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 Anno VII n° 5 MAGGIO 2011    -   FATTI & OPINIONI


L’economia e il Governo
Le chiacchiere di Tremonti
Ha parlato al convegno organizzato dall'Osservatorio permanente dei Giovani Editori a Borgo La Bagnaia in provincia di Siena
Di Giovanni Gelmini


Un’affermazione: “Primum vivere, deinde sviluppari, anche se in latino non esiste”; certo è vero che prima bisogna raggiungere lo stato di “sopravvivenza”. Secondo il nostro Ministro del Tesoro, la sua azione non è stata “un semplice esercizio di ragioneria”, ma avrebbe operato scelte mirate: “Abbiamo garantito il risparmio delle famiglie, la coesione sociale, tenuto aperto il canale di finanziamento alle imprese”.
Così dice sia stato; sinceramente a noi non sembra sia cosi ed è stata proprio la Marcegaglia a lamentarsi in continuazione delle difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese.

Sui problemi della “coesione sociale” è poi opportuno ricordare i grandi tagli fatti agli enti locali che hanno dovuto a loro volta aumentare ticket sui farmaci, ridurre il sostegno alle famiglie e i contributi alle organizzazioni del terzo settore. Credo sia anche necessario ricordare il fallimento delle carta di credito per i redditi minimi, che ha visto un enorme spreco di denaro per la sua gestione.

Ora anche Tremonti si accorge che il vero problema è la crescita; mentre l'Europa cresce abbastanza bene (nell'ultimo trimestre con la Germania +1,5% e la Francia +1%), l'Italia è al palo con una crescita praticamente nulla (+0,1%).

Sciocca e ignorante è la sua affermazione "Non ci si può sognare di fare lo sviluppo con la spesa pubblica. L’unico sviluppo che si fa con la spesa pubblica è l’aumento della stessa spesa pubblica". Certo è così se il debito pubblico si fa per aumentare i ministri e i sottosegretari, se i soldi si spendono per dare il posto di consulenti ad amici, per fare le spese due volte per il G8, per spot televisivi e, infine, se ci si concentra su progetti che costano tanto anche mentre non si realizzano (come l'energia nucleare o il “ponte di Messina”), che non arriveranno mai in porto per difficoltà oggettive di accettazione da parte del territorio e che, anche se arrivassero, non produrrebbero benefici economici al paese. È evidente che questa spesa pubblica non produce sviluppo.

Per fare sviluppo occorrono investimenti produttivi come la banda larga in tutta Italia, le ferrovie, la sistemazione delle grandi arterie stradali nel sud, ma anche un effettivo e incisivo ammodernamento della burocrazia, sia delle procedure, sia dell'informatizzazione. Tutti questi non aumentano solo la spesa pubblica, anzi la modernizzazione dell'apparato burocratico la riduce, ma creano sempre sviluppo e quindi gettito fiscale in più che ripaga il debito contratto.

Per Tremonti il vero problema è l'economia illegale: si deve recuperare l'evasione fiscale “25 miliardi di euro in due anni non sono pochi”, ma per fare cosa?
Giusto recuperare l'evasione, ma non per sprecare i soldi come ha sempre fatto Berlusconi, con la complicità di Tremonti. Non dimentichiamo, inoltre, che se nella crisi del '74 l'economia italiana ha retto meglio degli altri paesi europei, è stato per “l'elasticità del sistema” non impastoiato da tante disposizioni burocratiche ed anche per la flessibilità dell'economia sommersa, che gli altri paesi avevano in minor misura. È vero che oggi abbiamo ancora un'economia in nero elevata, forse più di ieri, ma la burocrazia ammazza tutto.
Ricordiamo che entrambi i punti fanno capo da un ventennio in pratica a un solo uomo: Tremonti.

Così si arriva alla scoperta massima del nostro “bravo” Ministro che, forse solo oggi, si accorge che l'Italia è frenata dalla “grande questione meridionale” e ragiona “Il Nord Italia è la regione più ricca d'Europa, il Mezzogiorno va indietro” e tira fuori, parlando in modo serio, la barzelletta dei moscerini “investiti” dai veloci treni nordici. “Siamo l'unica economia europea duale - osserva - ma non vogliamo diventare un paese diviso”. Afferma che è un problema politico, non di risorse. Già infatti di risorse nel mezzogiorno ne sono state spese tante, ma non è servito a nulla. È sì un problema politico spendere bene i soldi e non farli usare a organizzazioni mafiose, ma non basta la politica a far nascere l'imprenditoria, occorre anche la cultura. La politica deve innanzitutto risolvere il problema della criminalità che è la vera zavorra del sud e che ora lo sta diventando anche al nord.

Da anni non si riesce a spende i fondi messi a disposizione dalla Unioneà Europea, è vero come dice Tremonti: “Ci sono più di 40 miliardi a disposizione, ma non c'è capacità di spesa.” e forse il suo sistema di usarli per il credito d'imposta per chi investe potrebbe funzionare meglio, ma resta il punto non affrontato della criminalità e della cultura.

Ridicolo è il confronto che Tremonti fa con la Germania. È vero che il suo debito pubblico è cresciuto e ha superato in assoluto quello dell'Italia, ma in percentuale del PIL è la metà del nostro. Forse invece dovremmo confrontarci con la Germania sulla capacità di fare politica economica. Quando la Germania, dopo la caduta del muro, si è riunificata, aveva un problema simile al nostro di dualità dell'economia della cultura; in vent'anni i lander dell'Est hanno saputo rincorrere quelli più avanti dell'ovest e il divario è diminuito; forse non avevano la stretta connessione tra criminalità e politica che abbiamo noi.

L'incapacità strutturale della nostra politica a ridurre la spesa pubblica e quindi a tagliare profondamente i benefit per partiti, politici e amici delle cricche è l'altro grande nostro problema e le chiacchiere di Tremonti non ci hanno minimamente convinto che sia possibile una ripresa.

Il nostro paese scivola così sempre di più verso il terzo mondo.



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