pagare meno tasse sugli elevati guadagni percepiti, pari a 4.782.400 euro solo nel 2009, e cioè quasi quanto in totale hanno preso di stipendio i 400 operai degli stabilimenti Fiat) - continua Lannutti - Fabio Fazio gli avrebbe dovuto ricordare, oltre agli aiuti di Stato, quello di banche e banchieri che nel 2005 convertirono in azioni tre miliardi di crediti evitando alla Fiat e alla famiglia Agnelli la bancarotta. ”

Grillo prosegue nel coro: “Prima di parlare, restituiteci tutti gli stabilimenti e tutte le agevolazioni. La Fiat l’abbiamo pagata noi italiani.... E’ l’Italia che avrebbe potuto fare di più se avesse tagliato da tempo la Fiat che ha succhiato per decenni contributi statali, casse integrazioni, l’attività di decine di migliaia d’operai, impiegati, ingegneri. Senza lo Stato italiano e senza il lavoro degli italiani, compreso tutti coloro che hanno acquistato le auto degli Agnelli, la Fiat non varrebbe nulla.”

Molti altri hanno battuto questi tasti sorvolando sulla reale situazione dell'Italia. Per fortuna che il Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, è appena, appena più accorto e afferma: “L'Italia è un paese che già ha dimostrato l'attitudine ad evolvere verso una maggiore competitività nel rispetto dei diritti dei lavoratori incluso il diritto ad incrementi salariali legati ad una maggiore produttività” purtroppo però quest’evoluzione la vede solo lui.

Marchionne non ha detto che chiuderà tutti gli stabilimenti auto in Italia, ma se è questa la posizione della Politica, penso che lo dovrà fare.



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