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La linea di confine divide

Golfo della Sirte: nazionale o internazionale?

Un problema che si trascina da anni e che i nostri politici non affrontano con il dovuto impegno

Di Giacomo Nigro

Nel giugno del 2009 il "Colonnello" scelse per l'arrivo in Italia una vistosa uniforme scura sulla quale spiccava, all'altezza del petto, una grossa fotografia attaccata come una onorificenza. Si tratta di una fotografia che riproduce il momento dell'arresto, operato l'11 settembre del 1931 da parte degli squadroni fascisti, di Omar al Muktar, religioso e guerrigliero libico, che guidò la resistenza anticoloniale contro gli italiani e che è considerato un eroe nazionale della Libia. Sarebbe un po' come se Silvio Berlusconi si presentasse all'aeroporto di Tripoli e passasse in rassegna il reparto d'onore militare cantando a squarciagola "faccetta nera". Peraltro ne sarebbe capace!

Quest'anno, ad agosto, è giunto in Italia un anziano satiro ridicolmente truccato e camuffato come un guitto da avanspettacolo; si tratta sempre dello stesso Colonnello (quando si promuoverà generale?) diventato milionario a spese dei propri connazionali. Un individuo incapace di tollerare anche la minima opposizione alla propria stizzosa prepotenza, dotato di televisioni e giornali sotto controllo governativo, che cantano la sua gloria e azzannano i suoi avversarsi a comando. Attenzione stiamo parlando di Gheddafi non di Berlusconi!

Quest'uomo, che cinicamente è capace di esibire in pubblico una sconfinata devozione religiosa, ma si guarda bene dal praticarla in privato, è arrivato a Roma circondato da legioni di giovani italiane per (e)scortarlo e intrattenerlo, per sottrarre, qualche altro milione dalle nostre tasche, in cambio di qualche nocciolina regalata alle "scimmiette" italiane. Tutto ciò fa contenti i beduini dei suoi media, i quali spacciano queste occasioni per grandi affari.

Ma torniamo al concreto. Ultimamente a Tripoli è ricomparsa l'antica moda di voler considerare il Golfo della Sirte come una propria baia, una "baia storica". Peccato che il diritto marittimo internazionale stabilisca che le acque territoriali di un Paese finiscono a un massimo di 12 miglia dalle coste dello Stato.

Vediamo cosa vuol dire l'espressione "Baia storica": un certo Paese, nel nostro caso la Libia, chiede alla comunità internazionale una deroga per considerare proprie anche le acque al di là delle 12 miglia, "provando di avere esercitato in via continuativa la sovranità su di esse e ottenendo acquiescenza da parte della comunità internazionale", come ha spiegato Stefano Zunarelli, docente di Diritto della navigazione all'Università di Bologna. La Libia non ha mai fatto la prima cosa né ha mai ottenuto la seconda. Per assurdo, sarebbero invece i pescatori italiani che potrebbero rivendicare i propri "diritti storici", visto che pescano da tempo immemorabile nelle acque davanti alla Libia, come ha sostenuto Natalino Ronzitti, professore di Diritto internazionale alla Luiss.

In realtà le norme che disciplinano la pesca e fissano i limiti delle acque nazionali sono più complesse. Secondo il Ministro Frattini tra Italia e Libia "è in corso un negoziato da almeno un anno", ma né l'Italia né la Libia possono fare accordi diretti in quanto la competenza è passata all'Unione europea.

L'armatore del peschereccio "Ariete" ha invece sostenuto che il Trattato italo-libico del 30 agosto 2008 stabilisce i due Paesi "un nuovo partenariato bilaterale", esteso anche alla pesca, che assicurerebbe tutte le garanzie persino in flagranza di reato.

I libici, "in ossequio al trattato" (ndr: è una battuta), hanno sparato addosso ai pescatori italiani da un'imbarcazione che è una delle sei motovedette della GDF che il governo italiano ha consegnato alla Libia; tutte e sei le imbarcazioni battono bandiera libica e sono a tutti gli effetti mezzi navali del paese nordafricano. Anche la presenza di italiani a bordo fa parte degli accordi: è previsto infatti che per un certo periodo i nostri militari svolgano sulle motovedette la funzione di osservatori e consulenti tecnici.

"Questi episodi - ha commentato a Radio Vaticana mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio della Conferenza episcopale italiana per gli affari giuridici sulla vicenda del peschereccio mazarese mitragliato da una motovedetta libica - si verificano con regolarità e il motivo del contendere è sempre lo stesso: il limite delle acque territoriali libiche. Il governo di Gheddafi, con atto unilaterale, ha allargato il limite delle acque territoriali fino a 72 miglia marine, contro le 12 previste dal diritto internazionale. Quindi tutte le volte che un peschereccio della nostra flotta, secondo la loro impostazione delle cose, sconfina, per loro è un atto di aggressione. Per noi invece è operare in mare aperto secondo le convenzioni internazionali. Sono episodi che sono accaduti anche di recente, con sequestri di pescherecci e che si ripetono. La preoccupazione qui è grande, perché si nota soprattutto l'assenza di un'azione politica a livello nazionale e internazionale che affronti finalmente nelle sedi dovute questa questione assai spinosa".

Come al solito la nostra politica estera, basata sul rispetto degli amici e degli amici degli amici, porta i suoi frutti avvelenati che rende la nostra caratura internazionale sempre più grigia, indistinta e scarsa di peso.

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