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 Anno VII n° 6 GIUGNO 2011    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi


Saccomanni al convengo dei Giovani Imprenditori a Santa Margherita
La generazione esclusa: il contributo dei giovani alla crescita economica
L'economia italiana è in sofferenza e la situazione dei giovani ne subisce pesantemente le conseguenze
Di G.G.


Fabrizio Saccomanni, Direttore Generale della Banca d’Italia, ha affrontato a Santa Margherita Ligure, l'11 giugno 2011, al 41° Convegno organizzato dai Giovani Imprenditori di Confindustria un argomento delicato: l'occupazione giovanile. In Italia la crisi economica iniziata nel 2008 e che noi stiamo ancora vivendo, ha visto in tre anni, tra il 2008 e il 2010, una diminuzione del 2,2 per cento del PIL; ben più che in Francia e in Germania, che hanno avuto flessioni rispettivamente, del 0,8 e del 0,4 per cento. Le differenze si accentuano con riferimento alla sola occupazione giovanile. Nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni la variazione è stata in Italia del -13,2 per cento, molto più pronunciata che in Francia (-2,7%) e in Germania (-3,1%).

È evidente che esiste un problema italiano e le cause della disoccupazione giovanile sono le stesse che frenano la crescita nel nostro paese da un quindicennio. Disoccupazione giovanile sopra al 20% (meno della metà in Germania). Solo il 35 per cento di coloro che si trovavano nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni, nell'ultima indagine ISTAT, risulta occupato, quando la media europea è circa il 50% e il 57 per cento in Germania. Più elevata che nel resto d’Europa è anche la quota di giovani non occupati e non coinvolti in attività educative o formative.

Il quadro presentato è preoccupante anche perché è particolarmente pesante nelle regioni meridionali che hanno anche le maggiori difficoltà allo sviluppo economico. Noi ci chiediamo quanto di questo “scoraggiamento”, come lo chiama Saccomanni, in effetti copra delle occupazioni in nero, sottoretribuite e magari saltuarie.

Un altro problema è quello dei contratti a tempo determinato o con un rapporto di collaborazione, che in Italia hanno avuto uno sviluppo abnorme ben superiore a tutto il resto dell'Europa, esclusa la Spagna. Per i giovani questo tipo di contratto rappresenta circa il 20%, con una incerta possibilità di tradursi in un impiego stabile; la crisi ha ulteriormente ridotto le possibilità di transizione verso forme contrattuali più stabili e con maggiori tutele. Saccomanni su questi dice:

    Con la diffusione dei contratti atipici si è sostenuta l’occupazione, ma al costo di rendere il mercato del lavoro sempre più dualistico; accanto a una fascia di lavoratori tutelati, per lo più anziani, è sorta un’ampia area di lavoratori precari, per lo più giovani. Oggi un giovane che si affacci per la prima volta sul mercato del lavoro in Italia ha il 55 per cento di probabilità di vedersi offrire soltanto un lavoro in qualche modo precario.

Un punto sottolinea il Direttore generale di Bankitalia sul problema degli ammortizzatori sociali “l’assenza di un sistema universale di protezione sociale ha penalizzato molti giovani ... Alla precarietà delle condizioni occupazionali si accompagna un progressivo peggioramento di quelle economiche. In termini reali, i salari di ingresso dei giovani sul mercato del lavoro sono fermi da oltre un decennio al di sotto dei livelli degli anni Ottanta, senza che nel frattempo siano migliorati gli itinerari retributivi nel corso della carriera lavorativa.

La crisi è stata scaricata in particolare sui giovani: il taglio della spesa pubblica “l’onere più gravoso delle necessarie modifiche introdotte al sistema pensionistico ha pesato su coloro che sono nati dopo il 1970.

Le difficoltà di accesso al mercato del lavoro, la crescente instabilità delle condizioni di impiego nella fase iniziale della carriera, il peggioramento relativo delle retribuzioni e il prolungamento dell’attività formativa - per Saccomanni - hanno grandemente accresciuto la dipendenza dei giovani dalle famiglie di origine. Nel 2009 quasi il quaranta per cento dei trentenni convivevano con i genitori; erano il 16 per cento agli inizi degli anni Ottanta. Le difficoltà nel raggiungimento della piena indipendenza economica perpetuano l’ineguaglianza delle condizioni iniziali, rafforzano la bassa mobilità sociale che caratterizza il nostro paese, frenano le aspirazioni delle nuove generazioni, ne riducono il contributo allo sviluppo.

Anche per i giovani imprenditori le cose non sono facili e imprenditoria giovanile vuol dire molto spesso innovazione.

    La nascita di imprese innovatrici estende la gamma di beni e servizi disponibili sul mercato, genera occupazione, accresce la concorrenza e, attraverso l’innovazione tecnologica, favorisce l’incremento della produttività. È più probabile che queste imprese siano dirette da imprenditori con meno di 40 anni. Lo suggeriscono non solo l’evidenza empirica, ma anche l’esperienza quotidiana.

    In Italia gli imprenditori innovatori sono in numero minore rispetto ad altri paesi. Gli imprenditori a capo di imprese che hanno almeno tre anni e mezzo di vita sono meno giovani che negli altri paesi; solo il 2 per cento si colloca nella classe di età tra i 18 e i 24 anni. In Italia le imprese appena nate mostrano prospettive di crescita più basse, ancora minori se il proprietario ne è anche il manager. Secondo i risultati di un’indagine campionaria su imprese manifatturiere con almeno dieci addetti il management delle imprese italiane è relativamente anziano: oltre la metà dei dirigenti ha più di 55 anni; è il 40 per cento circa, nella media europea. Quelli giovani sono pochi; in quattro casi su cinque appartengono alla famiglia proprietaria. È perciò meno diffusa in Italia quell’attitudine alla capacità innovativa che caratterizza in genere i giovani imprenditori.

Dal discorso fatto da Saccomanni emerge un'altra sostanziale differenza tra le imprese europee e quelle italiane. In ogni caso circa l'80 per cento sono imprese familiari, ma, mentre in Europa la gestione viene in genere affidata a un management specialistico, in “due terzi delle imprese familiari italiane l’alta direzione è espressione diretta della famiglia proprietaria... Secondo alcune recenti analisi, le imprese a gestione completamente familiare tendono ad adottare pratiche manageriali meno incentivanti, fanno meno attività di ricerca e sviluppo, hanno una minore produttività e un più contenuto indice di penetrazione nei mercati emergenti.” Gli imprenditori giovani, però, sono dotati di un capitale umano più elevato, spesso formato anche con esperienze di lavoro all’estero.

Tra i limiti che incontra un giovane imprenditore Saccomanni ci segnale “ un sistema finanziario ancora troppo incentrato sull’attività bancaria tradizionale. Un maggiore sviluppo degli intermediari finanziari specializzati nell’investimento in capitale di rischio aumenterebbe le possibilità di finanziamento delle attività ad alto contenuto innovativo, favorirebbe il consolidamento patrimoniale delle imprese, fondamentale per una loro crescita dimensionale.

Anche il quadro normativo non aiuta lo sviluppo dell’imprenditorialità, se la riforma del diritto fallimentare, che hanno attenuato il carattere punitivo del fallimento, può aiutare, si attendono ancora semplificazioni amministrative ed anche una maggiore certezza del diritto, la capacità di possibilità di far rispettare i contratti e la tutela della proprietà intellettuale.

In conclusione Saccomanni ricorda come per risolvere questi problemi si debba innanzitutto tornare alla crescita dell'economia: “I ritmi di crescita degli ultimi quindici anni non sono sufficienti a sostenere le prospettive di una popolazione che invecchia, di giovani generazioni spesso scoraggiate.” Più avanti ricorda gli elementi di una riforma necessaria che investa “dalla giustizia civile al sistema di istruzione, dalla tutela della concorrenza in tutti i mercati agli investimenti in infrastrutture, dal mercato del lavoro alle relazioni industriali, alle politiche sociali. Sono richiesti profondi cambiamenti normativi e organizzativi, nel contesto di una spesa pubblica che è da ridurre in termini reali, per riportare il bilancio in pareggio nel 2014.” L'alleggerimento fiscale deve procedere “di pari passo, nel recupero dell’evasione fiscale. Trasparenza e correttezza dei bilanci migliorano la reputazione delle aziende, ne facilitano i rapporti con i mercati e gli intermediari finanziari, sono il presupposto di una loro crescita dimensionale.

Con questa riflessione il direttore Generale di Bankitalia conclude il suo intervento:

    Nel momento in cui si affacciano al mondo del lavoro essi devono poter trovare un quadro meno incerto sulle prospettive future. Va superato il dualismo iniquo e inefficiente del mercato del lavoro. Il sistema di istruzione ancora non garantisce conoscenze e competenze adeguate al nuovo contesto competitivo globale; ne va rafforzato il nesso con il mondo del lavoro. La riforma dell'apprendistato avviata dal Governo può utilmente conciliare attività di lavoro ed esperienze di studio.

    Vanno creati i presupposti per favorire la nascita di nuove aziende e per far crescere quelle esistenti, superando ove occorra una visione restrittiva della gestione familiare. Non è compito facile, perché riguarda la stessa cultura imprenditoriale del nostro paese.


    Si creerebbero le condizioni per consolidare la fiducia delle imprese, stimolare la capacità innovativa degli imprenditori, favorire il contributo dei giovani alla crescita dell’economia.



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